Roma
Forza Italia sale sul carro della Lega. Così a Roma i furbetti delle poltrone
Il premio di maggioranza trasforma la Lega in un "carro vincente". Ecco perché ci vogliono salire tutti
di Fabio Carosi
La fuga da Forza Italia a Roma e nel Lazio verso La Lega e fratelli d'Italia? Col partito moribondo non c'entra nulla. E non ha nessuna relazione col disimpegno graduale di Silvio Berlusconi, tantomeno con la posizione politica centrista o moderata. E' solo un mero calcolo elettorale in vista della fine dell'era di Virginia Raggi e a seguire di Nicola Zingaretti. In sintesi: una manovra elettorale da veri furbetti.
A spiegare “la mossa del cavallo” dei vari Simone Foglio, Laura Cartaginese, Davide Bordoni, Stefano e Fabio De Lillo verso la Lega è un politico romano di vecchia data, uno che le elezioni le ha fatte, vinte e perse nel corse degli anni.
Senta, partiamo dalle Comunali, cosa accadrebbe se si votasse oggi?
“Con Forza Italia al 3-4%, e quindi sotto lo sbarramento di legge, nei Municipi e in Consiglio comunale, in caso di sconfitta non verrebbe eletto nessuno. In caso di vittoria, invece, qualcuno si potrebbe salvare grazie al premio di maggioranza. In una lista come quella della Lega o di Fratelli d'Italia, entrambe col vento dei sondaggi in poppa, gli spazi per essere eletti sono decisamente più ampi. Nel caso di Fratelli d'Italia i margini sarebbero ridotti, poiché ci sono già i consiglieri uscenti che potrebbero affollare la lista. E' con la Lega invece che si hanno maggiori possibilità, perché ha 1 solo consigliere comunale e, stando ai sondaggi, i nuovo consiglieri potrebbero essere almeno 8-10 in caso di sconfitta e molti di più in caso di vittoria, ai quali andrebbero aggiunti gli assessori, aumentando così l'elenco degli eletti. Per non parlare dei Municipi dove la Lega oggi è pressoché assente”.
Quindi cosa accade ai chi è convinto di avere un bacino importante di voti?
“Anche i plurivotati con Forza Italia non avrebbero speranze di essere eletti, mentre con La Lega non essendoci eletti, chi pensa di avere almeno tra i 400 e i 500 voti in Muncipio è eletto; al Campidoglio ne servono in linea teorica anche 1500. Ovviamente in caso di vittoria della coalizione”.
E alla Regione Lazio?
“Lo schema è lo stesso. La Lega ha due consiglieri eletti a Roma. In caso di sconfitta ne potrebbero entrare 7-8 ma qualora la lista Salvini dovesse vincere i posti si moltiplicherebbero sino a 10-15. Quindi si capisce chiaramente che il numero delle preferenze necessarie si abbassa notevolmente. E' un puro calcolo elettorale che premia chi ha già una storia alle spalle”.
Lei pensa che il cambi d casacca ai quali stiamo assistendo sia solo una manovra di preparazione alle prossime elezioni?
“A parte che in Forza Italia ormai non c'è più uno spazio politico, anche se ce ne sarebbe pure visto che in tanti si stanno spostando verso il Centro, la mancata volontà di strutturare un partito vero, trasforma in una grande opportunità aritmetica il passaggio a partiti che volano nei sondaggi”.
Insomma, un colpo basso dei furbetti delle elezioni?
“Un passaggio di questo tipo all'interno di una stessa coalizione non è uno scandalo. Chi vile una sedia nelle istituzioni, passa coi più forti così ha più possibilità di essere eletto. E la colpa non è del contenitore, ma di una dirigenza che ha sancito il passaggio alla Lega. Basti pensare a Bordoni che si è dimesso una settimana fa e dal coordinatore del Lazio non è arrivato neanche un commento. Un partito vero avrebbe preso due deputati e gli avrebbe affidato la gestione di Roma. Invece, silenzio. Sembra un'eutanasia studiata a tavolino. E chi si vuole candidare si va a cercare il posticino giusto”.