PugliaItalia
Il Sud implora Matteo Renzi
"Presidente, faccia fare a noi!"
Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, arriva a Bari per l'inaugurazione della Fiera del Levante. Attesa per il suo intervento, in particolare per quanto riguarda le prospettive e le strategie governative relative al Mezzogiorno d'Italia. Affaritaliani.it - Puglia ha aperto il dibattito sul tema, con la prima puntata delle considerazioni di Ennio Tangrosso, che faranno da trama stimolante alle riflessioni e a i contributi dei lettori. Per l'occasione è stato attivato anche il profilo tweeter: @facciamodasoli - (ag).
Tornando al minacciato Masterplan di Renzi, la verità e che oggi la questione Meridionale è altra cosa e non abbiamo nessuna intenzione di ricominciare da capo, tanto di cappello a Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci, Guido Dorso, Pasquale Saraceno, Mario Rossi-Doria solo per citarne alcuni tra quelli più autorevoli e che meglio si sono applicati.
E’ stato già tutto scritto, dibattuto, spiegato, narrato, normato, attuato ed in parte sperimentato, mi dispiace deludervi non solo non funziona, ma ogni volta che qualcuno è voluto intervenire è stato peggio. Assai peggio o come dicono a Firenze (per farci comprendere meglio da Renzi) “di molto peggio”.
Tanto per intenderci, più volte si è tentato di fare del mezzogiorno un novello “Eldorado”, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti, l’elenco dei fallimenti sarebbe infinito basta annoverare i più noti: Bagnoli, Taranto, Gioia Tauro, Augusta, Manfredonia, Porto Torres.
Chi non ricorda l’epopea delle “Cattedrali nel Deserto”, grandissimi investimenti, altrettanti enormi impianti industriali, forse sono da immaginare solo per caso in alcuni dei posti più belli e puliti delle rispettive aree geografiche meridionali.
Tutti interventi disastrosi se non catastrofici, prendete Bagnoli senza considerare gli investimenti iniziali l’attività industriale ha prodotto assai meno di quanto oggi costa la bonifica e la riqualificazione dell’area, un tempo occupata dall’impianto siderurgico; realizzato, neanche a dirlo, in uno dei posti più incantevoli della costa campana, proprio di fonte all’isolotto di Nisida.
Bagnoli senza il siderurgico poteva, a ragione, qualificarsi come la spiaggia dei napoletani. D’altronde se avessero istituito un reddito di cittadinanza per i diecimila occupati circa dell’acciaieria, senza calcolare il lungo periodo pagato per la cassa integrazione, dagli anni 70’ all’inizio dei 90’, avremmo risparmiato alcune centinaia di milioni di euro.
Nessun commento su Taranto, una città baciata da Dio, a cavallo tra due mari, una sorta di acquerello, paesaggisticamente parlando, un capolavoro di colori e di suggestioni, coste cristalline, scorci d’incanto, porto ancestrale, mitili squisiti, circondata da giardini di aranci e di mandarini ad un soffio dalla Valle d’Itria, un paradiso in terra che nonostante l’Ilva, l’Eni, la Cementir, etc. vale ancora la pena di visitare.
Che dire di Augusta, da presso a Catania, la città è per metà sulla terra ferma per metà su di un’isola, un incanto per posizione e per clima. Pensate che a soli cinque chilometri sul lato opposto della piccola penisola vi sono i più suggestivi villaggi turistici della Valtur e del Mediterraneè (e…ho detto tutto) e indovinate dove hanno messo la raffineria, ma nel bel mezzo del golfo proprio sulla spiaggia di fronte all’isola di Augusta. Roba da chiodi. Ma chi le pensa? Chi le studia queste “location”? (si dice così in renzese) sarebbe bello conoscerli e affidarli, magari, alle cure degli abitanti del luogo.
Gioia Tauro si trova sullo stesso tratto di mare di Tropea, spiagge bianchissime e mare da bere, mentre Porto Torres si trova a poco più di venti chilometri da Stintino e dal Parco dell’Asinara non molto distante dalla costa più chic e alla moda d’Europa, la mitica Costa Smeralda.
Lo so, con un paese tanto bello è difficile trovare luoghi acconci ad accogliere la bruttezza degli impianti industriali, sì però a volte veramente ci si impegna a fare il peggio possibile.
