La Puglia dei cori polifonici. Il caso della ‘Corradiana’
Il successo della Corale Polifonica di Molfetta sulla scia di Riccardo Muti
In onore di San Corrado patrono di Molfetta, le cui reliquie sono custodite nella Cattedrale che si affaccia sul porto - a tutela dell’antica sua vocazione marinara - è nata una decina di anni fa, nel 2007, una corale polifonica che la dice lunga su una vocazione musicale di questa bella e civile comunità, che dista pochi chilometri da Bari e che tra l’altro ha visto crescere, sino al compimento della maggiore età tra stradine pregne di salsedine marina e le aule del locale Seminario Arcivescovile, un musicista diventato famoso: al secolo Riccardo Muti.
Una culla non da poco - quindi - se pensiamo ad altre preziose istituzioni, che lavorano con adolescenti e giovani ugualmente appassionati, avviandoli alla pratica musicale colta; per tutti citiamo la Scuola Dvòrak (fondata dal compianto don Salvatore Pappagallo), tuttora viva e vegeta e capace di sfornare fior fior di praticanti, che vanno ad infoltire i banchi del Conservatorio Piccinni di Bari, proprio laddove Muti calcò i primi passi da talentuoso pianista.
L’ultima arrivata in ordine di tempo è dunque la Cappella Musicale Corradiana, che si è via via consolidata sulle voci di giovani cantori locali, non professionisti, che trattano prevalentemente il repertorio sacro con particolare interesse per quello rinascimentale e barocco. Ma non per questo trascurando la letteratura musicale profana, con esiti che si spingono al '900 con musiche di Domenico Bartolucci, già 'mitico' direttore del coro della Cappella Sistina.
Il coro è diretto da un interessante musicista e suo animatore, il M° Antonio Magarelli, e si è recentemente esibito a Bari in due concerti presso l’Archivio di Stato e la Chiesa di S.Teresa dei Maschi, nella città vecchia, forte della collaborazione del soprano Annamaria Bellocchio e dell'organista Gaetano Magarelli.
Per la verità, una certa qual predisposizione pugliese alla pratica del canto corale di qualità (non solo liturgico) la si rintraccia nel tempo, quando ad esempio Nino Rota in persona, alla metà degli anni Sessanta come direttore del conservatorio, fondò a Noci, presso la locale Abazia benedettina della Madonna della Scala, una Scuola di canto gregoriano e una compagine corale - Novum Gaudium - sulla scìa di competenze maturate ad Assisi e a Solesmes dal padre Osb Anselmo Susca.
Per non tacere della antica Schola Cantorum di don Cesare Franco, in quel di Acquaviva delle Fonti, risalente agli anni Cinquanta del ‘900 o infine della gloriosa Accademia Polifonica Barese fondata e diretta da Biagio Grimaldi e Donato Marrone e tuttora operante nella città capoluogo di regione all’ombra tutelare del capitolo metropolitano nella Cattedrale di S. Sabino.
Il M° Magarelli, in grazia del suo coro molto affiatato, davvero impeccabile nella intonazione e nell’amalgama delle voci (tra cui, splendide, quelle dei soprani primi ) ha elaborato la trascrizione di alcune opere di Francesco Durante; ha diretto, in prima assoluta l’Inno al Sole di Giuseppe Millico (1737-1802) ed ha inciso opere corali del compositore contemporaneo Francesco Lisena e la Passio Domini Nostri Iesu Christi secundum Ioannem del molfettese Vito Antonio Cozzoli (1777-1817), altro negletto musicista della scuola napoletana di ascendenza pugliese.
Il programma presentato a Bari è senza meno meritevole di altri ascolti, di altre conferme, e magari di un pubblico più numeroso data la qualità delle proposte squadernate sulla polifonia di stampo europeo (Byrd, Robledo, de Victoria, Morales) e italiana col vertice assoluto dei tre stupendi mottetti di Pierluigi da Palestrina.
Osiamo pertanto avanzare una sorta di provocazione: non sarebbe giunto il momento di ospitare un tale coro superlativo non nella solita cornice "Cattedratica o semplicemente ecclesiastica, ma in un vero e proprio contesto teatrale?
La ‘spettacolarità’ insita nella interpretazione di un coro polifonico, ricca di testi sublimi spesso assai meno banali dei libretti operistici, indurrebbe l’ascoltatore meno abituato alla complessità del contrappunto vocale ad un godimento estetico senza pari.
Perché non avvicinare anche il pubblico dell’opera in musica o del concertismo ad un patrimonio musicale eccelso su cui, alla fin fine, si è poi storicamente fondata tutta la grande e secolare stagione della musica europea? Perchè a dirla tutta, insomma, forse tutta la modernità di Igor Stravinsky non ci sarebbe stata… senza i madrigalismi del sommo Gesualdo principe di Venosa.