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Il pudore dell'Europa e
il 'Carlo Magno' a Francesco
Migranti e Brexit nei colloqui Merkel-Renzi
di Pietro Francesco De Sarlo
La settimana appena trascorsa ha messo ancora in primo piano l’Europa: premio Carlo Magno dato al Papa, i colloqui Merkel - Renzi sulle barriere al Brennero, le elezioni nel Regno Unito che sembrano anticipare un esito favorevole alla Brexit al prossimo referendum e, vedrete, nei prossimi giorni è molto probabile che si riparli della Grexit.
Quindici anni fa di questi tempi invece non si faceva altro che parlare dell’introduzione della moneta unica europea il 1 gennaio 2002. All’epoca molti, compreso me, vedevano in questo fatto l’inizio di un futuro prospero per l’Italia che avrebbe dovuto necessariamente abbandonare tutti i suoi antichi vizi per approdare alle nuove virtù europee.
Ottenuto l’ingresso nell’Euro i vizi continuarono. Di nuove virtù neanche l’ombra, ma un disinteresse generale nei confronti della governance europea. Mentre gli altri Stati, Germania in testa, si affannavano a piegare le scelte europee ai propri interessi nazionali noi continuavamo a litigare su come grattarci l’ombelico subendo distrattamente tutte le angherie e firmando trattati senza avere la consapevolezza dei guai che questi trattati ci avrebbero provocato pur di rinviare, governo dopo governo, i problemi al governo successivo.
Nel frattempo nel 2009 nubi scure si addensavano sulla Grecia (ma a noi che c’importava? “Siamo la prima … , la seconda … , siamo sessanta milioni …, noi PIG: mai!, la Grecia non ci tocca, ecc. “ ) finché nell’autunno 2011, sarà per un complotto o per le speculazioni finanziarie o per quello che vi pare, lo spread che schizzava in alto senza freni ci diede la sveglia: game over!
In questo momento siamo invece preda di due miopie opposte: l’uscita tout court dall’Euro oppure rimanere nell’ Euro a tutti i costi. Come al solito non riusciremo a prendere una direzione coerente e a fare delle scelte conseguenti e come al solito invece di gestire i problemi ci cadremo dentro.
La realtà è che, a prescindere dalla nostra volontà, l’Euro se i governanti europei non faranno immediatamente un cambio di rotta e di visione politica, salterà in aria perché in questi quasi quindici anni sono venuti a galla tutti i limiti strutturali della moneta unica.
Il limite principale, e sufficiente per il ritorno agli stati nazionali, consiste nella pretesa che la sola politica monetaria e la Banca Centrale Europea possano da sole esprimere indirizzi coerenti e universali per economie nazionali completamente diverse tra loro. Si può fare la stessa politica monetaria in Germania e nel Sud Italia? Si possono dare le stesse ricette economiche ai paesi del Nord Europa e a quelli del Mediterraneo?
La recente storia italiana, qualcosina riusciamo a farla anche noi!, ci insegna che questo è possibile. Alle forze di disgregazione della nostra giovane Nazione, che derivavano proprio dalle diversità delle economie regionali, ad esempio della Lombardia e della Basilicata, negli anni ottanta si è tenuta comunque insieme la baracca.
Questo, nonostante il fatto che la politica agisse in un crescendo di cialtroneria che aumenta giorno dopo giorno ancora oggi tutti i giorni, per un unico fatto: chiunque abbia in mente di governare il Paese deve prendere i voti al sud, al centro e al nord. Tant’è che Salvini, che ha ambizioni di leadership nazionale, dimentica i vecchi slogan e chiede i voti a Roma ladrona come al Sud pieno di terroni e camorristi.
Potrà sopravvivere l’Europa alla Brexit, alle barriere austriache e alla Grexit? Indipendentemente dagli esiti di queste tre vicende finché chi ha ambizione di governare l’Europa non sarà costretto a chiedere i voti a Berlino e, contemporaneamente, a Reggio Calabria non sarà possibile.
Ogni leader risponde solo al proprio elettorato e l’Europa viene costantemente sconfitta ad ogni elezione dalla pretesa dei vari leader, che sono tutti leader locali, che l’ Unione serva non per contemperare gli interessi di tutti i singoli Stati in un interesse generale ma solo per soddisfare i propri interessi e egoismi nazionali.
In questo i paesi del nord Europa sono maestri. La Germania, ad esempio, prima salva le proprie banche e poi mette vincoli per tutti e impedisce agli altri di salvare le proprie; prima sfora i parametri per costruire le infrastrutture indispensabili per gestire la propria unificazione e poi impedisce agli altri di fare la stessa cosa.
Non lo dico per fare polemica, anzi tanto di cappello. Ho lavorato per circa sei anni in una primaria azienda tedesca e se devo dire quale sia la differenza sostanziale tra l’approccio tedesco e il nostro direi che la Germania in ogni cosa prima determina l’interesse generale (Deutshand uber Alless) e poi, salvati gli interessi generali e all’interno di questi, ciascuno può come meglio crede pensare ai propri interessi particolari.
In Italia prima si salvano i propri interessi particolari e poi … basta! Al resto ci penserà qualcun altro! Chi? Boh! E alla fine magari ci penserà, ancora una volta, proprio Angela Merkel e ad usum Germania. Non so che fine farà l’Euro e l’Europa ma sarebbe opportuno, saggio e di buon senso essere pronti al disastro. Qualche tempo fa con estrema lucidità il professor Paolo Savona aveva spiegato la necessità di varare un piano di emergenza per essere pronti all’eventualità, sempre più prossima, di una uscita dall’Euro.
Sono certo che la Germania questo piano lo ha nei cassetti da tempo come sono altrettanto certo che la voce di Paolo Savona sia stata una vox clamantis in deserto. Tutti i governanti riuniti davanti al Papa hanno fatto il mea culpa e promesso uno scatto di reni nella gestione comune almeno dei migranti.
Tutti hanno proclamato le proprie buone intenzioni per potersi guadagnare il Paradiso davanti alle lungimiranti parole del Papa di toccante umanità e piene di senso etico, oltre che di visione pratica e politica. Appena tornati in Patria saranno risucchiati dai propri elettorati. Si sa di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’Inferno.
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Pubblicato sul tema: Francesco, la Madre Europa e le radici umanistiche