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Trapianto di feci contro le infezioni resistenti. TRAPIANTO DI FECI CURA

Trapianto di feci contro le infezioni resistenti. TRAPIANTO DI FECI CURA

Trapianto di feci per trattare i batteri multi-resistenti agli antibiotici. Nuova arma contro antibiotico-resistenza: che cos'è, pro e contro. Tecnica sperimentata all'ospedale di Monza

Trapianto di feci contro le infezioni resistenti. TRAPIANTO DI FECI CURA - Ecco a chi può salvare la vita, il trapianto delle feci: le infezioni multi-resistenti

Scoperta, grazie ad una equipe di medici, una nuova tecnica di trapianto fecale in grado di debellare le infezioni multi-resistenti causate dal batterio KPC. Si tratta di un tipo di batterio che può essere responsabile di infezioni potenzialmente incurabili e che è in forte aumento in tutto il territorio italiano. In particolare, il contagio riguarda principalmente i pazienti immunodepressi o che sono stati sottoposti a qualche altra operazione. Un’infezione da KPC è, per questi soggetti, assolutamente difficile da eliminare.

Trapianto di feci contro le infezioni resistenti. TRAPIANTO DI FECI CURA-  infezioni gastrointestinali multi-resistenti: trapiantare le feci. Ecco come

Il trapianto delle feci, meglio conosciuto come Fecal microbiota transplantation, permette di trapiantare il materiale su un soggetto portatore di germi resistenti a tutte le cure antibiotiche. In questo modo, assicurano i medici del reparto Malattie infettive dell’ospedale San Gerardo di Monza, è possibile sperimentare nuove armi per uccidere le infezioni causate da Klebsiella Pneumoniae Carbapenemasi-produttrice (KPC), che potrebbero pure condurre il paziente alla morte.

Trapianto di feci contro le infezioni resistenti. TRAPIANTO DI FECI CURA - PARLANO GLI ESPERTI

«La tecnica del trapianto fecale rappresenta un’interessante opportunità per tentare di ridurre il grave problema delle infezioni ospedaliere – puntualizza Andrea Gori, responsabile della sperimentazione, direttore del Dipartimento di medicina interna e dell’U.O. malattie infettive dell’Ospedale San Gerardo di Monza. «In circa la metà dei pazienti trattati finora, i dati preliminari mostrano una negativizzazione per KPC al follow-up a un mese — continua Gori — Sono risultati preliminari, ma l’aspetto interessante è che questa negativizzazione è visibile a una sola settimana dal trapianto».

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