Roma

Droga, ristoranti a fuoco e buttafuori massacrati: è la banda di Colli Aniene

Operazione “Blur Rose” della Polizia, smantellata organizzazione criminale che si ispirava alla banda della Magliana: 11 gli arrestati

Come la banda della Magliana: incendi dolosi a trattorie, pestaggi ai buttafuori delle discoteche, intimidazioni con l'uso di armi ma soprattutto lo spaccio di droga, un giro da “venti chili al mese” fra cocaina, hashish, marijuana, ecstasy e ketamina. Sgominata la banda che gestiva il traffico di stupefacenti nelle zone di Colli Aniene e Tiburtino III.

 

A scrivere la parola fine sulle attività dell'organizzazione criminale sono stati gli agenti della Polizia di Stato del commissariato San Basilio. Al termine dell'Operazione “Blue Rose”, nome del bar di viale Bardanzellu dove si riuniva la banda, sono stati arrestati gli undici criminali che ne facevano parte con l'accusa di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti psicotrope, lesioni personali aggravate, danneggiamento seguito da incendio in concorso su un furgone, porto di arma clandestina e munizionamento ed incendio in concorso.

droga colli aniene 5
 

L'organigramma della banda

A guidare la banda c'era Emanuele Seretti, vero e proprio capo, promotore e fornitore di sostanze stupefacenti del sodalizio; subito sotto di lui Alessio Nataletti, detto “Killeretto”, stretto collaboratore di Seretti. Poi i pusher deputati allo spaccio al dettaglio: Matteo Campanella; Lorenzo Capita; Francesco Lucci, detto “Lù” o “Lucci”; e Massimo Marra, detto “Er Maretta”. Completavano la banda Giacomo “Giacomino” Guglielmi, Sara Guglielmi e Nico Di Lorenzo, gli addetti alla custodia della droga, ed i fratelli Gabriele e Daniele Biscese, fornitori di armi.

Le indagini sulla banda iniziarono nel 2015

L’indagine ha inizio la notte del 6 luglio 2015 quando dei poliziotti sono intervenuti in via Bardanzellu per la segnalazione di un incendio in un locale denominato "Trattoria". Il proprietario dell'attività commerciale, tale Toffoli, era già noto agli investigatori, poiché nel maggio dello stesso anno, a seguito di perquisizione in un locale attiguo a quello incendiato, sempre riconducibile a lui, era stato ritrovato un revolver calibro 38. In quella occasione era stato deferito all'Autorità Giudiziaria il pregiudicato Alessio Nataletti.

Gli agenti iniziarono così una prima attività d'indagine consistente in appostamenti e pedinamenti prima, e intercettazioni telefoniche ed ambientali poi, con un’attenzione particolare nei confronti di Nataletti, dei fratelli Briscese e per il Seretti. Durante l'attività investigativa la figura di Seretti si è delineata completamente per il suo spessore criminale: nelle intercettazioni infatti, si vantava anche di poter smerciare “20 kg di droga al mese”. Questo era possibile grazie all'aiuto del fidato Nataletti e degli altri pusher indagati.

In un altro episodio il Nataletti si vantò di aver "pestato" a sangue un altro soggetto con il calcio di una pistola. Il quadro divenne ancor più allarmante quando, durante alcune intercettazioni ambientali nell'auto dei "capi" ("Killeretto" e Seretti), il gruppo manifestava la volontà di reperire armi, anche del tipo mitragliette, da utilizzare nei confronti degli investigatori, oppure di gambizzare il figlio minore di uno degli operanti, avendo intuito di essere indagati.

I membri della banda non erano nuovi alle pagine di cronaca

Ma l'attitudine criminale di alcuni degli indagati è stata confermata da altri episodi di cronaca come il ferimento di Alessio Nataletti avvenuto il 25 gennaio 2011: un pregiudicato esplose alcuni colpi di pistola ed uccise l'amico che si trovava con lui, tale Carlo Ciufo, cagionando al Nataletti delle lesioni permanenti che lo costrinsero a deambulare a vita a mezzo di stampelle. I fratelli Briscese invece il 27 Gennaio 2019 si resero protagonisti dell'efferato tentato omicidio nei confronti degli addetti alla sicurezza del locale "Cube", in via di Portonaccio, investendoli con un auto a seguito di una lite.

Nataletti, Seretti, Marra, Lucci, Di Lorenzo, e Guglielmi Giacomo e Sara, tutti romani, sono stati accompagnati in carcere, mentre nei confronti di Campanella e Capita è stata notificata l’ordinanza e sono stati posti agli arresti domiciliari. Ai fratelli Briesce infine, attualmente in carcere per altri procedimenti, è stata notificata la misura degli arresti domiciliari.

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