Cassius Mohamed Alì, imperatore col nome da Dio
E' morto Cassius Clay Mohamed Alì, il più grande di sempre
Danzava come una farfalla e pungeva come un'ape o una zanzara, continuando a prendere in giro il fotografo a bordo ring con la macchina fotografica, il cui scatto non era così veloce da cogliere il jab che metteva KO il suo avversario.
E agli spettatori in prima fila, che non capivano cosa avesse colto il pugile disteso al tappeto, faceva notare come il suo montante fosse stato più veloce del battito delle loro ciglia.
Ha continuato a danzare anche nella malattia, accompagnando il ritmo del Parkinson con colpi d'occhio fulminei e battute saettanti, ricche di un humor è sempre dal sapore forte di sana carica umanitaria.
Il coraggio non gli è mai mancato. Proveniva dalla Terra dei Re. Gli avevano dato il nome patrizio da imperatore romano, lui lo cambiò in quello di un dio.
La sua corona: una cintura. Combatteva sul ring, ma di armi non ha mai voluto saperne. Per questo subì anche le sbarre e perse titolo e corona. Che riconquistò con orgoglio, con forza e con la rabbia genuina del bambino che è sempre rimasto nel cuore di un vero gigante.
Il nome, corto e pungente, coerentemente scelto dopo la conversione, era una sorta di conferma della teoria di Massimo Troisi.
Muhammad Alì resta esempio di gloria e testimonianza di vita e di vitalità del pensiero che anticipa l'azione.
Sia modello caleidoscopico per inquietudini fanatiche di un mondo che quel pensiero sembra averlo smarrito nella rabbia cieca del rancore.
Il mondo intero l'ha amato e ammirato in ogni scelta e in ogni risvolto della della sua vicenda umana.
Facciamo nostra l'imperitura dichiarazione d'amore di un'insospettabile Mina Mazzini, nella prefazione del libro a lui dedicato da Gianni Minà - "Il mio Alì" edito da Rizzoli-RaiEri: "Ti ho amato molto, Cassius. E ti amo ancora".
Adesso riposa in pace!
(gelormini@affaritaliani.it)