Referendum, il dibattito
"NO, non in questo modo"
Il dibattito sul Referendum Costituzionale: "Riformare, ma non in questo modo"
Alla fine potrebbe essere un NO: pesato, riflessivo e per certi versi anche sofferto, ma la decisione tende al "NON IN QUESTO MODO".
Avete presente il provvedimento di esproprio del Teatro Petruzzelli, che sbloccò lo stallo ventennale dell'immobilismo inconcludente, pose fine a tutte le diatribe della galassia di interessi contrapposti, riavviò i lavori di restauro e consentì la riapertura del Politeama? La Corte Costituzionale, successivamente, sentenziò che lo strumento utilizzato non era appropriato - non entrò nel merito dell'esproprio - e riaprì la contesa sulla proprietà del Teatro barese.
Una vicenda che ancora oggi, nonostante la maggioranza in Parlamento e il Governo siano più forti di quella che "sbagliò" lo strumento legislativo, resta ancora indefinita, sospesa, trascurata e direi colpevolmente irrisolta.
Ecco, sono le modalità che mi insospettiscono - anche stavolta - prim'ancora che il merito degli interventi. Non mi preoccupo di chi è a favore o contro, ciascuno per ragioni che ritiene valide dal proprio punto di vista e che rispetto, anche se non condivido. Ma mi hanno insegnato a formarmi una personale opinione, al di là dei flussi e delle onde di pensiero. Anche perché se sali su un treno, su un aereo o su un autobus i compagni di viaggio non li scegli. Te li ritrovi vicino, magari diretti verso la medesima destinazione, ma per motivi spesso diversi.
Non mi piace "il pacchetto" - molto variegato e dettagliato - su cui si è chiamati a votare con un solo SI' o NO. Infatti ci sono cose che condivido, per cui vorrei votare SI', ma molte altre che non condivido che mi portano a votare NO. Decidere per "media ponderata" accresce il peso della responsabilità e mi accende timori e incertezze.
Mi fa ricordare le delusioni provate da ragazzo, quando all'edicola si compravano i bustoni-sorpresa: una sola cosa buona e tante 'fregature'.
Ma soprattutto, riprendendo il fatidico art. 70, provo ad andare oltre l'immediato e ripetutamente discusso parallelo tra le 9 parole della versione Padri Costituenti, e le 439 (come i metri d'altitudine del mio paese: Troia - Fg) di quella prevista dalla revisione in corso, sottoposta a referendum.
La forzatura in atto è quella di un articolo tipico di una legge ordinaria, che acquisisce la forza e la personalità di una norma costituzionale.
In pratica: l'operativo diventa indirizzo, l'applicazione si fa principio generale. Temi, argomenti e iter che in legge ordinaria possono normalmente essere modificati - se alla verifica dei fatti mostrassero limiti, derive ed effetti imprevisti - in tal caso, blindati dal carattere costituzionale assunto, diventeranno inossidabili e difficili da emendare, se non attraverso percorsi straordinari.
E questo, a me che ho trascorso una fase importante della mia formazione a disquisire di Costituzione formale e Costituzione materiale, nonché di equilibrio dei poteri e diligenza di Montesquieu, alla corte giuridica senza blasone di Enrico Dalfino, sinceramente fa paura!
Non mi piace, infine, che su un referendum "confermativo" ci si possa dividere, come sta accadendo in questo caso. Chiedere al popolo di "legittimare" la confusione espressa da questa classe dirigente è il vero limite di questo appuntamento elettoral-referendario.
Fatemi passare la paura e sarò ben lieto di cambiare verso!
(gelormini@gmail.com)
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Pubblicato sul tema: Referendum, il dibattito "SI', liberarsi delle ombre"