Roma

Mafia Capitale, Cantone fa tremare la Procura: “Escludo il reato di Mafia”

Il presidente dell'Anac fa barcollare le fondamenta del processo: Atac e Ama si indaga

Mafia Capitale, traballa l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso. A far tremare l'impianto accusatorio è Raffaele Cantone, il presidente dell'Anac, chiamato a deporre al super processo come teste della difesa di Salvatore Buzzi, il re delle Coop.

Con un tono perentorio Raffaele Cantone scandisce al microfono dell'aula bunker di Rebibbia: “Posso escludere ad oggi di avere mai individuato e segnalato alle varie Procure ipotesi di 416 bis". Come dire: in tutti gli atti che l'Anac ha valutato e indagato, inseriti nell'inchiesta Mafia Capitale e che vedono la Pubblica Amministrazione coinvolta come stazione appaltante o come gestore di affidamenti diretti, la Mafia di cui parla l'articolo 416 bis del Codice Penale, non è presente.

Poi, rispondendo alle domande dell'avvocato Alessandro Diddi, difensore di Salvatore Buzzi, Cantone ha spiegato che "non spetta all'Anac formulare ipotesi di reato. Questo lo fanno i pubblici ministeri. Noi ci limitiamo a segnalare irregolarità o criticità quando c'è un 'fumus' di illecito penale. A oggi posso dire che casi di 416 bis (associazione di stampo mafioso, contestata a Buzzi, Carminati e altri imputati, ndr) non ci sono mai capitati".

Per quanto riguarda le aziende del Comune di Roma, Cantone ha spiegato: “Su Ama c'è un'attività istruttoria cominciata nel 2011 e che stiamo ancora svolgendo". Parlando di Atac, invece, l'ex pm ha sottolineato come, stando alle verifiche svolte dai suoi ispettori, "ci sia stato un uso massiccio delle procedure negoziate".
Infine la conclusione che appare come una sentenza: "Credo che il marcio stia soprattutto nella burocrazia, se a valle o a monte non saprei dirlo in termini di percentuale... sarà il tribunale a decidere se in questa vicenda ci sono concussi o corruttori", ha concluso l'ex pm, riferendosi al dibattimento in corso.

DA ALEMANNO A MARINO E' CAMBIATO POCO

"Avviando una serie di verifiche nell'affidamento degli appalti, scoprimmo che il 90% delle procedure adottate nel Comune di Roma era negoziato. Tutto cio' rendeva il sistema difficilmente controllabile. Dopo aver esaminato 1125 determine dirigenziali, segnalammo le varie criticita' con la relazione Anac dell'agosto del 2015 e con l'assessore comunale alla Legalita', Alfonso Sabella, cercammo di operare una semplificazione del sistema, anche per eliminare quella confusione nell'individuazione di chi dovesse fare cosa. Resta il fatto che non c'e' stata una sostanziale discontinuita' nell'uso di procedure negoziate tra la giunta Alemanno e quella Marino".

Cantone ha spiegato che "nel 2014 si e' comunque registrata una lieve riduzione delle procedure negoziate e nel 2015 questa riduzione e' stata piu' significativa". Secondo il presidente dell'Anac, gli appalti a Roma "venivano affidati con "procedure meno sicure e garantite e cio' rendeva evidente l'abuso di tali procedure. Era emersa, poi, e lo evidenziammo nella nostra relazione consegnata alla Procura, una pluralita' enorme dei centri di costo nell'ambito del Comune di Roma, ben cento centri di costo all'interno di un'unica struttura che non consentivano alcun tipo di controllo della struttura stessa".

L'AVVOCATO DI BUZZI GONGOLA

Riguardo all'affermazione di Cantone, che rispondendo ad una sua domanda ha detto che l'Anac non ha mai individuato casi di 416 bis, l'avvocato Alessandro Diddi, difensore di Salvatore Buzzi, ha detto: "Per noi è una conferma di quello che andiamo sostenendo da tempo ovvero che Buzzi e le sue cooperative non hanno nulla a che vedere con il reato di associazione di stampo mafioso".