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Roma
Elezioni Roma, rivincita della società civile sui partiti: rottamati

di Marco Zonetti


Alla fine dell'ottobre scorso si concludeva la parabola di Ignazio Marino con le dimissioni in blocco di ventisei consiglieri comunali. Abbandonato (e pugnalato alla schiena) dal suo partito di riferimento il Pd, il sindaco Marino lasciava una Roma allo sbando travolta dallo scandalo di Mafia Capitale e una fiducia dei cittadini nell'amministrazione pubblica ai minimi termini. All'alba dell'evento, alla luce del sondaggio effettuato in collaborazione con Termometropolitico, Affaritaliani disegnava profeticamente un quadro piuttosto netto della situazione: i romani erano pronti a rottamare i partiti tradizionali per affidarsi al M5S o in alternativa a liste civiche, prediligendo quindi la società civile alla vecchia politica.
Peculiare il fatto che, ad apporre un sigillo ufficiale a questa rivincita dei cittadini sui partiti, fossero stati proprio due politici consumati che, nei partiti stessi, hanno costruito la loro brillante carriera: Dario Rossin e Alessandro Onorato. Di Rossin (Fi) la machiavellica lettera – che aveva i toni del sussulto d'orgoglio civico - con cui, assieme a dodici consiglieri di opposizione fra cui lo stesso Onorato, invitava formalmente Ignazio Marino a presentarsi in Consiglio per spiegare le ragioni dietro alla remissione del suo mandato, e quindi per mettere ufficialmente all'angolo il Pd evidenziandone le contraddizioni interne. Mentre Onorato (ora Lista Marchini), nei suoi tre anni di attività in Consiglio Comunale, aveva chiesto più volte le dimissioni dell'ex sindaco, arrivando ad autosospendersi e sottolineando più volte la necessità di superare le vetuste e opache dinamiche partitiche con cui il Partito Democratico governava Roma.
E la convinzione che le amministrazioni, di qualunque schieramento fossero, rappresentassero facciate diverse della stessa realtà è ormai dilagante nella Capitale, tanto da minare per l'appunto la fiducia dei romani nei partiti tradizionali. Qualche mese più tardi, quindi, alla vigilia del voto amministrativo, lo scenario appare decisamente quello preconizzato da Affaritaliani tempo fa: il M5S che rifiuta la commistione con i partiti parrebbe essere il superfavorito nella corsa al Campidoglio; Roberto Giachetti candidato Pd a sindaco ha preferito rinunciare al simbolo del partito (che tuttavia lo sostiene) e puntare tutto su RomaTornaRoma; Alfio Marchini corre con la sua lista civica alla quale i partiti si sono accodati.
Situazione ribaltata quindi: mentre prima erano le liste civiche ad appoggiare i partiti, ora sono perlopiù i partiti – fatta salva la situazione del M5S - a sostenere le liste civiche i cui candidati possono addirittura aspirare alla poltrona capitolina.
Uno scenario che s'imporrà sempre più nel futuro, se l'esito elettorale fosse avverso ai partiti, o questi ultimi riusciranno infine a riemergere dal limbo in cui si sono imprigionati con anni e anni di amministrazioni fallimentari? C'è chi giura che, in seno ai partiti nazionali, siano in molti a sperare che il M5S arrivi a governare Roma finendo poi per mostrare tragicamente il fianco come nelle altre realtà locali che amministra, in primis Livorno e Parma, confermando tutti i rischi d'intraprendere una strada nuova e tornando in ultima analisi, nella Capitale e in tutta Italia, a incanalare i consensi dei cittadini verso la politica tradizionale.
E se invece dovesse prevalere l'astensionismo, come prevedono in molti? Significherebbe che anche il M5S non è riuscito a intercettare gli umori dei cittadini e rappresenterebbe forse una sconfitta ufficiosa per una compagine che continua a definirsi “movimento” ma che a tutti gli effetti è sempre meno “civico” e sempre più “partitico” come quelle forze politiche che, fino a qualche tempo fa, stigmatizzava e avversava. L'unica soluzione è andare a votare. Tutti.

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