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Toscana
Firenze, Palazzo Pitti inaugura la prima mostra post Coronavirus su G. Garzoni

Palazzo Pitti inaugura la prima mostra post Coronavirus: L’universo naturale di Giovanna Garzoni. La Reggia granducale e reale di palazzo Pitti torna ad ospitare una mostra dopo il lockdown. Eike Schmidt: “l’arte della Garzoni sancisce la rinascita della Reggia dei Granduchi dopo un lungo momento di buio e silenzio”

Fiori, piante e conchiglie esotiche, strani insetti, animali dall’espressività quasi umana: le forme e la poesia della natura sono protagoniste della mostra “La grandezza dell’universo nell’arte di Giovanna Garzoni” accolta negli spazi dell’Andito degli Angiolini dal 28 maggio al 28 giugno.  Con questa grande rassegna – per proporzioni, la prima monografica dedicata alla pittrice barocca di origini marchigiane - le Gallerie degli Uffizi intendevano celebrare una grande figura femminile nella ricorrenza della Festa della Donna per il 2020. “Ibernata” dal lockdown scattato a marzo, la mostra diventa adesso il simbolo del ritorno alla vita normale, dopo una chiusura di quasi tre mesi dovuta al Covid-19. Circa 100 le opere che la compongono, tra dipinti, miniature su pergamena (il supporto prediletto dalla Garzoni), disegni, oltre ad un grande paliotto a tema floreale di oltre 4 metri di lunghezza, accompagnate e poste in dialogo con porcellane antiche, avori e bronzi rinascimentali. Fantasiosa, curiosissima, la Garzoni, originaria di Ascoli Piceno dove nacque intorno al 1600, incrementò notevolmente il proprio linguaggio stilistico grazie alla spiccata indole itinerante che la rese una delle pittrici più colte e cosmopolite della sua epoca. Visse alle corti di Venezia, a Torino, fu a lungo a Firenze con i Medici, quindi a Napoli, in Francia, dove ebbe modo di realizzare il ritratto del Cardinale Richelieu (presente in mostra) e persino in Inghilterra, alla corte di Carlo I, come provano i documenti per la prima volta esposti nell’ambito di questa rassegna. Fu amica di un’altra grande eroina del ‘600, Artemisia Gentileschi, con cui condivise viaggi ed esperienze e che costituì per lei, più giovane di alcuni anni, un modello a cui ispirarsi. Abile nel garantirsi il favore dei suoi committenti, l’artista si specializzò nella miniatura su pergamena, eccellendo in particolare nella rappresentazione di nature morte con oggetti esotici e soggetti tratti dal mondo vegetale ed animale: protagonista nella cultura del suo tempo, divenne ben presto nota e apprezzata in tutta Europa. Tanto da essere ritratta, ormai in età avanzata, dal principe dell’Accademia di San Luca a Roma, Carlo Maratta, futuro restauratore di capolavori di Raffaello. Giovanna Garzoni rivela una straordinaria originalità e curiosità intellettuale, che traduce in una profonda, rigorosa osservazione del mondo naturale. In mostra, il vasto corpus dei lavori dell’artista, di proprietà del Gabinetto Stampe e Disegni degli Uffizi, è impreziosito da una serie di prestiti da collezioni private, da musei nazionali ed esteri ed esemplifica l’arco creativo di tutta la sua carriera. Da segnalare, in particolare, le preziose miniature floreali con vasi di foggia cinese e conchiglie provenienti da paesi tropicali e le tante nature morte “ma anche vive” con frutta, piante esotiche e piccoli animali di ogni genere (dagli insetti rappresentati nella loro infinita varietà, a lumache, uccelli e cavallette), fino ad arrivare all’opera simbolo della mostra, la celebre Canina(piccolo cane) inglese raffigurata su un tavolo accanto ad una tazza cinese e ad alcuni biscotti. Ma l’unicità dell’estro creativo della Garzoni si esprimeva anche nel confronto tra oggetti e figura umana, come testimonia il Vecchio di Artimino circondato dai prodotti del suo lavoro di contadino (salumi, frutta, uova, formaggi) e dalle bestie della sua corte (galline e un cane). Di sicuro impatto, poi la particolarità dell’Autoritratto della giovane Garzoni nei panni del dio Apollo, realizzato dalla pittrice appena ventenne, e la insolita miniatura del principe etiope Zaga Christ, ritratto quando Giovanna si trovava alla Corte dei Savoia. Infine, non poteva mancare un omaggio a Raffaello, proprio mentre a Roma alle Scuderie del Quirinale è in corso la grande mostra per il cinquecentenario della morte dell’Urbinate: nell’andito degli Angiolini è esposta infatti anche la copia in miniatura dipinta dalla Garzoni nel1649 della Madonna della Seggiola, già al tempo pezzo di punta della collezione medicea e tuttora visibile nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Giovanna Garzoni era una donna che spesso si trovò a lavorare e dipingere con e per altre donne, e questi episodi di sororità contribuirono in parte – ma sempre positivamente – alle sue scelte e agli esiti del suo lavoro. Indipendentemente da questo la Garzoni riuscì da sola, con le proprie forze e il proprio ingegno, tramite un’accorta politica di autopromozione e un’intelligente flessibilità nel muoversi tra le corti italiane ed europee del tempo, a farsi valere e a creare, anche nel nascente genere della natura morta, un linguaggio originale e profondamente poetico. Nuovi studi e scoperte hanno reso maturi i tempi per la mostra monografica di quest’anno, che contempla la produzione dell’artista lungo tutto l’arco della carriera. Il percorso, in questo caso, non è esclusivamente concentrato sulle nature morte e include opere diverse e oggetti che rievocano quelli riprodotti nei dipinti, dove la resa pittorica vibrante conferisce ai soggetti vitalità eterna, siano essi i personaggi eleganti dei ritratti o le meraviglie della natura. Gli eventi di quest’anno hanno fatto sì che fosse proprio l’arte della Garzoni a sancire la rinascita della Reggia dei Granduchi dopo un lungo momento di buio e silenzio”.

