Palazzi & potere
Lega e Vaticano ai ferri corti. Papa Francesco e Matteo Salvini, il retroscena
Lega e Vaticano, il retroscena
"Tutti i Cardinali godono in Italia degli onori dovuti ai Principi del sangue; quelli residenti in Roma, anche fuori della Citta' del Vaticano, sono a tutti gli effetti cittadini della medesima". Parole che dovranno essere tenute nella debita attenzione riguardo l'elemosiniere di Sua Santita' Konrad Krajewski, al centro dell'attenzione mediatica per il ripristino della corrente elettrica nello stabile occupato in Via di Santa Croce in Gerusalemme 55, all'Esquilino. Perché secondo illustri giuristi, rivela Dagospia, in quanto "organo costituzionale della Chiesa" i cardinali godono delle immunità previste dal diritto internazionale. Con buona pace dell'esposto appena presentato.
"Pagherò anche le bollette di Salvini", aveva detto ridendo il cardinale, spiegando che da quando s'è calato nel pozzetto per strappare i sigilli dei contatori bloccati dello stabile occupato di Roma per far tornare luce e gas bloccati per morosità, sarà lui a farsi carico delle spese per i servizi erogati: "L'ho fatto per i bambini, lì ce ne sono un centinaio. Io sono l'elemosiniere del Papa, mi occupo dei poveri, delle famiglie, che ora finalmente hanno luce e acqua calda".
Un'altra tappa, continua Dagospia, della guerra tra Vaticano e Matteo Salvini si è consumata attorno alla figura di questo amato cardinale polacco, appena 56 anni, il più giovane tra coloro che eleggeranno il prossimo Papa, arcivescovo dal 2013 nominato da Francesco e poi sempre da Francesco creato cardinale meno di un anno fa, nel concistoro del giugno 2018.
Forse è la tappa più dura dell'ormai aperto conflitto tra Santa Sede e vicepremier leghista, che Dagospia sta raccontando nel suo dispiegarsi già da settimane, anticipando quella guerra che ormai è sotto gli occhi di tutti. Alla proposta irridente del cardinale Krajewski di pagare anche le bollette di Salvini, il vicepremier ha risposto piccato intervistato da Radio 24: "Io le mie bollette le pago da me, che il cardinale ora paghi quelle dello stabile occupato mi pare il minimo".
A dieci giorni dalla fine della campagna elettorale, incassato il felpato ma netto no a qualsiasi incontro possibile anche solo casuale o istituzionale con Papa Francesco (un niet che permane dal giugno 2018, quando Salvini annunciò sui social un "imminente incontro" con Bergoglio e fu brutalmente smentito dal portavoce della Santa Sede), Salvini ha deciso di andare all'assalto per prendersi almeno tutti i voti degli antibergogliani.
Così facendo però si è messo sulla lunghezza d'onda di Forza Nuova, che ha addirittura compiuto un blitz con tanto di striscione lungo dieci metri contro il Papa srotolato in via della Conciliazione e queste sintonie non piacciono ai cattolici, alcuni magari anche critici per l'eccessivo "progressismo" di Francesco, ma mai disposti a seguire i leader politici nel dileggio del Vicario di Cristo.
Non è un caso che nella stessa trasmissione radiofonica in cui è intervenuto Salvini sia stato subito dopo intervistato Mario Adinolfi, che è di fatto ormai il politico a cui sono affidate le difese ufficiali del Papa, visto che i vescovi leali verso Bergoglio stanno orientando verso il suo Popolo della Famiglia il voto delle parrocchie. In pochi poi si sono accorti che nello smacco subito da Salvini a Gela, il comune più popoloso tra quelli che sono andati ai ballottaggi ieri, a fare l'ago della bilancia è stato proprio il Popolo della Famiglia, portato dalle parrocchie locali addirittura al 5,7%.
Il candidato leghista ha perso il ballottaggio 52,5 a 47,5, con i cattobergogliani di Adinolfi dunque a dare i voti decisivi a Lucio Greco di Forza Italia contro il leghista Spata che si è fatto sostenere dal M5S. Prove di larghe intese antisalviniane, contro il governo in carica amato assai poco Oltretevere.
A dieci giorni dalla fine della campagna elettorale la stizza di Salvini contro il Papa rischia di portarlo però a scelta sbagliate. L'attacco radiofonico del leader leghista al porporato più vicino in assoluto a Francesco rischia di essere un autogol. A Roma "padre Corrado", come tutti chiamano il cardinale elemosiniere del Papa, è noto e amatissimo dagli strati medio-bassi della popolazione per via dell'instancabile e visibile attività a favore di chi non ce la fa.
Tutti i giorni con la sua Fiat Qubo porta generi di prima necessità nelle borgate, silenziosamente e senza cercare pubblicità sui giornali o in tv. Salvini rischia di passare come quello che difende lo stabile occupato di CasaPound, usa toni antibergogliani come quelli degli striscioni di Forza Nuova in via della Conciliazione, sputa veleno elettorale contro un uomo del Papa che i cittadini amano come un santo.
Questo non fa bene alla campagna elettorale del leader leghista, dato in calo rispetto ai fasti di aprile da tutti i sondaggisti anche a causa di questo faticoso rapporto con i cattolici e la Santa Sede. Contro la quale, in Italia, mai nessuno è riuscito a governare. Questa è una lezione che il Truce, fino a qualche giorno fa in preda a un delirio di onnipotenza, può apprendere dalle magliette ironiche approvate da Francesco e in vendita nei negozi di souvenir che circondano piazza San Pietro che hanno su la scritta: ricordati che Dio c'è, ma non sei tu.