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Condannato a morte per un tweet. Ecco la "cara" Arabia Saudita del ct Mancini

di Antonio Amorosi

Mancini dice di voler fare la storia dell’Arabia Saudita. Ma il calcio può fare la storia di un Paese dove i diritti civili sono spazzatura?

I lettori sono divisi sulla sua decisione. Alcuni aggiungono: la Federazione Calcio italiana è stata la prima a cedere ai soldi arabi. Ci fanno giocare da anni la Supercoppa Italiana in Arabia Saudita per guadagnare 100 milioni in 4 anni e ora si meravigliano di Mancini? In tanti poi commentano con un “chi se ne frega, se quei soldi li avessero dati a me ci sarei andato come tutti”. Stando zitti a tempo indeterminato però e consegnandosi alla gestione dello Stato arabo. D’altronde un regime che taglia a pezzi un giornalista come Jamal Khashoggi non sa proprio che farne delle parole altrui. 

“La repressione in Arabia Saudita ha raggiunto una nuova terrificante fase in cui un tribunale può emettere la pena di morte per nient'altro che tweet pacifici”, ha spiegato Joey Shea, ricercatore esperto di Arabia Saudita presso l’associazione Human Rights Watch.

Condanne molte volte per reati inesistenti o per azioni innocue o per espressioni invise alla famiglia reale. Come quella di al-Ghamdi. Le forze di sicurezza saudite lo hanno arrestato di fronte a moglie e figli l'11 giugno 2022, conducendolo nella prigione di al-Dhahban, a nord di Jeddah, dove è stato detenuto in isolamento per 4 mesi.