La curatrice dell’esposizione Sheila Barker: “L’obiettivo di questa esposizione è di mostrare lo straordinario respiro geografico della Garzoni, e, allo stesso tempo, illustrarne la visione artistica penetrante, mozzafiato. Il suo punto di partenza è sempre il cuore, il fulcro delle persone e delle cose, che poi vengono sottoposti ad una analisi quasi microscopica. In particolare, Giovanna Garzoni rivolse la sua attenzione agli oggetti esotici presenti nelle collezioni dei suoi committenti, organizzandoli in composizioni che parlavano del cosmopolitismo in crescita nella vita delle corti europee e della intensa circolazione dimerci in tutto il mondo durante questo particolare momento storico di primissima globalizzazione”.  L’esposizione è tra l’altro protagonista di una iniziativa di Advancing Woman Artists (Awa) che l’ha scelta per lanciare una sfida globale ad artisti e istituzioni a livello globale a realizzare nuove creazioni ispirato proprio dall’arte di Giovanna Garzoni (http://advancingwomenartists.org/). “Creando una challenge dedicata a questa mostra, noi speriamo che l’esposizione stessa possa diventare un ponte culturale tra persone di svariate nazioni – commenta la direttrice di Awa, Linda Falcone - Speriamo che gli artisti contemporanei si uniscano a questa conversazione globale sull’arte e attraverso i loro lavori possano dirci quanto i risultati raggiunti dalla Garzoni colorano la loro creatività oggi”.  La mostra è curata da Sheila Barker con la collaborazione del Medici Archives Project; il catalogo è stato realizzato da Sillabe; l’edizione inglese è stata resa possibile grazie al contributo di Awa.

