Politica

Ue, Vincenzo Scotti: "Conte? Avanti così. Ma guai a parlare di Italexit"

Alberto Maggi

Intervista di Affaritaliani.it all'ex ministro dell'Interno e degli Esteri

Germania contro Italia. Europa del Nord contro Europa mediterranea. Mentre l'emergenza coronavirus dilaga in tutto il Vecchio Continente e in tutto il mondo, l'Unione europea si divide in modo clamoroso. Che cosa sta succedendo? Quali conseguenze può avere questa contrapposizione? Affaritaliani.it lo ha chiesto a Vincenzo Scotti, ex ministro dell'Interno e degli Esteri, ex capogruppo della Democrazia Cristiana alla Camera, ex sindaco di Napoli e fondatore-presidente della Link Campus University.

Al Consiglio europeo sull'emergenza coronavirus abbiamo visto uno scontro tra Paesi del Nord, Germania in testa, e Paesi del Mediterraneo. Come valuta l'incapacità dell'Unione europea di decidere nonostante la gravità della situazione sanitaria ed economica?
"Non è una novità. Speravamo che la vicenda del coronavirus potesse far cambiare attegiamento e far sentire maggiormente la necessità per tutti di cominciare a guardare con un approccio diverso alle questioni dell'Unione europea e dei 26 Paesi nella loro complessità. Quanto accade non è una rivoluzione, bensì una rivelazione".

Che cosa intende dire?
"Il Consiglio europeo ha rivelato quanto duro sia il cammino verso un atteggiamento diverso, nonostante un vero e proprio tsunami che sta aprendo una strada che non sappiamo dove ci porterà, in termini di conseguenze economiche e sociali, sia in Europa che nel mondo. Bisogna avere pazienza e serve forza e determinazione nell'interesse di tutti da parte di Paesi come Italia, Francia, Spagna e Grecia. Ovvero quella che chiamiamo l'Europa mediterranea".

Macron si è schierato con Conte e quindi un'altra conseguenze è la fine dell'asse franco-tedesco...
"Macron è sulla graticola per quanto sta accadendo in Francia e ha bisogno della sponda di Italia, Spagna e di Paesi che hanno problematiche simili. Dall'altra parte, però, Macron non vuol perdere un rapporto storico con la Germania e quindi, considerando anche che in Francia sono vicine le elezioni, ha bisogno di avere consenso. La tenuta sociale e democratica in questo momento regge, nonostante un colpo di questo genere. Però non facciamoci illusioni che possa continuare a reggere quando in autunno ci saranno categorie di persone che si troveranno enormi difficoltà economiche da fronteggiare con problemi di sopravvivenza e non con una congiuntura debole. In quel momento i nodi verranno al pettine".

E' addirittura a rischio la stessa Unione europea?
"E' un impianto difficile da smontare, però certamente la crescita delle tensioni all'interno dell'Unione sarà molto forte. In fondo finora i Paesi del Nord Europa hanno beneficiato di più dalla loro appartenenza all'Ue, anche in termini di sicurezza, e sono quindi poco disposti a cedere qualcosa".

Quali potrebbero quindi essere le conseguenze per l'Unione europea? Tra l'altro anche Mario Draghi è intervenuto in modo molto netto...
"L'intervista di Draghi al Financial Times non va letta con gli occhi del nostro cortile come se fosse un piano per l'Italia. Credo che Draghi abbia detto quelle cose rivolgendosi a tutti i Paesi, a partire dalla Germania. Peasi determinanti per il possibile cambiamento. Bisogna leggere le parole di Draghi con grande realismo, non sono espressioni retoriche. Occorre cercare di scoprire la realtà per quella che è e non per quella che vorremmo che fosse. La necessità è quella di intervenire con realismo. Quanto affermato da Draghi è molto serio e piano piano bisogna vedere se in Germania e negli altri Paesi del Nord emergono voci diverse dall'interno. Per il momento ancora non ci sono e la Merkel tiene conto degli umori dell'elettorato tedesco, soprattutto nei confronti del suo partito, la Cdu. Le voci critiche però sono ancora molto flebili. Per questo motivo Draghi ha parlato con un linguaggio comprensibile dalle persone che in Germania si chiedono quali saranno le conseguenze sull'economia tedesca se l'intera Europa frena fortemente dal punto di vista economico".

