Politica

Pd, dopo la vittoria di Schlein i vecchi volponi si riposizionano. La mappa

di Paola Alagia

Domenica ci sarà l'assemblea nazionale per votare la direzione, il tesoriere e il presidente. Tutti i nomi



Ben disposto nei confronti della neo segretaria, poi, appare l’ex ministro Graziano Delrio che su Repubblica ha elogiato la scelta di Schlein di andare in piazza a Firenze, ma soprattutto ha riconosciuto la capacità della giovane leader di accendere l’entusiasmo. Non senza però avvertire: “A me non preoccupa certo se il Pd si sposta a sinistra sui migranti e sulla pace, ma la nostra scommessa deve essere di attrarre la società tutta, non solo la parte più radicale".

Un profilo basso sta tenendo un big come Lorenzo Guerini, anche in ragione del delicato ruolo di presidente del Copasir che riveste. Ovviamente l’ex ministro della Difesa, come gran parte della pattuglia di Base riformista, attende al varco la nuova segreteria sull’impostazione atlantista in politica estera.

Guerini, in ogni caso, manterrà la sua poltrona. Che per altri, invece, a cominciare dalle attuali capogruppo dem alla Camera e al Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, vacilla.

Nardella non si stanca di ripetere che la preoccupazione non sono i posti, ma “far vivere le nostre posizioni dentro il Pd” e sarà vero. Ma, si sa, le prebende aiutano. Serracchiani ha scelto un profilo basso e nessun commento sulla segretaria. Anzi, ha fatto il beau geste di dichiararsi pronta al passo indietro. Toccherà a Schlein ora decidere se mantenerla alla guida dei deputati. Anche se dal fronte di Bonaccini preferirebbero continuare a presidiare con un riformista la guida dei senatori. In ogni caso in pole per la carica di capogruppo a Palazzo Madama, come accennato, ci sarebbe Boccia.

Poi vanno considerati i due pezzi da novanta che governano al Sud e che si erano schierati con Bonaccini. Il presidente della Puglia Michele Emiliano si è subito riposizionato: “Elly ed io – ha detto al Quotidiano di Puglia - abbiamo la stessa posizione sulle alleanze. Siamo molto scettici sulla buona fede di Renzi e Calenda, e vogliamo costruire un Pd largo e forte che occupi tutto lo spazio possibile dialogando con il M5S”. Dalla Campania, invece, Vincenzo De Luca non ha dato mostra di alcun entusiasmo. Qualche frase di circostanza tipo: “Che ci sia una donna è sempre un fatto positivo”, ma nulla di più. C’è da scommettere, però, che la battaglia sull’autonomia potrà essere il terreno giusto per un avvicinamento, senza intaccare l’orgoglio del governatore con l’aspirazione del terzo mandato.

Intanto, quel pezzo di establishment che da tempo si era schierato con Schlein adesso spera di passare all’incasso. Qualcuno tra loro per la verità si schermisce. Ad esempio, l’ex ministro Andrea Orlando, accusato di far parte della vecchia nomenclatura che ora dovrebbe farsi da parte, replica al Corriere: “Non ho alcun incarico specifico, né di partito né parlamentare. Per cui sarebbe più corretto chiedere se voglio fare un passo avanti”. Invece, il demiurgo Dario Franceschini, che sulle sorti di Schlein ci aveva visto lungo, se la gode in silenzio. Mentre la moglie, Michela Di Biase, è in predicato di entrare nella nuova segreteria.