PALAZZO PITTI SI RIAPRE NEL RISPETTO DELLE NORME ANTICOVID

In Palazzo Pitti vigono tutte le norme nazionali e regionali contro la diffusione del coronavirus. È dunque vietato l’ingresso a persone con temperatura corporea oltre 37,5 gradi (viene misurata con termoscanner agli ingressi); è obbligatorio indossare la mascherina durante tutta la permanenza; è necessario mantenere una distanza interpersonale di almeno 1,80 m; sono proibiti gli assembramenti; i gruppi non possono essere formati da più di 10 persone; le guide turistiche devono sempre utilizzare il sistema whisper (microfono e auricolari). Immutato il prezzo del biglietto. Cambiano però, in questa prima fase di riapertura, gli orari: per consentire le quotidiane operazioni di sanificazione, Palazzo Pitti resterà infatti aperto dalle 8,30 alle 13,30. Inoltre gli spazi del Tesoro dei Granduchi e del Museo delle Porcellane, dove per ragioni architettoniche e logistiche non è possibile garantire il rispetto delle regole sul distanziamento sociale, per il momento rimarranno chiusi.

CENNI BIOGRAFICI SU GIOVANNA GARZONI

Giovanna Garzoni nacque ad Ascoli Piceno intorno al 1600 e giovanissima, a Venezia, apprese la tecnica della pittura ad olio, probabilmente dallo zio Pietro Gaia. Una delle sue prime commissioni fu un dipinto per la serie degli Apostoli nella chiesa veneziana dell’Ospedale degli Incurabili, a cui avevano contribuito maestri prestigiosi fra cui Domenico Tintoretto. Nello stesso periodo si perfezionò nelle arti della calligrafia, della miniatura, nell’uso degli strumenti a corda e nel canto; abilità che poté dimostrare alla corte dei Medici all’età di 19 anni. A 22 anni sposò Tiberio Tinelli, ritrattista veneziano, ma la loro unione fallì a causa di un voto di celibato di Giovanna, pronunciato per fuggire la predizione di una morte per parto. Il matrimonio terminò nel 1624 con i parenti di lei pronti a testimoniare il ricorso di Tinelli alla stregoneria. Accogliendo l’invito del fratello a cercare la propria “libertà”, nel 1630 Giovanna si trasferì a Napoli, a servizio del duca di Alcalà, insieme ad Artemisia Gentileschi. Passando per Roma, ottenne il patrocinio dei Barberini e fu introdotta all’Accademia dei Lincei dall’erudito Cassiano Dal Pozzo. Nel 1632 si trasferì a Torino, dove ottenne il titolo di “Miniatrice di Madama Reale”. Nel 1637, alla morte del duca di Savoia, di nuovo in compagnia di Artemisia si diresse in Inghilterra alla corte di Carlo I e lì conobbe Inigo Jones. Alla fine del 1639 Giovanna era a Parigi, nella cerchia del cardinale Richelieu, quindi tra il 1642 e il 1651 visse principalmente a Firenze, lavorando per i Medici e dipingendo prevalentemente miniature. Stabilitasi infine a Roma, si spense nel 1670 e, prima donna  ad ottenere questo onore, venne sepolta nella chiesa dell’Accademia di San Luca.

CENNI STORICI SU PALAZZO PITTI

Acquistato nel 1550 da Cosimo I de’Medici e dalla moglie Eleonora di Toledo per trasformarlo nella nuova residenza granducale, Palazzo Pitti diventò ben presto il simbolo del potere consolidato dei Medici sulla Toscana. Reggia di altre due dinastie, quella degli Asburgo-Lorena (successori dei Medici dal 1737) e dei Savoia, che lo abitarono in veste di reali d'Italia dal 1865, Palazzo Pitti porta ancora il nome del suo primo proprietario, il banchiere fiorentino Luca Pitti, che alla metà del Quattrocento lo volle edificare – forse su disegno di Brunelleschi – al di là dell’Arno, ai piedi della collina di Boboli. Attualmente è sede di quattro diversi musei: il Tesoro dei Granduchi al pianterreno, la Galleria Palatina e gli Appartamenti imperiali e Reali al pianonobiledel Palazzo, la Galleria d'Arte Moderna e il Museo della Moda e del Costume al secondo piano.

