Roma

Il virus cambia la dieta. Per risparmiare addio qualità e l'agricoltura muore

Blocco parziale di ristoranti e bar fa crollare i consumi di verdure, frutta e latte fresco. L'analisi di Riccardo Milozzi, presidente Roma della Cia

Coronavirus e lockdown parziale: l'effetto domino della crisi economica piega i ristoranti, impoverisce le famiglie, mette in crisi l'agricoltura e, infine, fa crollare la qualità dell'alimentazione nelle case dei romani. “Si mangia ma con sempre meno qualità a tavola”.

L'analisi è di Riccardo Milozzi, presidente di Roma della Cia, la confederazione italiana agricoltori, primo sindacato del settore agricolo a livello europeo e terzo in Italia. Milozzi avverte: “Già si avvertono gli effetti del blocco serale della ristorazione con una percentuale di acquisti di frutta, verdura, carne, olio e vino che oscilla tra il 50 e il 50%”.

Milozzi però sembra strano che con i ristorati chiusi si mangi di meno. I cittadini fanno sempre due pasti al giorno se poi a casa o fuori non dovrebbe cambiare molto in termini di consumi. O no?

“Intanto il cibo non è solo mera alimentazione. Con il decreto del 24 ottobre e quello nuovo in via di pubblicazione ai cittadini è stata tolta la spensieratezza e quindi il gusto di mangiare che è diverso da alimentarsi. Una bottiglia di vino si consuma più facilmente al ristorante che a casa. Poi c'è la cassa integrazione in ritardo di 4/5 mesi e la paura della crisi economica e del futuro, quindi le persone sono portate a comprimere gli acquisti verso l'indispensabile. L'altro danno, infine, arriva dai supermercati che vendono frutta e verdura che viene da tutto il mondo. Su quegli scaffali c'è merce a basso costo e questo manca ancora più in crisi il Made in Italy e il Made in Lazio. Altro che chilometro zero, la frutta di stagione arriva anche dal Cile”.

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Eppure l'estate scorsa sembrava che il settore avesse recuperato il primo lockdown?

“La ristorazione a Roma città non è mai ripartita si è soltanto vista una ripresa all'inizio dell'estate e sul litorale e i posti di mare, perché lì è ripartita bene. La gente esasperata si è buttata verso il mare per sole, ossigeno e per le false convinzioni sul Covid, in aggiunta a un discorso di libertà. Così tra case in affitto e ristoranti hanno lavorato tutti sino a settembre complice l'estate lunga”.

Tra i prodotti in calo quali sono più in sofferenza?

“Intanto il latte fresco. I bar non lavorano come prima per via delle restrizioni e per lo lo smart working. Meno cappuccini uguale meno latte e a casa le persone preferiscono quello a lunga conservazione spesso per non uscire prendere il fresco”.

Milozzi, come risponde alla domanda di scarsa competitività commerciale dei prodotti Made in Lazio?

“Intanto le dico che per esempio col carciofo non diamo stati in gradi di mettere un Igp sul nostro “romanesco”.

Ma un marchio di qualità rischia di mandare fuori mercato ill prodotto in periodo di crisi?

“Il mercato non è una questione di marchio o di prezzo. Il marchio incide ma perché è una garanzia di qualità. Se scegli la qualità normale che il prezzo sia più alto; sai quello che mangi e sai quello che paghi”.

Ma lei ha detto che la corsa è al ribasso, quale futuro per la qualità?

“Un futuro triste. C'è la concorrenza dei prodotti che vengono dall'estero dove ci sono politiche diverse dalla tassazione alla manodopera. Fuori utilizzano fitofarmaci e coltivano a basso costo e ammazzano l'economia. Non possiamo prendere tutto da tutti. Il grano che arriva da tuto il mondo è un esempio”.

Non è che per caso quello dei produttori locali è un mercato troppo alto?

“Sì ma è dovuto a chi ci ha governato sino ad oggi e ha imposto una tassazione sopra al 50 per cento”.

Sembra di essere di fronte ad un serpente che si morde la coda...

“Sì, perché se per fare una bottiglia di vino ho un costo di 1,50 non riesco ad arrivare a 0.99 sullo scaffale. Questo per un produttore è il fallimento”.

La voce di costo più alta?

“La manodopera e poi il prodotto perché se voglio qualità devo investire”.

Senta Mallozzi, è possibile che la crisi costringa i romani a mangiare mene bene. Anche male?

“E' così e basta vedere cosa vendono in alcuni discount dove si comperano prodotti a bassa qualità. Le persone non rinunciano alle sigarette e al telefonino ma comperano il latte a meno di un euro al litro”.

Come se ne esce?

“Se ne esce con le istituzioni che ci devono dare una mano. Anche nel Lazio da un punto di vista comunale e regionale. Non siamo stati in gradi di difendere i nostri prodotti a differenza di Toscana e Veneto. La Capitale non è stata in gradi di difendere i prodotti della campagna romana”.

Ma le altre associazioni di agricoltori?

“In molto fanno business e marketing per la politica”.