Prendete Manfredonia, la porta del Gargano, c’è un pezzo di costa abbastanza banale che dal centro del golfo va verso Margherita di Savoia, beh! Dove collocano lo “stabilimentone” petrolchimico dell’Anic (inseguito divenuto Enichem)? Dall’altro lato della città nella piana di Macchie, quella che divide Manfredonia da Mattinata in una località che per la bellezza e trasparenza delle acque si chiamava “l’acqua di Cristo”. Una baia dalla quale basta sporgersi appena poche centinaia di metri per veder d’infilata i famosi archi/faraglioni di Baia delle Zagare.
E questi sono solo alcuni dei doni confezionati nel corso degli anni da quelli che ci volevano aiutare a forza.
Come nel romanzo cult di John Steinbeck[1]: “I pascoli del cielo”, il regalo non solo è forzoso, ma assume il valore di un vero e proprio ricatto morale. Insomma non è né gratuito né finalizzato al piacere di donare, serve a farci prendere coscienza della nostra condizione di “poveri, di bisognosi”. È un regalo che vuole offenderci da un lato e a renderci infelici dall’altro.
Poi dice che quando uno sente parlare di “masterplan” per il Sud si tocca, certo che si tocca e si ritocca pure e vorrei vedere.
Lo so! E che non lo so, che ci sono state soluzioni alternative alle Cattedrali nel deserto. Prendiamo i “Patti territoriali” o i “Contratti d’area” che dir si voglia: incentivi, agevolazioni, fondi perduti, contratti di favore per le assunzioni, agevolazioni fiscali, tutto preciso. Infatti, sono venuti in tanti, imprenditori nazionali ed esteri, hanno sottoscritto patto, intascati fondi, costruito capannone, assunti pochi, messe a frutto le agevolazioni, chiesto agli operai di trasferirsi presso le aziende madri (Veneto, Lombardia, Trentino, etc.) licenziati reticenti, fallite società di comodo, chiuso capannone, finito “patto territoriale”, morto “contratto d’area”. Meridionali: malavitosi, ladri, ignavi, indolenti, incapaci!
Ci restava l’agricoltura, ormai autonoma, altamente tecnologizzata e pure di qualità, in tanti ci avevano creduto, si erano entusiasmati a fare quello che sapevano fare meglio, ma soprattutto, che a loro piaceva fare di più: coltivare, conservare e trasformare i prodotti della terra. Ma ognuno ha la sua sorte, la nostra prende sempre lo stesso verso, quando uno si diverte e vuole fare da sé, arriva sempre qualcuno che ci porta i regali.
E così arrivano i rifiuti tossici con i quali c’è da guadagnare tanto, senza lavorare e chi ce li porta? Sempre quelli che ci vogliono aiutare (Piemontesi, Lombardi, Veneti, Tedeschi e non solo come riportano i verbali delle indagini giudiziarie) e così un posto che produce in termini percentuali meglio e più della California riesce a trasformarsi nella “terra dei fuochi”.
Ma il Casertano, il Matese, il Cilento, sono posti disegnati dal Padreterno e destinati agli uomini che con lavoro e fantasia potevano farne mirabilie e dunque? ... giù regali, cosicché a distanza di alcuni decenni, tanto ben di Dio oggi produce solo sospetto e diffidenza: ortaggi, frutta, latticini di primissima qualità nessuno li vuole più, portano una sorta di marchio al contrario. Infatti, potevano essere dei prodotti di pregio, oggi sono considerati prodotti a “marchio tossico” anche se non contengono veleni, il sospetto accomuna tutti, ma proprio tutti, i prodotti provenienti dalla Campania e in qualche misura anche quelli dei territori limitrofi. Grande regalo!
Per assecondare l’indebito arricchimento di pochi affiliati, persone senza onore né dignità, capaci di prostituire la propria casa, il resto della popolazione sconta un terribile contrappasso fatto di discriminazione e, in alcuni casi, di malattia.
A dirla tutta, i delinquenti non erano solo quelli che interravano le sostanze pericolose nel giardino di casa, ma erano anche e soprattutto quei galantuomini che volevano disfarsi delle sostanze tossiche con poca spesa.
Ora, mentre, mi pare giusto, che si ricerchino i colpevoli tra le diverse famiglie di camorristi, mi chiedo, se si sta facendo altrettanto con i capitani d’industria ed i manager illuminati che si arricchivano all’unisono e più dei “guaglioni” campani spandendo i rifiuti tossici al Sud?
