Politica
Meloni, attesa per la conferenza stampa del 9 gennaio. Positivi i dati Istat, ma non bastano| Analisi
Nonostante i dati Istat restano i problemi economici come la pressione fiscale alta. Incerto anche il futuro rapporto della premier con Trump. Analisi
Conferenza stampa di Meloni: la premier a metà strada tra successi e difficoltà economiche
C’è attesa per la prossima conferenza stampa della premier Meloni di giovedì 9 gennaio 2025 che si terrà nell’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei deputati. Si tratta della consueta conferenza stampa di fine anno, posticipata come già nel 2024, allora per motivi di salute della premier. Il ritardo di questo meeting di Giorgia Meloni con la stampa è già motivo di polemiche: “Nell’anno solare 2024 – scrive Matteo Renzi- Giorgia Meloni ha fatto meno conferenze stampa di Vladimir Putin”. Già. Ma, si potrebbe dire, ha fatto soprattutto meno danni.
Certo, non è tutto oro quel che luccica, quello della premier italiana e del suo governo di centrodestra. È un fatto, però che non mancano risultati concreti e positivi su questioni non secondarie come sull’immigrazione, tanto da ricevere l’endorsement de Le Figaro: “In Italia, Giorgia Meloni che, ancora una volta, le nostre buone menti ci avevano spiegato non avrebbe combinato nulla, è ad un passo dal successo: in un anno gli arrivi sulle coste italiane sono diminuiti del 65%”. È così. Non solo. Gli ultimi dati Istat relativi ai conti pubblici nel terzo trimestre 2024 promuovono il governo su questioni importanti quali potere d’acquisto, redditi e consumi (il reddito delle famiglie è aumentato dello 0,6% rispetto al trimestre precedente, con una crescita dei consumi dell’1,6%), con il deficit pubblico in notevole discesa, dal 6,3% al 2,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dati incoraggianti per il raggiungimento dell’obiettivo di deficit/Pil stabilito dal Psb (il Piano strutturale di bilancio di medio-termine) fissato al 3,8% per il 2024 e al 3,3% per il 2025.
Gongola Meloni scrivendo su X: “Sono fiera, c’è un’inversione di rotta”. E cita il tasso di occupazione più alto dalla Spedizione dei Mille e il tasso di disoccupazione più basso dal lancio del primo iPhone, con il fiore all’occhiello del record storico di occupazione femminile, con oltre dieci milioni di donne lavoratrici. Vero. Ma i chiaroscuri dominano l’economia italiana: più potere di acquisto ma meno risparmio, più tasse. L’aumento della pressione fiscale nel terzo trimestre 2024 ha raggiunto il 40,5%, in crescita di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2023. Perché questo incremento? Soprattutto per il rallentamento della crescita economica che comprime il denominatore delle entrate fiscali e Pil. Per le imprese la situazione resta complessa, con profitti e investimenti in diminuzione di 0,3 punti e di 0,4 punti. Pesano tante incertezze, a cominciare dal settore vitale dell’auto.
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Comunque, Meloni arriva alla conferenza stampa di giovedì 9 gennaio a testa alta, grazie anche (o soprattutto?) agli ultimi sondaggi con il centrodestra sostanzialmente solido a differenza del cosiddetto campo largo, sempre diviso, in cerca del bandolo della matassa e, in primis, con un PD sempre in cerca di identità e di una linea politico-strategica che vada oltre la propaganda, linea obsoleta, al limite dell’autolesionismo.
Per il governo il 2025 è l’anno del giro di boa. Sul piano dell’immagine, influente anche per i consensi elettorali, Meloni ha il vento in poppa anche se adesso si vedrà come sarà gestito il rapporto con il nuovo presidente Usa Trump (come inciderà il feeling tra Meloni e Musk?), non solo rispetto alle guerre in corso ma, specificatamente, rispetto agli scambi commerciali Italia-Usa. E come Meloni saprà dare un ruolo politico, senza arroganza, all’Italia, in una Europa in difficoltà anche per la crisi politica ed economica di Germania e Francia, avendo piena consapevolezza anche della debolezza del continente sul piano militare, inesistente senza la Nato, con il monito dell’ombra lunga di Putin e della Cina. C’è, evidentemente come priorità di Meloni e del suo governo, la politica interna. Il 30% di Forza Italia è tanto, ma non è tutto: non basta per tenere “calmi” gli alleati Lega e Forza Italia e per far capire alle opposizioni, PD in testa, che “non c’è trippa per gatti”. Tanti i dossier aperti, dalle nomine (Corte Costituzionale, Presidente Rai ecc.) alla (scontata?) bocciatura referendaria dell’autonomia differenziata. Dulcis in fundo, si fa per dire, le elezioni regionali 2025 di Campania, Veneto, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e quelle di migliaia di comuni e di 16 capoluoghi di provincia. Qui finiscono i bla-bla di premier e ministri e degli esponenti dei partiti di maggioranza che fuori dall’esecutivo e dai palazzi del potere si liquefarebbero come neve al sole. All’Italia serve un altro salto in avanti, un salto di qualità generale, non solo economico. Giorgia, meno giri per il mondo, meno chiacchiere, mettere tutti ai remi. Il tempo stringe. Giorgia: “Hic Rhodus, hic salta”.