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Politica
Migranti, “pugno di ferro” di Minniti. Muto Renzi. Ma chi tace acconsente


Non bisogna essere buoni indovini per prevedere che i gravissimi fatti di piazza Indipendenza, vera e propria guerriglia urbana, si ripeteranno in altri luoghi della Capitale o in altre città italiane. Perché? Perché non è con l’aspirina che si debella un tumore, non è con il manganello che si doma una rivolta, non è con la scorciatoia dell’uso del suo braccio armato che il potere ritrova l’autorevolezza e il bandolo della matassa. Soprattutto perché i partiti, invece di elaborare una linea unitaria e un fronte comune a salvaguardia degli interessi nazionali, fanno il gioco delle tre carte e le istituzioni si rifugiano nello scaricabarile e nel rimpallo delle colpe.

Quando la politica tace, si sa, s’ode il colpo del cannone, in questo caso lo scalpitio delle cariche, lo scroscio degli idranti. Così il nodo dei rifugiati&C, già di per sé aggrovigliato, invece di allentarsi stringe l’Italia in una morsa dove tutti sono chiamati a pagare un prezzo sempre più alto, non solo sul piano economico, in una altalena dove si fa sempre più confuso il rapporto fra diritti e doveri.

Al di là della cronaca dei fatti incresciosi e drammatici dell’altro ieri dove sono in discussione, se non la legittimità dell’uso, magari l’inconsistenza di un piano e l’eccesso di zelo delle forze dell’ordine ora messe vergognosamente sul banco degli imputati quale capro espiatorio, restano in piedi due fatti centrali. Il primo riguarda il fallimento della politica. Gli scontri di piazza Indipendenza non sono un caso anomalo, una scheggia impazzita di una realtà normale e sotto controllo. Sono, altresì, la punta dell’iceberg di una realtà al limite della jungla, con  focolai pronti ad esplodere nella capitale e in altre città: la cartina del tornasole del fallimento politico, della miopia e della incapacità di come fin qui partiti, istituzioni e pubblici poteri ai vari livelli hanno affrontato e gestito l’immigrazione. Il secondo riguarda la paura degli italiani. Non riconoscerla è miopia politica. Non affrontarla è abdicare al ruolo istituzionale. Strumentalizzarla è complicità rispetto a un caos annunciato. Oggi gli italiani temono per la loro sicurezza personale e sociale, per il rischio di snaturamento della propria identità nazionale, culturale e anche religiosa. Di fronte all’assenza (o peggio) della sinistra-minestrone, c’è una destra irresponsabile in cerca di rivalse che soffia sul fuoco della xenofobia indicando nei muri e nell’uomo solo al comando la soluzione. Ma ciò trova consenso (anche elettorale, si vedrà presto) perché le preoccupazioni e lo smarrimento, il senso di delusione e di abbandono di uno Stato che non c’è di fronte a un nemico percepito oramai negli immigrati irregolari, sono diventati comuni nella maggioranza degli italiani. Più delle analisi sofisticate socio-politiche servono occhi non bendati e capacità di valutare le cose come realmente sono. Ovunque si moltiplicano grate di ferro nelle finestre anche delle abitazioni più modeste, si moltiplicano strumenti di video-sorveglianza anche nelle abitazioni private oltre che in luoghi pubblici, aziende, uffici ecc. In molte città ci sono zone off-limits, dopo il calar del sole c’è il … “coprifuoco”, nei mezzi pubblici c’è sempre il timore di essere molestati, se non derubati o addirittura aggrediti. Ma torniamo al fenomeno delle case occupate, con problemi di diritti di proprietà calpestati, di sicurezza, di racket, di danno economico, ecc. A Roma ci sono almeno altri 15 palazzi da liberare urgentemente, su almeno 100 in situazione oltre il limite, con più di 4 mila occupanti illegali. In Italia ci sono quasi 50 mila alloggi occupati fuorilegge, per lo più da extracomunitari. E’ davvero lì che può annidarsi il germe jihadista? Fatto sta che ci sono troppi immigrati che non si sa dove mettere, soggetti sempre più incontrollabili e aggressivi, facili all’odio verso l’occidente e anche verso l’Italia  e in preda a chi vuole strumentalizzarli politicamente, spronandoli alla rivolta. E la sinistra? La sinistra a sinistra del Pd quando non tace riscopre tutto l’armamentario del tempo che fu della “lotta dura senza paura” al capitalismo-imperialismo sfruttatore, della contrapposizione alla polizia nemica del popolo (ignorando le lezioni di Giuseppe Di Vittorio e di Pier Paolo Pasolini), della lotta all’attuale governo e al suo ministro dell’Interno come se a Palazzo Chigi sedesse ancora il diccì De Gasperi non il piddino Gentiloni e al Viminale comandasse i prefetti l’inventore della Celere Scelba e non l’ex Pci-Pds-Ds Minniti. Insomma, quella sinistra “radical-chic” sempre impegnata a contestare e a contrastare la polizia, a giustificare ogni forma di violenza perché ritenuta espressione della rabbia dei più deboli (ieri i lavoratori), in questo caso della rabbia dei migranti provocata dalle colpe storiche del capitalismo-imperialismo-colonialismo (e anche della religione cattolica) e derivante anche da come oggi l’occidente, l’Europa, l’Italia accolgono e trattano gli immigrati. Infantilismo politico. Una lotta di classe rimasticata, una battaglia di retroguardia, di rabbiosa testimonianza, che scambia le finalità e le priorità della lotta politica e confonde alleati e avversari, mischiando povertà e diritti, etichettando tutto e tutti come se il Muro di Berlino fosse ancora in piedi e anni e anni di battaglie perse non avessero insegnato che il ribellismo porta sempre alla sconfitta i più deboli e rimette indietro le lancette della storia. E il Pd? Spaesato, senza coraggio, nascosto dietro l’ombra del “suo” ministro Minniti che, per togliere spazi e voti ai populismi di vario colore, tenta la parte del “duro”, di fatto facendo il “lavoro sporco” con il rischio di rimanerne travolto portandosi nel gorgo Renzi e il suo Pd. La destra getta benzina sul fuoco in un replay a tempo scaduto degli “opposti estremismi”. Berlusconi aspetta lungo la riva del fiume pronto ad ergersi quale paladino della “maggioranza silenziosa” sempre più radicalizzata, disponibile a rispondere ai tre squilli di tromba del rais di Arcore. Incapace di produrre riforme per far uscire l’Italia dalla crisi, con la zavorra dell’immigrazione e la spada di Damocle del terrorismo, il Pd gioca con Minniti la carta del “pugno duro” con un solo grido: riportare l’ordine in Italia! Pd di ordine e di governo. Sul nodo immigrazione, sicurezza, violenza, terrorismo si giocano le prossime elezioni politiche. Parigi val bene una messa. Palazzo Chigi val bene uno scontro di piazza. Anche due. Aspettando la nuova mossa di Renzi, che per ora tace. Ma, si sa, chi tace acconsente.

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