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Lorenzo Pavolini rievoca il nonno. Alessandro, gerarca fascista. Ma...
Il nonno Alessandro, nato a Firenze, era figlio di Paolo Emilio Pavolini livornese e dotto professore universitario di sanscrito
Insieme a Vittorio Mussolini organizzò il ritorno del fascismo in Italia del centro - nord e dopo la liberazione del Duce da Campo Imperatore convinse -a Monaco di Baviera- Mussolini a fondare un governo fascista repubblicano e diede così vita alla Repubblica di Salò.
Divenne segretario nazionale del PNFR e fu l’organizzatore dell’unico suo congresso, quello di Verona.
Pavolini ebbe, tra l’altro, un ruolo fondamentale nella condanna a morte l’ex amico Ciano al processo di Verona. Nel 1944 fondò le Brigate Nere.
Catturato dai partigiani di Pier Luigi Bellini delle Stelle, nome di battaglia “comandante Pedro”, mentre si difendeva (l’unico) a colpi di mitra, fu fucilato ed appeso a testa in giù a Piazzale Loreto.
E torniamo ora all’articolo del nipote Lorenzo che nel suo pezzo voleva raccontare una “liberazione diversa” e cioè un 25 aprile raccontato da una famiglia per cui non era una festa ma un ricordo tragico.
L’articolo di Pavolini jr ha uno stile narrativo poco chiaro, involuto, diremmo contorto, che nasce e si sviluppa su un pavimento scivoloso, quello della “ideologia accennata”. Pavolini Jr., si sa, è di sinistra o almeno è proto-antifascista, forse cripto, ma non riesce a enunciarlo apertamente, un po’ come Fonzie quando deve scusarsi. No non ci riesce proprio. Lo accenna, allude e illude, ma non lo dice apertamente. Dice che “la Costituzione è antifascista”, ma questo lo ha detto pure La Russa. Sono gli “altri” che devono dirlo, forse Giorgia Meloni, non lui che è il vicedirettore de Il Post.