GIOVANNA GARZONI: REGINA DI FIORI, E NON SOLO di Eike D. Schmidt 

Ogni anno le Gallerie degli Uffizi celebrano una grande donna artista, quest’anno abbiamo scelto Giovanna Garzoni con una mostra che, come documenta il catalogo che l’accompagna, segna un fondamentale punto d’arrivo nella ricerca su un’artista la cui lunga e sorprendente biografia unisce idealmente Italia ed Europa in una fitta rete di scambi e vicende di committenza. Si tratta di una donna che spesso si trovò a lavorare e dipingere con e per altre donne, e questi episodi di sororità contribuirono in parte – ma sempre positivamente – alle sue scelte e agli esiti del suo lavoro. Indipendentemente da questo la Garzoni riuscì da sola, con le proprie forze e il proprio ingegno, tramite un’accorta politica di autopromozione e un’intelligente flessibilità nel muoversi tra le corti italiane ed europee del tempo, a farsi valere e a creare, anche nel nascente genere della natura morta, un linguaggio originale e profondamente poetico. Iniziò giovanissima con la calligrafia, nel suo caso nobile figlia del disegno: il galeone riprodotto con un unico tratto di penna nel suo Libro de’ caratteri cancellereschi corsivi, copiato da un manuale di Jan van de Velde il Vecchio, pubblicato a Rotterdam nel 1605, offre subito una prima certezza non solo sulla sicurezza di mano della giovane Garzoni (aveva circa vent’anni), ma anche sullo spettro ampio e internazionale della sua formazione. I viaggi, iniziati assai precocemente – il primo la vede a Firenze, forse ancora diciottenne, alla corte di Maria Maddalena d’Austria – non furono una mera occasione di impiego, ma anche un’opportunità per approfondire le conoscenze scientifiche necessarie alla sua specifica produzione e per intessere relazioni e amicizie (come quella, fondamentale, con l’erudito Cassiano Dal Pozzo, suo fedele e costante estimatore) che l’accompagnarono nel corso della sua esistenza. Per giunta, nella città dove Galileo Galilei portava a perfezionamento gli strumenti ottici e le lenti dei suoi microscopi e telescopi, Giovanna Garzoni aveva a disposizione la tecnologia più avanzata per osservare il microcosmo e per tradurre in pittura le sue minute osservazioni del reale. Le date ci suggeriscono inoltre un più che possibile incontro fiorentino con Artemisia Gentileschi (che lasciò Firenze nel 1620) e, certamente, con la pittrice Arcangiola Paladini che operava stabilmente alla corte di Maria Maddalena: due diversi esempi di donne emancipate e in carriera che non mancarono di ispirare la giovane marchigiana, sul piano sia umano che professionale. L’impetuosa e passionale Artemisia sembra, per paradosso, un riferimento costante per la Garzoni, il cui matrimonio forzato con il pittore veneziano Tiberio Tinelli non durò nemmeno due anni e fu sciolto – sembra – per il voto di castità della sposa. A guardare gli eventi successivi della sua biografia, viene da pensare che si sia trattato invece di un altro tipo di voto, ossia quello della libertà di seguire la propria vocazione artistica senza doversi piegare ai doveri e alle incombenze della vita domestica riservata a mogli e madri: una scelta anticonvenzionale per quel tempo, che insieme alle opere rimaste ci parla di un temperamento innamorato del lavoro e dello studio. La Garzoni arrivò a Torino nel 1632 grazie ai contatti con il suo mentore Cassiano Dal Pozzo, torinese di nascita, e vi rimase fino al 1637 al servizio di Cristina di Borbone, moglie di Vittorio Amedeo I di Savoia, chiamata “Madama Reale” perché sorella del re Luigi XIII