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Roma
Strage Fidene, Campiti resta in carcere. Il gip: “Nessun segno di pentimento”

Claudio Campiti, l'autore della strage nel gazebo di un bar a Fidene, resterà in carcere. A deciderlo è stato il gip Emanuela Attura che ha convalidato il fermo per il killer. A convincerla è stato anche l'atteggiamento di Campiti durante l'interrogatorio: “Non ha mostrato nessun segno di pentimento”. L'uomo resterà in carcere in regime di sorveglianza, in attesa di processo.

La decisione era scontata. Già stamattina il legale di Campiti, uscendo dal carcere di Regina Coeli dove si era svolta l'udienza di convalida, aveva parlato di una situazione molto grave. E alla fine così è stato. Campiti resterà al Regina Coeli in regime di sorveglianza e dovrà rispondere dei reati di omicidio volontario, premeditato e con futili motivi, di tentato omicidio e di porto abusivo di armi.

Confermate le aggravanti

“La strage - si legge nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Attura - ha rappresentato il deliberato di una lunga pianificazione che aveva come presupposto un radicamento costante e persistente, per un apprezzabile lasso di tempo, del proposito omicida nella psiche di Campiti, pertanto la circostanza aggravante della premeditazione appare incontestabile".

Nel dir questo la gip ha tenuto conto anche del fatto che Campiti già da tempo non partecipava più alle riunioni del consorzio, quindi la sua presenza l'11 dicembre era dovuta proprio al suo intento di commettere la strage. Confermata anche l'aggravante dei futili motivi: a spingerlo sarebbe stato “un rancore e risentimento covati negli anni in ragione di un contenzioso con il Consorzio Valleverde”. E poi l'uomo voleva scappare: "Sapeva che non sarebbe tornato a casa".

Durante l'interrogatorio ha detto di aver agito perché "esasperato dalle condotte mafiose tenute da anni in suo danno dagli organi deliberanti del Consorzio, come descritto nel blog".

La decisione del gip

“In sede di interrogatorio - si legge infine - Campiti non ha dato segno di resipiscenza alcuna ed il livore ed il risentimento che sono emersi, fanno ritenere che se rimesso in libertà non desisterebbe da ulteriori condotte violente e sanguinarie. Deve quindi essere condivisa la richiesta avanzata dal pubblico ministero - continua l'ordinanza - essendo la misura indicata unica adeguata a salvaguardare le esigenze cautelari e proporzionata all'estrema gravità dei fatti”.

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