Roma

"La Chaouqui non è Lucrezia Borgia". Papa Francesco: "Ratzinger denunciò la corruzione in Vaticano"

"Io ringrazio Dio che non ci sia più Lucrezia Borgia! Ma dobbiamo continuare con i cardinali e le commissioni l'opera di pulizia". Così Papa Francesco appena prima di atterrare a Ciampino di ritorno dal viaggio apostolico in Africa, conversando con i cronisti sul volo papale.

"È stato fatto un errore - ha spiegato il Papa - Vallejo è entrato per la carica che aveva e che ha avuto fino ad ora: era il segretario della Prefettura degli Affari economici. Come è entrata lei? Non sono sicuro, ma credo di non sbagliare se dico che è stato lui a presentarla come una donna che conosceva il mondo dei rapporti commerciali. Hanno lavorato e quando è finito il lavoro, i membri della Cosea sono rimasti in alcuni posti in Vaticano. La signora Chaouqui non è rimasta in Vaticano: alcuni dicono che si è arrabbiata per questo. I giudici ci diranno la verità sulle loro intenzioni, come l'hanno fatto. Per me non è stata una sorpresa, non mi ha tolto il sonno, perché hanno fatto vedere il lavoro che si è cominciato con la commissione dei nove cardinali, quello di cercare la corruzione e le cose che non vanno. Voglio dire una cosa, non su Vallejo e Chaouqui. Tredici giorni prima della morte di san Giovanni Paolo II, durante la Via Crucis, l'allora cardinale Ratzinger ha parlato della sporcizia della Chiesa. Lui ha denunciato per primo. Poi muore Giovanni Paolo II, e Ratzinger, che era decano, nella messa "pro eligendo Pontifice", ha parlato della stessa cosa. Noi lo abbiamo eletto per questa sua libertà di dire le cose. È da quel tempo che è nell'aria che in Vaticano c'è corruzione. Sul processo: non ho letto le accuse concrete. Avrei voluto che finisse prima del Giubileo, ma credo che non si potrà fare perché io vorrei che tutti gli avvocati della difesa abbiano il tempo di svogere il loro lavoro e che ci sia libertà di difesa".

"La stampa libera, laica e anche confessionale, deve essere professionale. L'importante è che siano professionisti e che le notizie non vengano manipolate. Per me è importante perché la denuncia delle ingiustizie e delle corruzioni è un bel lavoro. La stampa professionale deve dire tutto, ma senza cadere nei tre peccati più comuni: la disinformazione, cioè dire solo metà della verità e non l'altra; la calunnia, quando la stampa non professionale sporca le persone; la diffamazione che è dire cose che tolgono la reputazione a una persona. Questi sono i tre difetti che attentano alla professionalità della stampa. Abbiamo bisogno di professionalità. E sulla corruzione: vedere bene i dati e dire le cose. "C'è corruzione qui per questo, questo e questo". Poi, un vero giornalista professionista, se sbaglia chiede scusa".