Roma
“L'Italia è una Repubblica fondata sulla democrazia dello sciopero: è un Paese bloccato con danni incalcolabili”
L'economista indignato. Il professor Alberto Frau avvia una riflessione sulla reiterazione degli scioperi: “E' un uso distorto”. E prospetta le soluzioni
L’articolo 1 della Costituzione italiana dichiara solennemente che l'Italia è una "Repubblica democratica, fondata sul lavoro".
Un principio che non solo rappresenta il pilastro della nostra democrazia, ma incarna anche la promessa di dignità e realizzazione personale per ogni cittadino. Eppure, a oltre settant’anni dalla sua promulgazione, questo fondamento appare sempre più eroso da una realtà fatta di conflitti endemici, immobilismo sociale e paralisi economica.
L’Italia di oggi sembra aver tradito questa visione, trasformandosi in una Repubblica "fondata sullo sciopero". Con una frequenza e una sistematicità quasi rituali, gli scioperi — soprattutto nel settore pubblico e nei servizi essenziali — bloccano il Paese, causando danni incalcolabili non solo all’economia, ma anche al tessuto sociale e al rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni.
Lo sciopero: diritto costituzionale o abuso reiterato?
Lo sciopero, tutelato dall’articolo 40 della Costituzione, è uno strumento di lotta sociale legittimo e necessario in ogni democrazia. Tuttavia, quando diventa un mezzo abusato e sistematicamente utilizzato, si svuota del suo significato originario.
Le conseguenze economiche e sociali: un costo insostenibile
Ogni sciopero ha un costo diretto e indiretto. Il fenomeno, soprattutto nel settore dei trasporti pubblici, incide negativamente sull’economia italiana, con danni significativi in termini di produttività e costi per la collettività.
Nel 2023 si sono registrati ben 1.129 scioperi, la maggior parte dei quali (oltre l’80%) a livello locale. Tali interruzioni si traducono non solo in disagio per milioni di pendolari, ma anche in un impatto negativo sulla produttività nazionale, stimato in milioni di euro al giorno.
Le responsabilità della politica e dei sindacati
La politica italiana ha gravi responsabilità in questa deriva. L’incapacità di avviare riforme strutturali nei settori chiave del lavoro e dei servizi pubblici ha lasciato spazio a un sistema in cui gli interessi particolari prevalgono su quelli generali.
Cosa accade in Europa
In paesi come la Germania o i Paesi Bassi, i conflitti tra lavoratori e datori di lavoro vengono gestiti attraverso il dialogo e la concertazione. In Italia, invece, prevale ancora la cultura dello scontro.
La necessità di un cambio di paradigma
Se l’Italia vuole davvero onorare il principio della Repubblica fondata sul lavoro, deve intraprendere un profondo cambiamento culturale. Questo significa:
- Limitare gli abusi dello sciopero con regolamenti più stringenti per prevenire il ricorso eccessivo alle proteste nei settori strategici.
- Riformare i sindacati, spingendoli verso un modello più moderno, orientato al dialogo e alla collaborazione.
- Investire nel lavoro e nella produttività, valorizzando il merito e premiando l’impegno.
- Rafforzare le istituzioni migliorando l’efficienza e la trasparenza della pubblica amministrazione.
Conclusioni
L’Italia non può continuare ad essere una Repubblica "fondata sullo sciopero". È tempo di tornare alla centralità del lavoro come valore, diritto e responsabilità. Sta alla politica, ai sindacati e a ciascuno di noi fare la propria parte per riportare il lavoro al centro della nostra società.
Alberto Frau è professore di Economia e gestione aziendale - Revisore legale e analista indipendente.