Welfare salute e comunicazione
Palermo, vietato pregare in classe. Ma l'errore è dell'UE
Palermo, divieto di preghiera per i bambini della scuola Ragusa Moleti. Il dibattito
Il crocifisso è sintesi del resoconto dell’umanità. Il fatto, a parere mio alquanto “serio”, è che un Dirigente scolastico abbia imposto ai docenti tramite una circolare, un vero e proprio comportamento di neutralità, diciamo una laicità, decidendo così la non esposizione di nessun indirizzo religioso, a nessun titolo.
E’ giusto, è sbagliato? Lo può fare, essendo legittimato dal ruolo, e naturalmente sue sono e saranno le conseguenze. Personalmente non ho mai pensato che un’immagine religiosa potesse disturbare, avere quel ruolo così offensivo in un’aula di scuola. Ma è la stessa immagine che spesso e magari per paura, alla bisogna, si corre a pregare, per caso?
Molti i commenti in queste ore, sia sulla Stampa che sui media in generale. I Social si sono come al soliti, eretti a giudici nel prendere posizioni a favore o contro.
Ho raccolto la riflessione di uno studente universitario, che prende una posizione decisa, anche in vurtù di un’analisi socio politica di spessore, che pone l’aspetto della religione come tessuto connettivo tra i popoli. Ed ecco qui di seguito l'analisi di Michael Paperetti, un ragazzo impegnato socialmente e politicamente, studente universitario e non solo, che più volte ha preso posizioni chiare e molto dotte, su vari argomenti.
Bravo Michael!
Presso la scuola primaria ”Ragusa Moleti” di Palermo, il dirigente scolastico ha diramato una circolare che di fatto impone ai docenti di non fare recitare preghiere agli alunni, portando avanti una ”battaglia ideologica” contro i simboli religiosi, tra questi addirittura la statua di una Madonna che è stata fatta rimuovere in compagnia delle immagini di Papa Francesco. Questo è il fatto accaduto, non è di poco conto a parer mio. Considerando che ci stiamo avvicinando sempre di più al Santo Natale anche quest’anno, sicuramente, non mancheranno l’ennesime e irragionevoli ondate polemiche circa la presenza del crocifisso all’interno degli istituti scolastici.
Credo fermamente che sia stato un errore, e non lieve, ed è quello di non aver previsto all’interno dell’Unione Europea, il legame che intercorre tra Occidente e Cristianesimo. Nel nome di una malintesa rivendicazione dell'autonomia decisionale rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso altrui, si è preferito corrompere l’Europa, privandola di quell’anima che ne avrebbe fatto qualcosa in più di un semplice complesso di Stati, sovente divisi su qualsiasi fattispecie, uniti solo da un mercato globale e dalla necessità di una moneta unica. “L’Europa - ricordava Karol Józef Wojtyla - o è cristiana o non è”. Sarebbe sufficiente soffermarsi a riflettere sulla cultura occidentale per accorgersi che si comprenderebbe ben poco del patrimonio artistico, letterario, poetico e talvolta urbanistico senza un’approfondita conoscenza delle radici cristiane, al di là della condivisione, o meno, dei valori che esse portano con sé. Lo stesso Benedetto Croce, principale ideologo del liberalismo novecentesco, nel suo saggio del ‘42, “Perché non possiamo non dirci cristiani”, sostiene che il Cristianesimo ha compiuto un rinnovamento “che operò nel centro dell'anima, nella coscienza morale, e conferendo risalto all'intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fino allora era mancata all'umanità” che per merito di quella rivoluzione non può non dirsi cristiana.
“Gli uomini, gli eroi, i geni che vissero prima dell'avvento del Cristianesimo” – aggiunge - “compirono azioni stupende, opere bellissime, e ci trasmisero un ricchissimo tesoro di forme, di pensiero, di esperienze ma in tutti essi mancava quel valore che oggi è presente in tutti noi e che solo il Cristianesimo ha dato all'uomo”. Il crocifisso, infatti, racchiude in sé non soltanto la conversione e l’identità cristiana, ma anche e soprattutto valori quali la dignità, la speranza e perfino la libertà. Da esso possiamo dedurre gli universali valori dell’amore, della fedeltà, del perdono, dell’uguaglianza e del rispetto reciproco; valori che in buona parte troviamo scolpiti anche nei Principi Fondamentali del testo costituzionale. La Chiesa sa bene che dove si toglie o addirittura si rifiuta di mostrare – come qualche anno fa fece un’insegnante durante una visita guidata in un museo, rivendiacondo una (falsa) laicità e un (apparente) rispetto delle altre religioni; dato che un simile atteggiamento, secondo il mio punto di vista, si rifà a un forte nichilismo verso la nostra storia - il simbolo della croce di Gesù Cristo, scompare maggiormente il senso della presenza di Dio e svanisce l’impegno di esternare un perfetto amore. Se rifiutiamo questo assioma si stabilisce la crescita del della corruzione, del raggiungere in breve e senza scrupoli un'elevata posizione sociale, dello sfruttamento della vendetta. Per impedire la totale rovina dell’umanità, con messaggi chiari e mirati sarebbe consona l’esibizione, la riflessione, il confronto anche negli edifici pubblici, di un simbolo che racchiude le nostre origini. Pur vivendo, ormai, in una società multietnica e multirazziale, questa presenza non è affatto un’imposizione nei confronti di chi venera un altro Dio o non crede affatto. Se per i cristiani ha un valore religioso molto forte, per chi non crede è una lezione di umanità e di civiltà. E’ anche un simbolo di conversione, che oggigiorno è necessaria per poter dar vita ad una società davvero più sana, più armonica e priva di ingiustizie.
