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Wedding in crisi, tredici mesi in rosso. In Italia perso l'80% del fatturato
Un anno terribile per tutta la filiera. Paolillo: "Il problema più grande è la perdita di posti di lavoro: non solo presso le aziende ma anche nei negozi
“Il 2020 è stato un anno terribile per il nostro settore, siamo in “zona rossa” per 13 mesi, da marzo 2020 ad oggi, un danno incalcolabile per l’intera filiera”. Questa la sintesi di Luciano Paulillo, presidente Airb (Associazione italiana regalo e bomboniera) a sunto del bilancio del comparto wedding stilato sulla base di dati rilasciati dall’Istat.
“Tra Dpcm ed ordinanze regionali, che hanno impedito di svolgere cerimonie e feste religiose, alle quali si aggiungono la chiusura delle chiese, anche nei periodi di apertura sociale, abbiamo ad oggi ben 13 mesi di inattività totale", prosegue Paulillo. "I numeri parlano chiaro a livello nazionale abbiamo perso l’80% del fatturato, pari a ben 29 miliardi di euro per il 2020, mentre il 100% da gennaio a marzo 2021. Il dato finale della perdita di fatturato è raffrontato a quanto registrato nel 2019 con circa 35 miliardi di euro”.
Questi alcuni numeri. Nel periodo gennaio/ottobre 2020 andati in fumo circa 85mila matrimoni (170mila nel 2019); tra gennaio e luglio celebrati 34mila matrimoni (101.461 nel 2019 e circa 108mila l'anno prima). Nel II trimestre 2020 si delinea il vero crollo per via delle “pesanti restrizioni relative alla celebrazione dei matrimoni religiosi durante il lockdown, così come per quelle finalizzate a ridurre gli eventi di stato civile che hanno luogo nei Comuni”. La diminuzione rispetto al secondo trimestre 2019 è stata di circa 80% per i matrimoni, di circa 60% per le unioni civili e le separazioni/divorzi consensuali presso i comuni e i tribunali.
Ma la perdita dei posti di lavoro è il pericolo più grande come indica il presidente Paulillo: “Una volta terminate le Cigs governative, troveremo un disastro. Dei 7.000 negozi in Italia di vendita dell’articolo bomboniera e confetti circa 1.500 non rialzeranno la serranda con una perdita di 2.000 posti di lavoro ai quali si sommano almeno 3.000 dipendenti di aziende produttrici e distributrici. In Italia sono circa 1.700 e saranno in 200 a non ripartire. Cinquemila lavoratori che, una volta perso il lavoro, come faranno a mantenere le proprie famiglie? Senza contare una folta partecipazione di lavoratori, della filiera di settore, non sostenuti dalla protezione dello Stato come: lavoratori occasionali, stagionali o di prestazione, figure che lavorano con partita iva o con ritenuta d’acconto che non hanno avuto alcun ristoro”.