La battaglia, tra virgolette, contro la Germania può unire Conte e Salvini?
"Non è che tutti possono vincere in Europa e la via d'uscita è il compromesso, senza vincitori e vinti. Bisogna però stare attenti rispetto alle posizioni che si prendono. Essere fermi sì, ma dare garanzie di stabilità europea dell'Italia. Guai se in questo momento apparissimo indecisi con altri disegni irrealizzabili. Figuriamoci che cosa sarebbe successo se la Brexit fosse intervenuta in una situazione come questa... E' vero che Salvini tenta di non esasperare i toni, ma viene attentamente osservato dagli altri Paesi. In questo momento serve un'alleanza per ottenere i coronabond, che non sono un tema marginale bensì centrale e che riguarda la stessa concezione dell'Europa. Sono difficili da ottenere e non si tratta di una questione tecnica ma politica".

Insomma, se Salvini paventa l'Italexit sfumano del tutto i coronabond...
"L'Italia deve sapere bene che cosa vuole e sapere che i coronabond sono una questione che tocca al cuore la concezione dell'Europa".

Il premier Conte come si sta muovendo?
"In questo momento sta ascoltando. Sembrava che l'economia e i rapporti con l'Europa si mettessero su binari positivi, poi con il coronavirus si è passati a una situazione nella quale la pandemia ha scompigliato anche i rapporti con l'Ue. E ora Conte deve scoprire le carte. La posizione di fondo e la richiesta che noi facciamo è di applicare il principio di solidarietà europea ottenendo i coronabond, anche se come soluzione non permanente ma eccezionale. Ricordiamoci però che per tutte le eccezioni quando si apre una porta spesso poi quella porta resta aperta".

Che cosa deve fare ora il premier. Che consigli dà a Conte?
"Deve continuare così, non avere titubanze ma nemmeno mostrare reazioni nervose. In sostanza, mantenere la fermezza della sua posizione ma senza mai farsi prendere dall'ira".

Una situazione del genere non si sarebbe gestita più facilmente prima del 1989 con il mondo diviso in blocchi?
"Certamente, in fondo abbiamo vissuto anche momenti difficili e terribili, pensiamo ad esempio al terrorismo. Da quel periodo ad oggi il problema riguarda la classe dirigente. Nella distruzione dei partiti è stata distrutta anche la formazine della classe dirigente nel suo complesso, non solo quella politica. L'Italia di oggi soffre di questo dato ed è più difficile governare con la debolezza di una classe dirigente industriale, finanziaria e politica".

Alla fine degli Anni '80 invece...
"Anche quelli erano anni di crisi e la classe dirigente mostrò tutti i suoi limiti proprio attorno all''89, però si veniva da un periodo nel quale la formazione e la selezione, con i limiti del sistema democratico, avevano permesso di governare in una fase in cui c'era la netta divisione del mondo e in Italia esisteva il più grande partito comunista fuori dall'Unione Sovietica".

Tra un anno, che Europa e che Italia avremo?
"Non sappiamo ancora come usciremo da questa pandemia a livello globale e quali conseguenze il coronavirus avrà sull'Europa e sull'Italia. E' la prima volta che una vicenda globale di questo tipo non riguarda solo l'aspetto sanitario e del contaggio ma ha anche conseguenze economiche e sociali. Oggi siamo in un tempo senza ideologie che avrebbero potuto creare delle coesioni e delle convergenze, al di là degli aspetti e degli interessi materali. I valori del passato erano custoditi in modo geloso dai gruppi politici di quel tempo, democrazia, comunismo etc... Oggi non ci sono questi background culturali che servono a rendere possibili il dialogo, l'intesa e la cooperazione. Allora in Europa c'era una ragione d'essere che teneva insieme, ora questa ragione d'essere non c'è più, ma c'è la brutale presentazione degli interessi che inevitabilmente sono diversi. In quell'epoca De Gasperi fece da mediatore tra francesi e tedeschi per la costruzione delll'Europa perché erano in tre che avevano la stessa visione e un collante molto forte verso la quella direzone. Tutto ciò fu fondamentale per superare le difficoltà nella costruzione dell'Europa. Oggi governare soltanto mediando tra interessi e senza qualcosa che può tenere insieme è molto più difficile".