L'Atac nel baratro: o vende gli immobili, oppure va al fallimento
Prima (vera) tegola sulla Giunta Raggi. Il nodo Paolo Berdini sulle cubature
di Fabio Carosi
Depositi Atac da vendere a tutti i costi, pena far saltare il piano di ristrutturazione del debito che l'azienda ha contratto con le banche.
E' la nuova tegola che sta per cadere sulla testa del sindaco Virginia Raggi che ha scelto nella sua squadra un'assessore all'Urbanistica come Paolo Berdini e che non se ne starà con le mani conserte di fronte a un piano di trasformazione urbana che cambierà il volto di interi quartieri.
E se Berdini dovesse dire no o "rallentare" l'iter della vendita di 5 depositi più diversi uffici, per Atac con o senza Rettighieri e Brandolese saranno dolori. Entro settembre, infatti, il pool di banche con in testa Unicredit che ha dato il via libera al piano di ristrutturazione del debito, chiederà conto di oltre 200 milioni di euro di liquidità che Atac si è impegnata a ricavare dalla vendita delle rimesse di San Paolo, Vittoria, Ragusa, Portonaccio, Trastevere e Acilia più una serie di piccoli uffici e sottostazioni elettriche la cui vendita teorica ha permesso il salvataggio dell'azienda dal default.
Come tutte le vicende del Comune di Roma e delle aziende ex municipalizzate, la storia parte da lontano, precisamente dal 2011 quando il Consiglio Comunale (delibera 39 che fissava persino le volumetrie aggiuntive) ha dato il via libera all'approvazione del "Piano generale di riconversione degli immobili non funzionali al trasporto pubblico". Di fatto, un'alienazione del patrimonio per fare cassa, attraverso l'impegno del Comune di dare il disco verde all'approvazione di una variante al Piano regolatore che prevedeva il cambio di destinazione d'uso. Vai depositi e uffici e spazio alla riconversione urbana dei privati pur di salvare l'azienda.
Per Atac la vendita, dunque, è un atto obbligato, a meno che il Comune non proceda ad una nuova ricapitalizzazione di fronte alle inevitabili pressioni delle banche che hanno riaperto i cordoni del credito proprio perché al progetto di valorizzazione manca solo un normale iter amministrativo. Il valore patrimoniale è iscritto in bilancio per circa 100 milioni alla voce "cespiti", mentre l'ipotetico valore commerciale è già nel previsionale.
E su tutto pende il "fondamentalismo urbanistico" del neo assessore Berdini che dovrà decidere: o accelerare l'iter, oppure scatenare una guerra interna in Giunta e costringere il Bilancio a trovare i fondi per sostenere Atac. La terza ipotesi, sempre in caso di mancata vendita e che Atac avvii una procedura fallimentare. Insomma, per Virginia raggi si preparano problemi seri. C'è tempo sino alla fine di agosto, poi le banche busseranno alla porta di Atac.
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