Roma
Scuola, a Roma è emergenza banchi e aule: “A settembre ancora lezioni online”
Il presidente dell'Associazione Nazionale Presidi del Lazio, Mario Rusconi: “Non sappiamo cosa fare. Serve un protocollo unico del Ministero dell'Istruzione”
Scuola, a Roma è emergenza: le scuole sono senza i banchi monoposto tanti decantati dal ministro dell'Istruzione Azzolina e sono carenti di aule grandi abbastanza da poter accogliere 25/30 studenti a distanza di un metro. E la possibilità che a settembre buona parte degli studenti romani continui con la didattica a distanza cresce ogni giorno di più.
Di tutti i problemi che popolano i corridoi degli istituti romani ne parla Mario Rusconi, presidente dell'Associazione Nazionale Presidi del Lazio.
Dottor Rusconi, le linee guida dell’ufficio scolastico regionale per la ripresa delle lezioni mettono al primo posto tra le soluzioni da attuare quella di utilizzare banchi singoli per gli studenti. È una soluzione fattibile a Roma? Di quanti banchi avrebbero bisogno le scuole romane?
“Intanto bisogna dire che di banchi singoli ne esistono due tipi. Il primo è quello tradizionale che costa circa 100 euro con sedia separata. Il secondo è quello che io definisco 'supergalattico', ovvero quello moderno con sedia e banco attaccati dal costo di circa 300. Vorrei ricordare a chi sta facendo polemica sui tanti soldi spesi per i banchi che tutto quello che viene speso per suppellettili scolastici dovrebbe essere a carico dell'ente locale per le scuole elementari e medie, quindi il Comune, e della Città Metropolitana per quanto riguarda invece i licei. Dopo anni e anni di solo tagli al comparto scuola, il risultato è che ora i bachi monoposto sono pochi. Ad oggi almeno il 20/30% delle scuole romane non ha un numero sufficiente di banchi monoposto. Questo poi porta ad un altro problema, ovvero quello dello smaltimento dei vecchi banchi. I presidi dove li mettono? Nessuno lo sa”.
Quale sono le richieste che hanno fatto i presidi di Roma e del Lazio a Regione e Governo?
“La prima richiesta è sempre la solita e riguarda le strutture. Soprattutto nelle scuole superiori romani gli edifici sono vecchi, come il Visconti che è in un palazzo del '500, e poco manutenzioni. Il succo è che manca un vero e proprio piano edifici. Seconda richiesta riguarda la sicurezza degli istituti. Possiamo dire che circa il 50/60% ha problemi con la legge, nel senso che non hanno i certificati di sicurezza come quelli antincendio o la certificazione di sicurezza delle cabine elettriche. Tutti questi problemi sono sempre stati segnalati alla Provincia prima, ed alla Città Metropolitane ora ma nessuno ha mai fatto nulla. Parliamo di segnalazioni anche decennali. Ora con il Covid ed i conseguenti controlli negli istituti tutti i nodi sono venendo al pettine perché l'assenza di questi certificati va contro le indicazioni di sicurezza del Comitato Tecnico Scientifico”.
Passiamo al problema aule e distanziamento. Vista l'impossibilità per diversi istituti di mettere a disposizioni aule grandi a sufficienza, c'è il rischio che a settembre alcune scuole continueranno con la didattica a distanza?
“Sì, il rischio c'è. Se entro il 1 settembre, giorno in cui quei pochi ragazzi rimandati dovranno tornare a scuola, non verrà trovata una soluzione per quel 20/30% di scuole, queste saranno costrette a proseguire con la didattica a distanza. Non ci sono altre alternative. Devono dirci cosa dobbiamo fare con i ragazzi”.
È reale possibilità che diverse classi possano spostarsi in spazi più grandi per fare lezioni come caserme, musei o parrocchie?
