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Scorie radioattive, conclusa l'estrazione del "monolite" di 130 tonnellate

La soluzione ingegneristica adottata da Sogin, realizzata con know-how italiano, è senza precedenti

Sogin rimozione del primo dei 4 pozzi di cui era composto il monolite la fase del ribaltamento
 

La Sogin ha concluso in mattinata,  nell’impianto Itrec di Rotondella (Matera), la rimozione del “monolite” in cemento armato contenente rifiuti radioattivi, presente all’interno della Fossa 7.1. Si tratta di una soluzione ingegneristica adottata da Sogin, realizzata con know-how italiano, "senza precedenti a livello internazionale e comporterà un significativo passo avanti nel decommissioning del sito nucleare lucano".

Realizzato alla fine degli anni ’60, il monolite è una struttura verticale di forma prismatica con una massa di circa 130 tonnellate e un volume di 54 metri cubi. Si trova a 6,5 metri di profondità dal piano campagna e al suo interno, suddivisi in quattro pozzi a sezione quadrata, vi sono fusti con rifiuti a media radioattività, inglobati in malta cementizia, derivanti dall’esercizio dell’impianto. Il sollevamento e l’estrazione dei singoli pozzi è l’ultima fase dei lavori che consentiranno di procedere alla bonifica e al rilascio dell’area della Fossa 7.1.

I quattro pozzi rimossi sono stati trasferiti in massima sicurezza in un deposito del sito per il loro stoccaggio temporaneo. La prima fase dei lavori ha riguardato una serie di attività propedeutiche quali la realizzazione della barriera idraulica, la costruzione di un’apposita copertura per il confinamento statico e dinamico dell'area, lo scavo attorno al monolite e il suo consolidamento. (AGI)
  
Sono state, inoltre, eseguite le necessarie indagini per definire il posizionamento dei fusti nei quattro pozzi e sono stati drenati i liquidi individuati. Prima di avviare le operazioni di rimozione, il monolite è stato stabilizzato con strutture metalliche appositamente realizzate e incapsulato all’interno di un’apposita struttura d’acciaio. Quindi è stato effettuato il taglio orizzontale, perforando la base della struttura mediante un carotiere con punte a perdere, e quello verticale, con filo diamantato dall’alto verso il basso, separando l’uno dall’altro i quattro pozzi.

Per consentire la sua rimozione sono stati infine installati specifici sistemi di sollevamento, dimensionati per sostenere ogni singolo pozzo che, completo dei contenitori di acciaio, ha un peso di circa 45 tonnellate. Tutte le attività che Sogin svolge, si fa rilevare da parte della società, "sono autorizzate e vengono vigilate da Autorità ed Enti, locali e nazionali, preposte a sovrintendere e a sorvegliare, ciascuna per la propria competenza, i lavori di smantellamento e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi presenti negli impianti". 


 

“La destinazione finale del monolite sarà il deposito nazionale nel momento in cui questo verrà realizzato. In questo caso si tratta di rifiuti che non andranno in un deposito superficiale, ma in un deposito geologico. La legge italiana fissa tappe molto precise, oggi siamo nella fase di attesa della pubblicazione della ‘carta’ delle aree potenzialmente idonee a poter ospitare il deposito nazionale”.

Lo ha detto l’amministratore delegato di Sogin, Emanuele Fontani, a margine delle operazioni di rimozione del “monolite” in cemento armato contenente rifiuti radioattivi, all’interno dell’impianto dell’Itrec di Rotondella (Matera). “I tempi per legge - ha spiegato - sono ben chiari e definiti quindi se c’è la volontà di partire con il deposito nazionale, ad oggi i tempi possono essere brevi”.

Fontani ha anche detto è stato "reso recuperabile ciò che era stato progettato come irreversibile, siamo nella fase di completamento delle attività, abbiamo posto l’ultima parte del monolite in una configurazione di trasporto per poterlo poi gestire all’interno dei nostri depositi o poterlo trasportare altrove. Questa - ha spiegato è una delle importanti attività che stiamo svolgendo su questo sito ma non è ovviamente l’unica: ogni attività che svolgiamo sui nostri siti prevede tante cose che dobbiamo mettere in sicurezza, tante cose che dobbiamo poter gestire in parallelo per poi raggiungere lo stato di completamento dello smantellamento.

A breve inizieremo la realizzazione dei cask per contenere 64 barre di uranio torio che sono ancora sul sito – ha aggiunto - per poterle mettere nella configurazione di ‘pronti a partire’ per poterle poi mandare successivamente altrove. L’altra attività - ha detto poi - riguarda il trattamento dell’ultima porzione di rifiuti radioattivi che rimangono qui all’interno come prodotto finito, una soluzione di torio e uranio che già stiamo mettendo in sicurezza con un’attività di cementificazione”. 

 "Un onore iniziare il mio mandato con questo evento", commenta Luigi Perri, da poco presidente Sogin. L'Italia "iniziò per prima a implementare un programma complessivo di decomissioning - prosegue - si tratta dunque di sfide nuove, da portare avanti senza poter copiarequalcun altro. Questa è stata la prima volta che si è sviluppata un'attività di bonifica di questo tipo".

 La prima volta "che arrivai qui fu nel 2010 - ricorda Emanuele Fontani, amministratore delegato Sogin - e la sfida che mi trovai davanti fu di rendere reversibile qualcosa che era irreversibile. Pensai subito che era un'opera difficile da realizzare. Ho assistito ai lavori e alle operazioni di taglio, in condizioni difficili. E allafine ce l'abbiamo fatta grazie alle grandi competenze e all'entusiasmodel team".