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Roma
Sgarbi, via da sindaco di Sutri. “Cecità e disinteresse oltre ogni limite”

Per Vittorio Sgarbi un nuovo record: due mesi da sindaco di Sutri. Il critico d'arte e parlamentare getta la spugna e annuncia le sue dimissioni per il 21 settembre con una lettera pubblica.

Nessuna convocazione del Consiglio e nessuna informativa ai consiglieri. Super Vittorio sbatte la porta accusando la politica locale di “cecità e disinteresse”.

Ecco il testo della lettera di Vittorio Sgarbi

“Non ci sono le condizioni per proseguire l’esperienza di sindaco a Sutri; la cecità e il disinteresse per il bene della città hanno superato ogni limite, per l’insensata spartizione di posti. Me ne vado da Sutri e dalla Tuscia che io amo più di loro, perché l’ho scelta, e non ci sono arrivato per nascita o per destino.
Io non ho cercato di mortificarla per miei interessi, ma di innalzarla, per la dignità dei cittadini, e non per quella che loro chiamano maggioranza, ed è solo una forma di minorità. La dignità da tutelare è la loro, non la mia. Di Sutri, di una città bellissima e umiliata. Io non cerco soluzioni, e non parlo con persone spregevoli e bugiarde.
La loro inettitudine e meschinità mi indignano; i loro capricci per l’assessorato al parco, il loro inseguimento per posti cui sono del tutto inadeguati, mi sembrano inverecondi. Io non ho parlato né parlerò con nessuno che baratti la città per il capriccio di una ragazza ignorante e ambiziosa. Non è questione di orgoglio, ma di rispetto per il destino di una città abbandonata e imbarbarita da egoismi e inerzia, i sentimenti negativi profondi con cui mi avversano. Triste pensare che maggioranza e opposizione voteranno la sfiducia. È una sfiducia in se stessi.
Il rispetto per i cittadini è non lasciarli in mani di inetti e di famiglie, il cui comportamento è oggettivamente mafioso e fascista. Chi abbia sentito le parole, e visto l’atteggiamento, di quello squadrista, ha il dovere della solidarietà. Si sono comportati come con Matteotti.
Uno ha insultato; gli altri, vigliaccamente, come nel finale di un’opera, sono andati via con il fascista, salvo la delicata e coraggiosa Claudia Mercuri. Io vengo aggredito, e un consigliere rifiuta di salvare il futuro di un’amministrazione innovativa, per stare a fianco dei barbari. Ne prendo atto.
Chi pensa che chiamarli fascisti e mafiosi sia eccessivo, sapendo che lo sono, crede che il suo “ruolo” sia contrastare me, come pensano loro, e non loro, come penso io. Io con loro non negozio. Non so cosa dovrei concedere allo loro incapacità. Si sono dati gli assessorati, mi hanno chiesto il presidente del consiglio, e l’abbiamo messo nello statuto per dare un posto al peggiore di loro, cercano solo piccole posizioni di potere. Bene. Non verrò in consiglio e non lo convocherò. La partita è finita. Mi dimetto il 21 settembre”.

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