Roma

Roma, 18 arresti nel racket degli ambulanti. In manette anche sindacalisti

Scoperchiata l'organizzazione criminale che gestiva l'assegnazione delle bancarelle: tra gli arrestati due Tredicine. Sequestrati beni per 1 mlione di euro

Commercio ambulante a Roma, la grande retata: diciotto misure cautelari (otto in carcere e dieci ai domiciliari) sono state seguite questa mattina, su delega della procura, dai militari del Nucleo Speciale Polizia Valutaria della Guardia di Finanza e dal personale della Polizia Locale di Roma Capitale nell'ambito dell'indagine sul cosiddetto racket delle autorizzazioni per il commercio su strada con il coinvolgimento di pubblici ufficiali, imprenditori e sindacalisti.

Le accuse, a vario titolo, sono associazione per delinquere, corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione del segreto d'ufficio, estorsione, abusiva attività finanziaria, usura e autoriciclaggio.

Contestualmente, è stato eseguito un sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per 1 milione di euro, pari ai profitti illeciti conseguiti da alcuni indagati. L'indagine ha consentito di ricostruire un collaudato sistema corruttivo ed estorsivo posto in essere da un sodalizio criminale di tredici persone: due pubblici ufficiali (l'allora responsabile degli Uffici "Disciplina" e “Rotazioni” del Dipartimento Attività Produttive del Comune di Roma e un suo diretto collaboratore), quattro esponenti di un'associazione sindacale di categoria ed un gruppo di sette imprenditori/commercianti (tre dei quali di nazionalità bangladese, siriana e israeliana) che hanno gestito, a scopo di illecito arricchimento, le autorizzazioni amministrative per l'esercizio di attività commerciali su aree pubbliche e le numerose postazioni presenti nella Capitale nel settore del commercio ambulante, avvalendosi (qualora necessario) di condotte intimidatorie, minacce e violenze per ottenere indebite somme di denaro.

Chi sono gli arrestati

Alberto Bellucci, funzionario del Comune di Roma, dal 1990 responsabile dell'ufficio disciplinare del dipartimento che gestisce il commercio a Roma, è uno degli arrestati nel blitz di stamattina della Guardia di finanza e della Polizia locale che ha smantellato un giro di racket tra i commercianti ambulanti. Tra le persone coinvolte anche Dino e Mario Tredicine. Secondo quanto contestato, in associazione a delinquere, il gruppo aveva stabilito dei costi per ogni postazione, a seconda della centralità e della rendita. I commercianti dovevano pagare per avere un posto vendita a Cola Di Rienzo, piazza Giulio Cesare o Porta Portese.

Il gip: "Un sistema piramidale su tre livelli"

Un sistema fondato su “cosiddetti tre livelli, a carattere piramidale”. Nel primo livello – si legge nell’ordinanza di custodia emessa dal gip Francesco Patrone – “vanno inseriti i due pubblici ufficiali dell’Ufficio Rotazione e Disciplina, ossia il funzionario responsabile, Alberto Bellucci, e il suo dipendente di fiducia, Fabio Magozzi; ufficiali che hanno impostato il proprio lavoro quotidiano in funzione esclusiva di specifici tornaconti, anche di modico valore”. Nel secondo livello “sono collocati gli esponenti delle associazioni di categoria, in particolare della Fivag Cisl Roma (Vittorio Baglioni, Dino Tredicine, Osvaldo Sambucini, Maurizio Di Veroli, quest’ultimo formalmente rappresentante dell’associazione  Rotazione B) e dell’Aiarc (Fabrizio Macrì e Enzo Colvari), che hanno sfruttato in materia illecita i rapporti con Bellucci in primis e Magozzi ottenendo una posizione di primazia”. Nel terzo livello si trovano “i commercianti ambulanti, o meglio i referenti delle associazioni di categoria, che subiscono la posizione di privilegio del primo e secondo livello, e si occupano sia di assegnare la turnazione quotidiana delle postazioni sia della concreta esazione ai danni degli ambulanti con metodi estorsivi, per lo più minacce, in alcuni casi esplicite, molte vole larvate, tanto che gli ambulanti, per lo più stranieri, sono costretti a soggiacere al ‘sistema’, non ottenendo altrimenti piazzole di sosta redditizie o finanche avendo come alternativa quella di restare a casa senza lavoro. Con riferimento alla Fivag, i referenti principali sono stati individuati in Asaad Kamal e Kazi Mamun, che si avvalgono di altri sodali sul territorio, mentre per l’Aiarc i referenti principali sono Sibony Arie Yehuda e Aurelio Naccararo”.

