Politica

Pd, Renzi apre alla minoranza Dem: "Venite, non andatevene". No alla reggenza

L'ex premier non sarà il segretario reggente del Pd in vista del congresso di aprile. La replica della minoranza Dem: "Ormai è partito personale"

"Vogliamo portare energia e entusiasmo nella vita di questo Paese e nel congresso. Non polemiche astratte ma idee, speranze, sogni. Avete voglia di darmi una mano? Si riparte, ci si rimette in cammino, c'è bisogno di tutti".Il segretario del Pd, Matteo Renzi, apre alla minoranza Dem nella sua enews. Renzi spiega che bisogna "fare del congresso e delle primarie un'occasione bella per dire "Mi sta a cuore, m'impegno, ci sono". Non lascio il mio Paese a chi sa solo protestare. Vi va? E allora Venite! Non andatevene, venite!". "Per gli amici fiorentini otto anni fa iniziava un'avventura che sembrava impossibile. E che ci ha visto camminare, insieme, su sentieri impensabili. Ora è tempo di rimettersi in cammino. Come mi ha scritto stamani il mio amico Gennaro: e' tempo di ricucire il futuro. Facciamolo insieme".

"Mi domando come sia possibile fare una scissione sulla data di convocazione del congresso e non sulle idee. Ma non è la prima volta che alcuni compagni di partito cercano ogni pretesto per alimentare tensioni interne. E io non voglio dare alcun pretesto, davvero. Voglio togliere ogni alibi. E anche se il grido "congresso o scissione" sembra un ricatto morale, accettiamo di nuovo il congresso dicendoci: ragazzi, dobbiamo essere responsabili", continua il segretario del Pd che poi spiega: "Chiarito che noi 'ragazzi, dobbiamo essere responsabili', dobbiamo anche dire che se uno ha idee diverse, ha il dovere di proporle. E in un partito democratico il congresso (con primarie) non è una parolaccia, ma il luogo in cui decidono gli iscritti e i simpatizzanti. Tante volte siamo stati accusati di essere autoreferenziali. Bene, tiriamo fuori le proposte e confrontiamoci con la nostra gente. Vinca il migliore. E chiunque vinca, tutti a dare una mano".

Infine, Renzi non sarà il segretario reggente del Pd in vista del congresso di aprile (o maggio). L'ipotesi era circolata con insistenza dopo la direzione di lunedì. Il leader non resta alla tolda di comando dopo le dimissioni che formalizzerà domenica all'assemblea nazionale in programma al Parco dei Principi a Roma. E dà già appuntamento dal 10 al 12 marzo al Lingotto di Torino - dove il Pd nacque - ai suoi sostenitori.

Quindi, fa un passo di lato. Di primo mattino, la segreteria di Largo del Nazareno si affretta a precisare che non ci sarà alcuna "reggenza" del capo uscente. L'ex premier nel fine settimana lascerà la poltrona più alta del Pd come aveva fatto il 4 dicembre con quella di presidente del Consiglio. In entrambi i casi con l'obiettivo di tornarvi presto, comunque passando ad altri la gestione "temporanea". Per il Pd toccherà al presidente Matteo Orfini, comunque fedelissimo del leader.    

A stretto giro, però, arriva la doccia gelata da Enrico Rossi, Michele Emiliano e Roberto Speranza, i tre candidati alternativi in rotta col leader. In una nota congiunta, con cui si danno appuntamento in un teatro romano sabato sera a Roma, alla vigilia dell'Assemblea, sostengono che la  direzione "ha sancito la trasformazione del Partito democratico nel Partito di Renzi, un partito personale e leaderistico che stravolge l'impianto identitario del Pd e il suo pluralismo" e che le loro richieste "sono rimaste inascoltate".