Nel contempo, in altre parti del “dimesso” Sud movimenti ed iniziative imprenditoriali autoctone si palesavano con insolita e vivace baldanza; decine le aziende agricole che trasformavano la loro produzione in biologica, seguendo le tendenze dei mercati e dei desideri dei consumatori, molte anche le cooperative di agricoltori[2] che costituivano etichette e avviavano filiere di trasformazione e commercializzazione di prodotti.
Non ci credete? Andate a verificare sugli scaffali degli autogrill di tutta Italia, più del 50% dei prodotti alimentari è “Made in Sud”. Sempre nuove etichette di vini e di oli competono con le più famose produzioni centro settentrionali, un moto spontaneo che cresce sulla cultura tradizionale e su balbettanti quanto efficaci politiche di marketing.[3]
Ma nel bel mezzo di questo processo di “vivificazione”, nel turbine dell’entusiasmo, nello stordimento del rimescolamento culturale, nel parossismo dell’innovazione economico-produttivistica locale non ci arriva un altro regalo?
Un regalo grandissimo, oserei dire di proporzioni smisurate e per giunta “environmentally friendly” (significa semplicemente amico dell’ambiente) ovvero: campi eolici e fotovoltaici, centrali a biomasse e gassificatori, come se piovessero.
Non è geniale? Sul versante tirrenico i veleni ed i tossici su quello adriatico il polo ecologico. Eppoi dicono che nessuno ci pensa?
Ma lo sapete che tutte le rilevazioni con tanto di mappatura ufficiale degli istituti più accreditati dello Stato confermano che il vento adatto a far girare le possenti eliche delle torri eoliche spira solo in Campania, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna? Incredibile ma vero! Quello che non è riuscito a fare lo Stato Nazionale era già scritto nei piani della natura.
Nebbia e neve al Nord, sole e vento al Sud, la cosa sospetta è proprio la mappatura, la cosiddetta “anemometria” dei territori, ma siamo certi che non ricalcano vecchi piani della defunta Cassa per il Mezzogiorno redatti per lo sviluppo delle “aree depresse”? Insomma, non è che il vento oggi asseconda le linee di indirizzo della “Grancassa” circa le regioni “sottosviluppate”? Delle due l’una o a fare i piani di sviluppo dell’epoca è stato Eolo o la Cassa per il Mezzogiorno ha indicato al vento che strada prendere.
“Capitolo sole” e per quello non c’è bisogno di mappe, dal Rubicone in giù siamo più esposti, quindi dove uno vuole si può stendere. Proprio come hanno fatto le società fotovoltaiche, dove hanno potuto hanno impiantato.
La riprova ne è la Puglia, dal Fortore a Santa Maria di Leuca, migliaia di torri eoliche ed altrettanti campi di pannelli fotovoltaici, una regione bellissima, un territorio ambito nei secoli da schiere di invasori (dai Dauni ai Russi) trasformato in una immensa centrale elettrica, naturalmente con la gioiosa promozione fatta del Presidente ecologista Nichi Vendola.
Uno che ad annunci e invenzioni lessicali, insomma a chiacchiere, non è secondo a nessuno, neanche a Renzi.
Un comunista dei nostri giorni, contemporaneamente riformista e nostalgico, un polemico affabulatore, un prorompente neo-sviluppista ma convinto antiliberista, un abbonato RAI, sempre con la poltrona in prima fila (francamente preferisco l’imitazione di Checco Zalone, risulta più simpatica dell’originale), è lui che ha spalancato le porte della tarantolata Puglia alle multinazionali della speculazione energetica.
Pensate che oggi assieme ad altri suoi fieri corregionali si oppongono (con garbo) alla trivellazione delle coste adriatiche da parte delle multinazionali degli idrocarburi e al metanodotto trans-adriatico denominato TAP (Trans Adriatic Pipeline).
Già se l’immaginano i pugliesi l’esito di tale “feroce opposizione”, già se lo vedono l’orizzonte futuro del loro splendido mare costellato di decine e decine di piattaforme petrolifere e l’attracco della TAP nel bel mezzo delle coste Salentine. Così tutti i pugliesi, assieme a Nichi e alle sue schiere di garbati oppositori, potranno andare in piazza a ballare contenti al ritmo frenetico della pizzica. Ed in mancanza di una piazza abbastanza grande da ospitare il flash mob tarantolato possono sempre riunirsi sull’isola artificiale costruita nel bel mezzo del golfo di Brindisi, luogo deputato, fino a poco tempo fa, ad accogliere uno dei più grandi “gassificatore” d’Europa.
