Politica
Marco Cappato e le sue battaglie per eutanasia, ambiente e diritti civili
Il diritto alla "dolce morte" conquistato da un paziente marchigiano è un passaggio storico. L'ultimo capitolo di una lunga storia di sfide civiche
Sfide pubbliche e vita privata
Pur risultando uno dei politici più presenti nell’attività istituzionale, Cappato è riuscito nel contempo sia a rivestire ruoli di partito che a condurre numerose battaglie per i diritti LGBTQ+, l’ambiente e l’eutanasia. Prima del caso di DJ Fabo, era stato in prima linea nella dolorosa vicenda di Piergiorgio Welby, malato di distrofia e co-presidente dell’Associazione Coscioni, che aveva chiesto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di poter staccare il respiratore che lo manteneva in vita. Anche grazie a un suo sciopero della fame di ben 17 giorni, si è in seguito arrivati all’interruzione delle terapie. Nella sua vita privata, sulla quale Cappato è piuttosto riservato, le figure centrali sono la moglie, la giornalista Simona Voglino Levy (firma de Il Foglio, Libero e Mediaset) e la loro figlia Vittoria Micol, nata nel 2018. A completare il quadro familiare c’è anche un cane, che si chiama Luigi. Chiameremo invece Mario (ma il nome è inventato per ovvie ragioni di privacy) il paziente marchigiano per il quale Cappato ha combattuto la sua ultima battaglia.
Nelle Marche l’ultima sfida (non ancora vinta)
Dopo dieci anni vissuti in una completa paralisi da testa a piedi, anche lui a causa di un incidente, “Mario” ha finalmente ottenuto il via libera da parte del comitato etico dell’Asur (l’azienda sanitaria delle Marche) per accedere al suicidio assistito, proprio sulla base del diritto sancito dalla sentenza della Consulta sul caso di DJ Fabo. Tuttavia, è stato necessario intraprendere una nuova battaglia, perché Asur ritiene esaurito il suo compito e, come spiega Cappato, “le modalità tecniche per l’auto-somministrazione del suicidio non sono state ancora decise. Per l’accompagnamento attivo bisognerà invece aspettare l’esito del referendum per abrogare il reato di omicidio del consenziente che permetterebbe ad un medico di fare ciò che già fanno medici in Olanda, Belgio, Spagna e Lussemburgo”.
C’è ancora molta strada da percorrere, in un Paese che per rispettabilissimi ragioni culturali assimila lentamente certi cambiamenti. Almeno a livelli istituzionali, perché la cosiddetta società civile sembra procedere decisamente più veloce.