diFrancia. Questa donna potente offrì all’artista non solo la tranquillità operativa di un impiego sicuro, ma anche un’apertura verso l’Europa, verso stimoli e committenti d’Oltralpe, verso la Francia dove poteva godere della rete di contatti istituita dalla diplomazia sabauda. L’instancabile itinerario dell’artista, le cui tappe coincidono in gran parte con quelle della Gentileschi, include oltre a Firenze anche Venezia, Roma e Napoli, e perfino l’Inghilterra, dove pare che le due donne si fossero recate insieme nel 1638, a riprova di un rapporto che il tempo e la distanza geografica delle rispettive sedi di lavoro evidentemente non aveva interrotto. Viaggi e protezioni altolocate offrirono certamente alla Garzoni l’opportunità di avvicinare modelli pittorici non ovvi, forse preziosi manoscritti miniati, o rarità da Wunderkammer, reperti naturali prima ignoti. Poté così ampliare per presa diretta il suo repertorio artistico, stimolando nel contempo quella curiosità che la spinse, nelle sue composizioni di natura morta, a contaminare fiori e porcellane cinesi, frutti e insetti, lucenti vasi di vetro e conchiglie esotiche, cagnolini e savoiardi sbocconcellati. La mostra celebra l’arte di questo personaggio che seppe vivere oltre i ruoli cui l’avrebbero costretta i tempi in cui visse; e il catalogo, che ne segue le vicende professionali senza mai cadere nella tentazione del pettegolezzo biografico, ne esalta l’opera così chiaramente intrisa di medicina naturale e sapere scientifico.L’argomento è in parte derivato da quello trattato nella bella rassegna del 2014, Pergamene fiorite. Pittura di fiori dalle collezioni medicee, organizzata e curata da Maria Matilde Simari ed Elisa Acanfora alla Villa medicea di Poggio a Caiano. Come già evidente dal titolo, in quella occasione i dipinti di fiori della Garzoni erano inseriti in un percorso che comprendeva altre opere analoghe di autori contemporanei custodite nella collezione della villa, divenuta da tempo uno strepitoso ‘museo della natura morta’ dove è stato raccolto il meglio della pittura di quel genere appartenente alle collezioni fiorentine. Nuovi studi e scoperte hanno reso maturi i tempi per la mostra monografica di quest’anno, che contempla la produzione dell’artista lungo tutto l’arco della carriera, con prestiti da raccolte e musei italiani e stranieri. Il percorso, in questo caso, non è esclusivamente concentrato sulle nature morte e include opere diverse e oggetti che rievocano quelli riprodotti nei dipinti, dove la resa pittorica vibrante – grazie al bianco eburneo della pergamena di supporto e a una stesura del colore ampiamente ‘puntinista’ – conferisce ai soggetti vitalità eterna, siano essi i personaggi eleganti dei ritratti o le meraviglie della natura. Non possiamo fare a meno di notare, alla fine, come nell’universo di Giovanna Garzoni tutto si componga secondo un disegno lucido che tende all’immortalità, fino alla mossa geniale delle sue disposizioni testamentarie, che le garantirono un monumento funebre nella chiesa dell’Accademia di San Luca. Se infatti come membro dell’Accademia il suo ruolo, in quanto donna, era stato solo onorario e non le aveva concesso di partecipare alle riunioni o alle decisioni operative, dopo la morte il suo nome, lo status di esimia miniatrice e il suo titolo furono orgogliosamente affermati nella lapide che ancor oggi vediamo sulla controfacciata della chiesa dei Santi Luca e Martina, appartenente all’istituzione che, in vita, l’aveva consacrata solo a metà.

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