Lasciateci perdere, niente aiuti, niente Masterplan, niente regali! Facciamo da soli!
Non abbiamo bisogno di altri insediamenti turistici, lo specifico della nostra industria dell’ospitalità si basa sulla nostra spontanea e innata capacità di essere accoglienti e lo siamo con uguale passione sia con quelli che pagano, sia con quelli che vengono in gommone o a nuoto da tutte le altre sponde del mediterraneo per venirci a trovare (in un certo qual senso anche loro hanno già pagato ed anche più del dovuto).
Così come non abbiamo bisogno di infrastrutture, chi viene da noi sa a cosa va incontro, ci viene anche per quello o no? Strade “dirupate”, tortuose, in parte franate, in parte incompiute, cantieri sotto sequestro e gallerie non terminate, viadotti che finiscono nel nulla, ma vuoi mettere il fascino dell’avventura contro la noia del tutto pianificato? Un rilassante viaggio, per necessità, lento, placido, singhiozzante, quasi indolente a fronte della frenesia di un correre veloce per raggiungere il luogo di vacanza? Mancherebbe di pathos!
E’ assai più bello giungere alla meta dopo un transito faticoso e pieno di imprevisti, che giungervi senza intoppi, lo si sa da molti secoli, altrimenti il successo eterno ed universale dell’Odissea non ci ha insegnato niente.
Ma proprio per la nostra caratteristica accoglienza io, ma anche noi, non apprezziamo le masse brulicanti ed omologate di turisti sudati, affannati, frettolosi e distratti, preferiamo flussi moderati, seppur continui di persone che vengono a trovarci per condividere con noi abitudini, ambienti, paesaggi e pietanze.
Insomma, non vogliamo turisti “scappa e fuggi”, né visitatori iperattivi, amiamo piuttosto dei villeggianti paciosi, vivaci eppure colti che sappiano coltivare il gusto dell’otium[4], in senso latino, come esercizio di creatività, di riflessione, di contemplazione, di elaborazione mentale. In buona sostanza quell’esercizio superiore dell’intelletto umano che viene esercitato tramite relazioni interpersonali, elaborazione degli stati emotivi, percezioni sensoriali. Insomma vogliamo quelle persone che sappiano apprezzare l’armonico rapporto che esiste tra i luoghi e lo spirito che li anima (il cosiddetto genius loci).
Insomma, venire a villeggiare al Sud deve essere una vacanza dell’anima e dei sensi, una accoglienza tra simili per il piacere comune della condivisione e della reciproca conoscenza.
Perdonatemi, so di dire cose distanti e fuori dagli schemi di pensiero contemporanei e dei più, ma che volete fra quelli che sono passati per le antiche mura della città dove sono nato vi erano folte schiere di bizantini e come si sa quelli fumosi e cavillosi assai erano e, in me, in noi, ancora qualche cromosoma gira, ma non ditelo a Salvini altrimenti quello ci intima di tornare a Costantinopoli.
Forse nessuno vi ha mai avvisato, ma anche noi siamo ospiti, ospiti stanziali di terre bellissime alle quali ci siamo conformati per viverle meglio, per assaporare ed apprezzarne degnamente lo sfavillante splendore. Siamo ospiti stanziali di terre particolari che prima dell’avvento della religione economica, erano definite paradisiache e che a seguito dei miti del Dio danaro, esposti agli ossessivi rituali dei sacerdoti delle finanze e ammoniti dai profeti dello sviluppismo sono state poi definite povere.
E noi soggiogati dalla forza dei loro vangeli, pervasi dalla pastorale delle loro chiese, formati dalla loro incessante catechesi ci siamo assoggettati al loro credo.
Queste terre prima dell’evangelizzazione economico-finanziaria erano considerate opulente, ricche di ogni grazia di Dio, piene di fascino con ambientazioni diverse, ubertose ed amene, straripanti di storie e di narrazioni bellissime di un fascino che ancora oggi è capace di soggiogare ogni viandante.
