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Joseph Tusiani, il poeta garganico ‘universale’ - Il ricordo
A un anno dalla morte del poeta e traduttore italo-americano a New York, nato a San Marco in Lamis-Gargano, primo a tradurre Le Rime di Michelangelo in inglese.
La storia di Joseph Tusiani è uguale a quella di mio padre, almeno nella parte relativa alla genesi.
Nasce nel 1924 in assenza del padre Michele, calzolaio, nel frattempo emigrato in America durante la gestazione della madre Maria Pisone, sarta, a San Marco in Lamis: cittadina del Gargano tra i presidi-devozionali di Monte Sant’Angelo e San Giovanni Rotondo.
Tre anni dopo quella a me più familiare, che vide mio nonno (di cui sono omonimo) partire per il Nuovo Mondo a maggio del 1921, con mia nonna Rosina incinta da quattro mesi dell’unico figlio, Giuseppe Sante (Santino), che partorirà nel successivo mese di ottobre.
Mio nonno, dopo aver rinviato il suo ritorno in Italia - 8 anni più tardi - per dare una mano al fratello in situazione precaria, durante la crisi 1929, morirà prematuramente durante un’epidemia influenzale nel 1933 e rimarrà sepolto a Washington nel St. Mary Catholic Cemetery.
Joseph Tusiani, accudito e allevato dall’amore unico e senza confini della madre, dopo un brillante percorso di studi classici, perseguirà la laurea ‘summa cum laude’ a 23 anni nel 1947 presso l’Università di Napoli, con una tesi sul poeta William Wordsworth. Un anno di svolta, perché acquisita la laurea, con la mamma raggiungerà il padre a New York, nel Bronx.
E solo 23enne al molo 86 del porto di New York, con quel padre conosciuto appena tramite un dagherrotipo, pronunciò per la prima volta quella che lui ha chiamato “la parola difficile”: Papà, così come narrato nel trittico autobiografico “La parola difficile”, “La parola nuova”, “La parola antica”, pubblicato da Schena Editore tra il 1988 e il 1992.
Gli inizi oltre Oceano non furono facili, a New York intraprese la carriera universitaria, insegnando al College of Mount Saint Vincent, e al Lehman College, della City University of New York, ambedue nel Bronx, e al tempo stesso tempo dedicando energia e impegno intellettuale alla sua vera passione: la scrittura creativa di poesia.
Fatale l’incontro con la scrittrice Frances Winwar (altra italo-americana, al secolo Francesca Vinciguerra), che lo spronerà alla padronanza della lingua inglese e al cambio del nome di battesimo Giuseppe in Joseph. Determinante, dopo un viaggio in Italia e il ritorno fugace nel Gargano, l’iscrizione - fatta dalla stessa Winwar a sua insaputa - a un concorso letterario in Inghilterra. Joseph lo saprà a sorpresa, quando gli verrà comunicato di essere risultato vincitore del prestigiosissimo Greenwood Prize della Poetry Society of England per la poesia. E’ il primo poeta d’America che vince quel premio.
Nel 1960 sarà il primo a pubblicare tutte le poesie di Michelangelo da lui tradotte in versi inglesi. È l’inizio di un’attività di traduzione poetica che diventerà il suo maggiore titolo di credito, rendendolo noto in tutti i dipartimenti di italianistica del Nord America.
L’elenco delle opere poetiche tradotte integralmente da Tusiani è stupefacente: include, oltre le Rime di Michelangelo, una antologia in tre volumi che presenta 113 poeti e 581 composizioni da San Francesco a Marinetti; e poi tutte le liriche di Dante, il Ninfale fiesolano del Boccaccio, il Morgante del Pulci, tutti i versi di Machiavelli, la Gerusalemme Liberata e Il mondo creato del Tasso, L'America libera: ode to America's independence dell’Alfieri, i Canti del Leopardi, Le Grazie del Foscolo. E inoltre, fra numerosi altri brani apparsi in rivista: le Stanze per le Lagrime di Maria Vergine Santissima et di Giesu Christo Nostro Signore, sempre del Tasso, gli Inni sacri del Manzoni, il “primo poemetto” Italy e il “poema italico” Paulo Ucello del Pascoli.
Nel 1983 lascia l’insegnamento. Il Lehman College gli conferisce il titolo di Professor emeritus e istituisce il Joseph Tusiani Scolarship Fund per borse di studio per italoamericani. Inarrestabile il suo lavoro di traduzione, composizione e narrazione in italiano, in latino, in inglese e persino nel suo dialetto, il dialetto garganico. Nel 1984 gli viene conferita la Congressional Medal of Merit del Parlamento americano.
In una lunga intervista di qualche anno fa, rilascia ad Alessia Massa, in occasione della Giornata Mondiale della Poesia - istituita dall’UNESCO - alla richiesta di scegliere alcuni dei suoi versi più rappresentativi, ai quali si sentisse particolarmente legato, il poeta rispose: “Sa che l’UNESCO ha iscritto il mio libro The Complete Poems of Michelangelo nella Serie permanente dei Classici in Traduzione? Ebbene, proprio Michelangelo, la cui poesia io ho fatto conoscere al mondo anglosassone, ha un verso stupendo che potrebbe essere il migliore augurio che si possa fare per il successo della Giornata Mondiale della Poesia: Una lucciola sol gli può far guerra. Come una sola lucciola può far guerra alla notte e sconfiggerla, possa la poesia, se non debellare, almeno dissipare l’enorme tenebra del male umano”.
Un patrimonio culturale pugliese e italiano che diventa eccellenza americana. I suoi testi poetici hanno fatto breccia e trovato apprezzamenti ed estimatori anche alla Casa Bianca, con il presidente John Fitzgerald Kennedy. Senza ombra di dubbio, i 76 anni ‘americani, a Joseph Tusiani poeta, scrittore, romanziere, traduttore hanno riservato onori e gloria al pari dei grandi autori con i quali per una vita intera “il poeta dei due mondi” ha costantemente familiarizzato nei versi.
Onorato di averlo e vederlo citato nella Prefazione al mio “Pentateuco Troiano” da Luigi Maruzzi, suo conterraneo garganico, e rivivendo sopite emozioni nel riscontro del comune nome di battesimo con mio padre, oltre all’incipit biografico, auspico che gli sia riconosciuta in patria - come spesso è successo ai grandi: post mortem - l’adeguata nobiltà della memoria e della celebrazione.
Il suo lascito testamentario in versi così canta: […] ho conosciuto un solo monte / ma ho cantato tutte le vette, / ho visto solo una valle, ma ho celebrato / ogni profondità […]
(gelormini@gmail.com)
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Pubblicato in precedenza: Antonio Motta, 'Gargano negli occhi. Pensieri di un flàneur'