Governo, Maurizio Martina incita ai moti di piazza
Martina minaccia di far scendere la gente in strada.
Il “democratico” e irresponsabile Maurizio Martina, segretario non eletto del Pd e suo scaltro scalatore interno, ieri sera si è sentito in necessità di scrivere un Tweet in cui diceva che:
“Lega e Cinque Stelle stanno utilizzando parole inaudite e minacce senza precedenti. Noi siamo pronti alla mobilitazione a difesa della democrazia e delle nostre Istituzioni”.
È chiaro che il Pd gongoli della decisione del Presidente della Repubblica che, non dimentichiamolo, è uomo del Pd, ha inopinatamente fatto saltare un governo già fatto e con maggioranza parlamentare certa, in nome di Bruxelles e della Unione Europea, ma da questo ad evocare scenari da guerra civile ce ne passa e molto e solo questo periodo di degrado etico impedisce che vi sia l’indignazione che tali proposte meriterebbero.
Al giusto sconcerto di chi ha vinto le elezioni e si ritrova nella impossibilità istituzionale, si badi bene, istituzionale e non politica, di formare un legittimo governo scelto dal popolo italiano con il voto del 4 marzo, il segretario non eletto del Pd e ancora incredibilmente ministro dell’agricoltura, oppone la minaccia gravissima dei moti di piazza, degli scontri tra cittadini, essendo peraltro ancora al governo e guidando quindi l’apparato delle forze dell’ordine.
E meraviglia che queste minacce non siano state smentite o attenuate o comunque sanzionate da chi dovrebbe avere più responsabilità del Che Guevara de Noantri che incita alla piazza.
Tra l’altro, dato il crollo verticale del consenso del Pd, sarebbe interessante sapere dove troverebbe gente da portare in giro sotto il solleone romano, ma le risorse del Pd sono infinite e quindi è giusto preoccuparsi.
Visto che si tratta di un compagno dello stesso partito del Presidente della Repubblica sarebbe interessante sapere che ne pensa Mattarella, così pronto a seguire i desiderata di Bruxelles, ma non a sanzionare esplicitamente tali inquietanti dichiarazioni, rese peraltro con un mezzo pubblico di massa e in un clima reso incandescente proprio dal suo diniego istituzionale.