“Si sta parlando di questa possibilità ma non è così semplice come possa sembrare. La Diocesi di Roma, in maniera molto cristiana, ha messo a disposizione aule parrocchiali e oratori per gli studenti ad esempio. Ma come fanno i nostri professori a spostarsi da una classe ad un'altra in così poco tempo? E poi andrebbe verificato se queste aule sono a norma di legge, se ci sono i bagni separati per ragazze e ragazzi e così via. Si è parlato anche di tensostrutture ma, oltre a non esserci i fondi per allestirle, sarebbe questa una soluzione impraticabile per i mesi invernali. Qualora alcune scuole a settembre proseguissero con la 'scuola digitale' si riproporrebbe poi il problema per i più piccoli, ovvero i ragazzi di elementari e medie. Come faranno i genitori, visto che la maggior parte tornerà a lavoro a settembre, a lasciare a casa i figli piccoli? Sono problemi complessi e vanno risolti al più presto”.
Voi siete contrari al dislocamento delle classi?
“Noi presidi non siamo contrari, l'importante è che un intervento di smembramento non vada a scapito di insegnanti e bidelli perché solo avendo più insegnati e bidelli si possono dislocare le classi. Con quota 100 poi tantissimi insegnati sono andati in pensione e non ne sono stati assunti di nuovi. E visto l'aria che tira, le anticipo che i concorsi non verranno espletati per mancanza di tempo e bisognerà ricorrere nuovamente a centinaio di migliaia di precari. Non smetterò mai di lamentarmi per la lentezza del sistema scolastico, le promesse fatte dai governi su professori e presidi non sono state mantenute”.
Lo smembramento è una soluzione a cui i presidi degli istituti potranno ricorrere per far fronte al problema spazi?
“Questa è una soluzione impraticabile e glielo dimostro con i numeri. Se noi abbiamo classi di 30 studenti e le dividiamo in due da 15 servono doppi ingegnanti e sarebbe un investimento pazzesco, un costo che non possiamo permetterci”.
Nelle linee guida dell'ufficio regionale è presente anche la possibilità di rimuovere la cattedra per guadagnare spazio nelle aule, banco che è sempre stato segno di autorità. Soprattutto tra gli studenti più piccoli, può questo rappresentare un problema?
“Guardi, la cattedra ha già perso la sua autorità con l'addio della predella. Sostituire la cattedra con un semplice banco non è un problema. Il problema può sorgere per le insegnanti delle elementari che erano abituate a girare per i banchi, seguire da vicino i ragazzi e controllare i loro errori. Questo ora non potranno più farlo. Il Covid cambierà il modo di insegnare”.
La Regione Lazio ha promesso il test sierologico a tutti i docenti prima dell'inizio delle scuole. I presidi spingeranno anche per avere test anche per gli alunni?
“Prima di tutto bisogna capire se questo test sarà volontario o no. Io penso come cittadino che questo test debba essere obbligatorio perché i professori devono essere controllati. Per quanto riguarda gli studenti, noi presidi abbiamo chiesto che il test sia esteso almeno ai ragazzi del triennio delle superiori, ovvero quella fascia sopra i 15 anni che frequenta le zone della movida che hanno un alto rischio di contagio. La scuola nella sua autonomia può mettere i termoscanner ma non può obbligare ragazzi a fare test. Deve intervenire il Ministero dell'Istruzione consegnando un protocollo universale a tutti gli istituti con tutte le norme da seguire e rispettare. Noi presidi avevamo chiesto questo protocollo entro fine luglio così da avere il tempo per mettere tutto in regola ma già sappiamo che non arriverà prima di metà agosto. Serve un protocollo chiaro, fino ad adesso ci sono state date tutte indicazioni generiche e non tassative. Le scuole stanno aspettando”.
Quale è, ad oggi, la possibilità che a settembre tutti gli studenti a Roma possano tornare a scuola?
“Voglio essere ottimista e vedere il bicchiere mezzo pieno. Le dico un 50% di possibilità, una cosa media. Per far alzare questa media servono 3 cose. La prima è il protocollo universale del Ministero; la seconda che tutte le istituzioni continuino a lavorare in maniera corretta; e la terza è che visto che i presidi e vicepresidi lavoreranno tutto il mese di agosto per far si che le scuole siano pronte a settembre, allora anche i dipendenti pubblici di comune e ministeri si mettano una mano sulla coscienza e non vadano in ferie per tutto il mese di agosto così da darci una mano. Difronte all'emergenza tutti devono mettersi a disposizione”.