Palazzi & potere

Fabrizio Cicchitto ad Affari: auguriamoci che il Pd non imploda

Gli esiti di un referendum non su una questione di contenuti ma su un leader politico sono imprevedibili per definizione. In economia servono investimenti.


 

Quanto è grande il rischio che la querelle interna al Pd trasformi il referendum in un voto pro o contro Renzi? E come si può uscire da questo "equivoco" ?

E’ augurabile che il PD non imploda. Francamente la maggior parte di coloro che sono intervenuti all’ultima direzione del PD, con l’eccezione del ministro Gentiloni, si sono tuffati nello scontro interno senza esclusione di colpi ma hanno rimosso ogni pur minima riflessione sul quadro internazionale, che è drammatico, e sulla pericolosità della situazione europea e italiana che consiglierebbe di non scatenare risse di quel tipo. Ci auguriamo che la larga maggioranza del popolo italiano, votando al referendum, ignori tutto ciò, e si pronunci sulle questioni ad esso attinenti. Se lo farà la vittoria del sì è probabile. In caso diverso può accadere di tutto. Gli esiti di un referendum non su una questione di contenuti ma su un leader politico sono imprevedibili per definizione.

 

I rapporti tra Ap-Ncd e il Pd sono sempre stati caratterizzati da elementi comuni, ma anche da una diversità di vedute su alcuni temi.
Questo legame è destinato a rafforzarsi o crede che, al contrario, Ncd debba rafforzare una dimensione ancora più distinta rispetto al partito di Renzi?

 

Sul referendum l’NCD è impegnato a fondo per il Sì proprio perché le ragioni del riformismo e dell’innovazione sono le sue ragioni di fondo. In questa battaglia, l’NCD deve lavorare per aggregare un’area di centro che ha una sua autonomia politica e culturale, distante dall’attuale centro-destra ma anche distinta dal PD. Comunque c’è un aspetto del dibattito della direzione del PD che è assai singolare. Sembra che come Bersani nei primi 60 giorni dopo le elezioni del 2013, ancora gli esponenti Dem non hanno preso coscienza delle implicazioni del risultato di quelle elezioni (ma anche qualche renziano a sua volta è sembrato ritenere che i voti ottenuti dal PD alle europee erano sicuri e messi in banca). Quelle elezioni e le successive amministrative hanno segnato la fine del bipolarismo. Di grazia, con chi gli esponenti Dem oggi e domani pensano di poter governare il paese? Forse con Landini, Civati e Fratoianni, con tutto il rispetto che ho per ognuna di queste personalità della estrema sinistra?

 


Restiamo all'attualità politica. Alla riforma costituzionale si lega, nel cosiddetto combinato disposto, l'Italicum. Va cambiato? In che direzione devono andare le modifiche?

 

Lo diciamo da tempo. L’Italicum va cambiato nel senso di spostare il premio di maggioranza dalla lista alla coalizione. Di fronte al superamento del bipolarismo, occorre definire leggi elettorali che facciano i conti con questa dialettica tripolare.

 

Passiamo all'economia. La crescita stenta a decollare e i problemi atavici dell'economia italiana, a iniziare dal debito pubblico record, sono sempre lì. In cosa ha sbagliato Renzi? Cosa si poteva e si può fare per invertire la rotta?

 

Renzi sta conducendo una bella battaglia a livello europeo perché il rigorismo venga superato. Se guardiamo indietro, nel 2011 la crescita fu intorno allo 0,6%, poi ci fu un crollo ai tempi di Monti intorno al -2,8%, è rimasto il segno negativo ai tempi di Letta (-1,3%) poi c’è stata una  ripresa, certo stentata, che è avvenuta in questi ultimi anni. Comunque Renzi ha adottato una politica espansiva. Certamente bisogna fare di più sul terreno del taglio della spesa pubblica corrente, ma sono cose più facili a dirsi che a farsi. Purtroppo c’è un duplice risucchio recessivo, quello determinato dall’Europa e quello indotto dal prezzo del petrolio. Ma se non si fanno più investimenti pubblici (infrastrutture) e privati non ci sarà mai una crescita degna di questo nome.