Politica
Lega, Roberto Maroni parla del suo progetto e attacca Salvini
Salvini e il "giglio verde"
Come prevedibile, la sconfitta di Marine Le Pen ha prodotto i primi sconvolgimenti politici anche in Italia.
Infatti, forte di questo, Roberto Maroni, governatore leghista della Lombardia, torna a parlare in vista delle primarie interne di domenica in vista del congresso, con una intervista al Corriere della Sera e lo fa in modo da mettere in difficoltà il suo segretario Matteo Salvini su diversi temi, peraltro logicamente connessi.
Intanto il primo è quello del populismo legato alla fase lepenista della Lega.
Maroni dice che non è quella la strada, che la Lega si è spostata troppo a destra e poi che la Lega è per una Europa federale e non per distruggerla come invece chiede Salvini.
E poi, -continua l’ex Ministro dell’Interno e già segretario, la Lega è legata alla sua battaglia per il Nord e non ha senso esportare il modello in tutta Italia come invece vuole fare Salvini. Questo, in effetti, è un punto dirimente perché riguarda proprio il mandato politico che la Lega chiede ai suoi elettori.
Ma la sconfitta della Le Pen mette in crisi l’intero modello facendo tornare le nostalgie per una Lega delle origini che è poi quella di Bossi - Maroni.
Legato poi al tema del populismo c’è il tema delle alleanze indispensabili per vincere e in questa ottica Maroni vede di buon occhio quella con Berlusconi che invece è ai ferri corti con Salvini.
Maroni, non ha ruoli nel partito, ma è pur sempre il governatore della Lombardia, roccaforte leghista, ed a breve ci saranno anche in questa regione le elezioni precedute ad ottobre da un referendum sull’autonomia.
Salvini, in effetti è in difficoltà perché non riesce a consolidare il suo piano nel centro - sud che ancora non decolla per un certo suo disinteresse; sembra che faccia il minimo necessario ma niente di più.
Salvini sta indugiando troppo come fece già nel 2015 ma questa volta la situazione è molto più complessa e il segretario pare sempre più chiuso in una sua roccaforte, una specie di “giglio verde” che, oltretutto, ribadisce le difficoltà di gestione della comunicazione con i media, cosa in cui invece il suo rivale Maroni è bravissimo.
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