Quando, il 3 novembre del 2009, la Corte europea si dichiarò contraria alla presenza del crocifisso nelle aule scolastiche, le reazioni negative furono notevoli sia da parte del Governo Berlusconi IV sia da parte dell'opposizione, all’epoca costituita da Pd, Idv, Radicali Italiani, Federazione della Sinistra e Verdi. Nel nome di una presunta neutralità si dava spazio a un vuoto culturale, tentando di cancellare un simbolo universale di fraternità e giustizia. Deriva “laicista” che, già qualche anno prima, nel 1988, spinse la scrittrice Natalia Ginzburg ad un categorico ammonimento: “Il crocifisso è muto e silenzioso. C'è stato sempre. Per i cattolici, è un simbolo religioso. Per altri, può essere niente, una parte dei muro. E infine per qualcuno, per una minoranza minima, o magari per un solo bambino, può essere qualcosa dì particolare, che suscita pensieri contrastanti. I diritti delle minoranze vanno rispettati. Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolari ebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano. La corona di spine, i chiodi, evocano le sue sofferenze. La croce che pensiamo alta in cima al monte, è il segno della solitudine nella morte. Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. Per i cattolici, Gesù Cristo è il figlio di Dio. Per i non cattolici, può essere semplicemente l'immagine di uno che è stato venduto, tradito, martoriato ed è morto sulla croce per amore di Dio e dei prossimo. Chi è ateo, cancella l'idea di Dio ma conserva l'idea dei prossimo. Si dirà che molti sono stati venduti, traditi e martoriati per la propria fede, per il prossimo, per le generazioni future, e di loro sui muri delle scuole non c'è immagine. E' vero, ma il crocifisso li rappresenta tutti. Come mai li rappresenta tutti? Perché prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini. E di esser venduti, traditi e martoriati e ammazzati per la propria fede, nella vita può succedere a tutti. A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola. Gesù Cristo ha portato la croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo cattolici, perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l'idea della croce nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso, di una sventura, versando sangue e lacrime e cercando di non crollare. Questo dice il crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici. Alcune parole di Cristo, le pensiamo sempre, e possiamo essere laici, atei o quello che si vuole, ma fluttuano sempre nel nostro pensiero ugualmente. Ha detto "ama il prossimo come te stesso".
Erano parole già scritte nell'Antico Testamento, ma sono divenute il fondamento della rivoluzione cristiana. Sono la chiave di tutto. Sono il contrario di tutte le guerre. Il contrario degli aerei che gettano le bombe sulla gente indifesa. Il contrario degli stupri e dell'indifferenza che tanto spesso circonda le donne violentate nelle strade. Si parla tanto di pace, ma che cosa dire, a proposito della pace, oltre a queste semplici parole? Sono l'esatto contrario del modo in cui oggi siamo e viviamo. Ci pensiamo sempre, trovando esattamente difficile amare noi stessi e amare il prossimo più difficile ancora, o anzi forse completamente impossibile, e tuttavia sentendo che là è la chiave di tutto. Il crocifisso queste parole non le evoca, perché siamo abituati a veder quel piccolo segno appeso, e tante volte ci sembra non altro che una parte dei muro. Ma se ci viene di pensare che a dirle è stato Cristo, ci dispiace troppo che debba sparire dal muro quel piccolo segno. Cristo ha detto anche: “Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perchè saranno saziati”. Quando e dove saranno saziati? In cielo, dicono i credenti. Gli altri invece non sanno né quando né dove, ma queste parole fanno, chissà perché, sentire la fame e la sete di giustizia più severe, più ardenti e più forti. Cristo ha scacciato i mercanti dal Tempio. Se fosse qui oggi non farebbe che scacciare mercanti. Per i veri cattolici, deve essere arduo e doloroso muoversi nel cattolicesimo quale è oggi, muoversi in questa poltiglia schiumosa che è diventato il cattolicesimo, dove politica e religione sono sinistramente mischiate. Deve essere arduo e doloroso, per loro, districare da questa poltiglia l'integrità e la sincerità della propria fede. lo credo che i laici dovrebbero pensare più spesso ai veri cattolici.
Semplicemente per ricordarsi che esistono, e studiarsi di riconoscerli, nella schiumosa poltiglia che è oggi il mondo cattolico e che essi giustamente odiano. Il crocifisso fa parte della storia del mondo. I modi di guardarlo e non guardarlo sono, come abbiamo detto, molti. Oltre ai credenti e non credenti, ai cattolici falsi e veri, esistono anche quelli che credono qualche volta sì e qualche volta no. Essi sanno bene una cosa sola, che il credere, e il non credere vanno e vengono come le onde dei mare. Hanno le idee, in genere, piuttosto confuse e incerte. Soffrono di cose di cui nessuno soffre. Amano magari il crocifisso e non sanno perché. Amano vederlo sulla parete. Certe volte non credono a nulla. E' tolleranza consentire a ognuno di costruire intorno a un crocifisso i più incerti e contrastanti pensieri”. Il problema, quindi, non è togliere il crocifisso dai luoghi pubblici e tantomeno rendere facoltativo lo studio della disciplina scolastica religiosa, che, a mio parere, dovrebbe essere obbligatoria, visto che rappresenta un sussidio per la comprensione della storia, dell’arte e della letteratura; il problema è non diffonderlo, insieme al suo messaggio, anche fuori dai tribunali e dalle aule scolastiche per rendere più umana, fraterna e giusta questa nostra società bisognosa di tanto rispetto e perdono.