"Innumerevoli sono gli elementi da cui dedurre un quadro di generale illegalità del sistema di gestione delle rotazioni e dei cambi-turno nel settore del commercio ambulante su area pubblica, sistema fondato su meccanismi di vendita e/o affitto delle licenze di commercio del tutto illegali perchè diretti a far venire sostanzialmente meno i requisiti prescritti dalla legge e dai regolamenti comunali per la gestione delle licenze, delle soste e dei cambi", scrive ancora il gip Patrone nell'ordinanza di custodia cautelare. "Si tratta di un sistema - continua il gip - basato sulla commercializzazione a prezzi notevolmente superiori a quelli risultanti dai contratti formali, sullo stravolgimento del sistema di rotazione delle postazioni e di trasparenza e programmazione dei cambi-turno nonchè sulla sostanziale paralisi del sistema amministrativo di controlli in materia di revoche o di sospensione delle licenze".

Il patrimonio di Dino Tredicine valeva 3,1 milioni di euro

“Parlano pure dei redditi degli ultimi 20 anni, ma mica so' 20 anni solo che lavoramo. A Ste', ma questi vanno cercando de levacce tutto, 'sti pezzi de merda, questi ce fanno fa' la fine dei zingari capito? Io 'sti giorni passati avevo pure pensato a vende' qualche cosa”. Il 25 febbraio 2019, all'indomani di alcune perquisizioni e dell'esistenza di una indagine a suo carico da parte della procura di Roma, Dino Tredicine si rivolge così al figlio Stefano. "La pericolosità criminale di Tredicine - si legge ancora nell'ordinanza di custodia cautelare - emerge altresì dagli scomposti tentativi, che lo stesso voleva attuare attraverso parenti o conoscenti dopo aver appreso della esistenza delle indagini". Tredicine, che vanta un patrimonio pari a 3,1 milioni di euro, in quei giorni 'caldi' progetta di occultare “quanta più documentazione possibile in box, cantine o locali, o addirittura mettendola all’interno di un furgone o dietro una parete in muratura”. Ma non potrà evitare che con l’operazione di oggi arrivi a suo carico una richiesta di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per un importo di 809.250 euro”.

Dalla verifica sulla consistenza patrimoniale della famiglia risalente a un anno e mezzo fa, si legge nell’ordinanza, risulta evidente “la sproporzione fra i redditi complessivi dichiarati e cespiti ricevuti in eredità da un lato e situazione patrimoniale dall’altro”: 1,4 milioni di redditi a fronte di un patrimonio di 3,1 milioni (1,3 di disponibilità finanziarie, 1,3 mln di immobili e 474 mila euro di veicoli). In particolare, Tredicine risulta avere la disponibilità – oltre che di una polizza vita accesa nel 2015 – di ulteriori rilevanti somme depositate su conti correnti, intestati a sé o propri familiari; inoltre nel periodo finito sotto la lente degli investigatori ha comprato due appartamenti in via Demetriade, intestati a moglie e figli, e altri due in via Botero, intestati al figlio Stefano ma di fatto nella sua disponibilità.

E nella impossibilità di “determinare con certezza l’ammontare complessivo delle utilità ricevute nel corso degli anni né l’ammontare delle singole dazioni”, spiega il gip, la cifra di 809.250 euro oggetto del sequestro corrisponde agli importi versati in contante da Tredicine tra il gennaio 2015 e l’agosto 2018 presso istituti postali e/o bancari in qualità di co-intestatario e delegato ad operare sui conti di familiari, "tra cui 604.100 versati in due sole tranche” nell’arco di due mesi sul libretto di risparmio nominativo presso Poste Italiane e investiti quasi per intero in una polizza vita.