Prendete la Sicilia di Montalbano, la canzone napoletana, l’accorato canto dell’epica contadina di Scotellaro, il crepitare dei fuochi del Basento di Nigro, il ribaltante pensiero meridiano di Cassano, l’antropologia calabra di Minervino, la ipocondriaca paesologia di Arminio, il coraggioso brulicare dei formiconi di Fiore, i paesi d’ombre di Dessì, le sagaci ed erudite storie di Carofiglio, sono solo alcuni dei mille aspetti del Sud che sa riflettere comprendere e raccontare la sua storia da sé.
Un Sud che non aspetta nessuno perché consapevole di avere tutto quello che serve per vivere bene, un Sud che percepisce i suoi vantaggi, le sue fortune, le sue straordinarie ricchezze, i suoi privilegi, un sud che impara finalmente a riconoscere i suoi specifici talenti e ne gode fieramente.
Agli altri può apparire irritante, ma oggi sembra che i meridionali dicano: “nonostante la partenza dei bastimenti, nonostante lo sferragliare di lunghe tradotte che ci hanno svenato nel corso degli ultimi 150 anni, siamo ancora qua”. Nonostante l’accanimento di politici ed industriali[5], a sfregio delle Casse per il Mezzogiorno e dello Sviluppo Italia, in barba ai fondi strutturali europei, oltre i tradimenti e le speculazioni, siamo ancora qua… e già (come direbbe Vasco Rossi).
I Meridionali ringraziano dell’interesse, non certo di quello mostrato per “aiutarci a viva forza”, bensì dell’interesse di quanti venendo a visitarci si sono innamorati dei luoghi e dei nostri modi di vivere.
I Meridionali ringraziano per l’apprezzamento, la vicinanza, l’affetto, ma ora chiedono - a chi ci vuole veramente bene - di farsi portavoce delle nostre richieste delle nostre autentiche aspirazioni.
E’ ora che tutti, politici, imprenditori, finanzieri, ingegneri, economisti, intellettuali, giornalisti, leghisti, salvatori della patria di ogni sorta e qualità, siano informati della notizia: “sappiamo e vogliamo scegliere da soli cosa vogliamo essere”.
La nottata per il Sud è già passata, ora senza sussiego, ma con sincero spirito di condivisione potremo dare ad altri la nostra esperienza affinché anche chi vive altrove possa passare il meno penosamente possibile la sua nottata.
State tranquilli noi non portiamo regali, tutt’al più una valigiata di vettovaglie perché per noi condividere ed essere conviviali è sempre un piacere… avanti c’è posto! Ma detto col cuore e con un lessico comune a tutti i dialetti meridionali: favorite, favorite!
Lasciate perdere questi masterplan, tanto finiscono sempre allo stesso modo: un alibi per i governanti che possono vantarsi di averci provato, una speculazione per i soliti furbi[6] che sanno come approfittare delle situazioni, una ennesima delusione per i tanti italiani che ci speravano.
(2 - continua)
[1] Premio nobel per la letteratura nel 1962.
[2] Cosa mai prima avvenuta per l’estremo individualismo e lo scarso capitale sociale di molte comunità cittadine meridionali.
[3] Questo è potuto avvenire anche perché…sorpresa! scommettiamo che più del 60% dei giovani che si laureano nelle nostre Università comprese quelle del profondo Nord sono figli di famiglie meridionali? Anche qui basta poco per verificare l’attendibilità dell’affermazione, il dato è recuperabile dagli elenchi dei laureti ateneo per ateneo.
[4] In Puglia esiste persino una manifestazione che si svolge in provincia di Foggia tra Lucera, Troia, Bovino e altri centri dell’Alta Daunia denominata “Ecotium” una sorta di festival dedicato alla “Economia dell’Ozio”. Per maggiori informazioni visitare il sito: www.dauniavetus.it
[5] Un canzone sfortunatamente poco nota di Lucio Dalla che s’intitola: "Fiuto", dedicata a Napoli e cantata in coppia con il premio oscar Tony Servillo recita: Né governi o terremoti / Né ministri né Borboni / Pensa si ci a fanno 'sti coglioni / Ad ammazzare 'sta città: una perfetta metafora per l’intero Sud.
[6] Non necessariamente indigeni.
---------------------------
Pubblicato in precedenza: Renzi, il Masterplan per il Sud. La paura corre sul filo