Roma
Cucina social, grilli e carne sintetica, l'ira di Campoli: “Basta, studiate”
Fabio Campoli contro gli chef che proliferano sui social: “La cucina ha un'etica e un suo linguaggio, vittime dei trend e della globalizzazione”
Ricette monstre, consigli, horror food e food porn: la cucina e la gastronomia dilagano sui social ma c'è chi dice no. Fabio Campoli taglia corto: “Uno non può essere un milione, i social sono un gioco, chi social gioca, chi vuole imparare studia”.
Cuoco e non chef, consulente di grandi gruppi anche internazionali, tra i primi ad abbinare padelle e comunicazione di settore con una trasmissione in Rai e partecipazioni a pellicole come Mission Impossible 3, Mangia prega Ama ma anche To Rome with Love di e con Woody Allen per finire con Tolo Tolo di Checco Zalone, Fabio Campoli rompe lo schema della cucina per tutti e della proliferazione di influencer per spargere il seme della cultura del cibo. La sua base operativa è il Car di Guidonia dove lo hanno soprannominato affettuosamente “personal chef”.
Allora Campoli, siamo tuti chef come siamo tutti allenatori di pallone?
“Sì come siamo tutti fotografi, come siamo tutti videomaker ma dobbiamo rispettare l'etica. Un cuoco non fa da mangiare, la cucina ha l'etica e un suo linguaggio codificato. Vengo da tanti anni di comunicazione e dopo 9 anni in Rai ho lavorato su cultura, progettazione. Io ho un'azienda di progettazione gastronomica. Sui social possiamo giocare na non dobbiamo dare cattivi esempio. Vorrei usare i social per guidare con educazione e rispetto”.
Quali sono i rischi di una cucina fai da te e persino raccontata sui social?
“Sono i trend, non si guarda alla storia e la stiamo globalizzando: ormai mangiamo tutti uguale. Abbassiamo il valore culturale e devastiamo il prodotto Italia. E poi c'è l'educazione alimentare che cura il territorio.La globalizzazione lavora contro le piccole realtà. Ma quando chiuderà l'ultimo casaro mangeremo parmigiano, gorgonzola e pecorino. Se perdiamo il valore di base perdiamo tutto quello che si sta facendo. E poi stì influencer fanno un sacco di chiacchiere e l'effetto sui giovani è che nessuno vuol fare più il cuoco vanno tutti in cooperativa e prendono due soldi Stiamo distruggendo anche il lavoro. Non è la colpa dei ragazzi ma dell'esempio che gli diamo. Io solo per le foto ho 20 anni di esperienza, qui postano tutto tutti. Mi spiace ma ci stiamo livellano in basso per il bello”.
Farina di grilli?
“La prima domanda è perché? Secondo me stiamo perdendo il lavoro.. e come la cane sintetica”.
Ecco la carne sintetica, ce n'è bisogno?
“Stiamo andando verso la robotizzazione e l'intelligenza artificiale. Secondo me sta roba non ci serve, non ne abbiamo bisogno. Noi stiamo dando in pasto a noi stessi qualcosa che non viene dalla natura”. Dunque, i social sono diseducativi? “Io sono entrato su TikTok perché mi voglio dedicare ai giovani. Ogni domenica faccio un live alle 21,30 perché non possiamo permettere che si generi maleducazione e ignoranza per fare like. Se me lo fa un ragazzino c'è margine se poi lo fa un 50 enne che insegna siamo rovinati”.
Però i trend garantiscono fama, verrebbe da dire “è la moda, bellezza”...
“I trend del digitale ci stanno portando alla ristorazione digitale e per fare commercio si è costretti a seguire i desideri indotti”.
Vuol dire che i social sono un'arma di ristorazione di massa?
“Il Covid ci ha cambiati perché entrato il take away. Prima un cibo rimaneva un minuti all'aria ora ci sono piatti che stanno fuori una giornata. Siamo diventati americani con le creme. Per anni abbiamo fatto la lotta al burro e ella panna e adesso tuti quanti fanno creme. Dalla panna gli amidi. E il picco glicemico che dà tanta gioia”.
Carbocrema nella carbonara sì o no?
“Carbocrema assolutamente no. Come risottare la pasta che è un termine sbagliato. Come si fa a tostare la pasta? Si tosta il riso non la pasta”.
Ma i social magari fanno sognare tanti giovani. Uno chef guadagna, è una prospettiva?
“Partono in mille, ne arriva uno perché non abbiamo davanti uno biettivo reale. Secondo me stiamo sbagliando. E' tutta manodopera che prima era un passaggio ora è diventata una costante. Se non diamo obiettivi di crescita ai giovani con lo studio finiremo per vedere nelle cucine ragazzi del bagladesh o cooperative. E chi sogna non troverà lavoro”.