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Coronavirus: ‘Il villaggio in una stanza’: alla Barona nasce Zumbimbi

Milano, una casa per ospitare i bambini figli di genitori ricoverati a causa del Covid-19

Coronavirus: ‘Il villaggio in una stanza’: alla Barona nasce Zumbimbi

di Alessia Casiraghi

Quasi 1000 bambini si sono riuniti, qualche sera fa, davanti alle webcam di casa in Italia ed Europa per cantare insieme il ‘Nessun Dorma’. Sorridenti, dietro ai cartelli con i lori nomi, cercando di esorcizzare la paura per quel mostro sconosciuto che gli adulti chiamano Covid-19. Oltre 80 anni fa, era una canzone trasmessa ogni sera dalla BBC, ‘Goodnight Children Everywhere’, a riunire i bambini di tutta l’Inghilterra, separati dalle loro famiglie in quella che è passata alla storia come Pied Pier Operation. Era il 1939, le truppe del Reichstag stavano per invadere la Polonia, e il governo britannico aveva deciso di proteggere oltre 1 milione di minori, provenienti da Londra e dalle aree urbane, dai possibili bombardamenti, ospitandoli in centri di accoglienza nelle zone rurali dell’Inghilterra.

Proteggere i bambini e i minori in situazioni di emergenza, farli sentire accolti anche se distanti dalle loro famiglie, rappresenta un impegno necessario e imprescindibile ad ogni latitudine della Storia. E non è facile spiegare ai più piccoli la complessità di un’emergenza inedita e dai contorni incerti come quella che stiamo vivendo. Ma Milano non si è tirata indietro.

Lo scorso 4 aprile ha aperto i battenti Zumbimbi, una struttura nata per ospitare minori dai 6 ai 16 anni, figli di genitori ospedalizzati o in quarantena a causa del Coronavirus. Lo spazio di accoglienza, che ha in sede in Via Zumbini 6, è nato dalla collaborazione tra il comune di Milano e La Cordata.  Abbiamo intervistato Claudio Bossi, Presidente de La Cordata, per farci raccontare come è nata questa esperienza.

Come è nato Zumbimbi?

Il progetto è nato insieme al Comune di Milano e all’Assessore alle Politiche Sociali, Gabriele Rabaiotti. La nostra struttura è di norma un residence sociale che accoglie studenti, lavoratori, famiglie in fragilità abitativa. Il Comune aveva ricevuto fin dalle prime settimane dell’emergenza Covid-19 un alert importante dal Tribunale per i Minori, per trovare soluzioni per bambini e minori i cui genitori avrebbero potuto essere ospedalizzati, e quindi abbiamo deciso di unire le forze per dare vita a questo progetto. Ma da soli queste cose non si fanno mai. Abbiamo coinvolto la cooperativa Comin, la Fondazione Comunità di Milano e altre associazioni. E sabato abbiamo accolto il nostro primo ospite, un preadolescente i cui genitori sono stati ospedalizzati.

Qual è l’iter che segue il bambino che viene affidato a Zumbimbi?

Il bambino viene normalmente prelevato dall’abitazione assieme ai genitori, o al genitore, e portato in ospedale in ambulanza. Dopodiché, quando il genitore viene portato in reparto, il minore viene affidato agli assistenti sociali dell’ospedale, che di concerto con gli assistenti sociali del comune, fanno una prima ricognizione per verificare se c’è la possibilità della collocazione del minore all’interno della rete parentale. Se non viene trovata una soluzione adeguata, il bambino viene affidato alla nostra struttura.

Come è organizzata la struttura e quanti bambini può ospitare?

La struttura ha 16 camere con il bagno, di cui 3 sono destinate agli operatori: una per la vestizione in ingresso, una per la svestizione in uscita e i processi di sanificazione per gli operatori e una terza che funge da piccolo magazzino. I bambini vengono ospitati ciascuno in una stanza, fatta eccezione per i fratelli che potranno essere ospitati in doppie o triple. Dobbiamo tenere separati i bambini provenienti da nuclei famigliari diversi per il rischio del contagio. C’è un operatore dedicato ogni 2 camere per 24 ore al giorno.

Come si racconta a un bambino che arriva presso la vostra struttura quello che sta accadendo e il trauma che loro stessi hanno vissuto in prima persona? 

La cosa fondamentale è non mentire mai, assolutamente. Non bisogna limitare la gravità della situazione. La strategia di sminuire l’evento non è efficace e può anche esser controproducente: il bambino ha capacità percettive e ricettive molto ampie, quindi è in grado di percepire la menzogna. E’ una situazione grave, e il bambino ne è consapevole. E’ arrivato da noi dopo che i genitori sono stati ricoverati: per lui il Covid-19 rappresenta la realtà. E dalla realtà non ci si può distanziare. E’ importante avere un approccio rassicurante, che faccia percepire al bambino che c’è un sistema di protezione, che è accolto e protetto da adulti, anche se questi adulti sono sconosciuti. Deve sentirsi protetto dal virus ma anche dalla minaccia dell’allontanamento dalla propria famiglia.

E’ previsto un supporto psicologico per i minori?

A fianco di ogni operatore c’è uno psicologo che supporta da remoto l’operatore e i bambini. Si tratta di minori che hanno subito un forte trauma di separazione e arrivano in una struttura di cui non conoscono nulla. Abbiamo inoltre dotato le camere di tablet per consentire loro di rimanere in contatto con i parenti e, ove le condizioni del genitore lo consentano, con il genitore stesso. Ma anche per continuare a seguire le lezioni con gli insegnanti, interfacciarsi con il mondo esterno.

Per strutturare il progetto vi siete ispirati a qualche modello?

La Cordata è una cooperativa che si occupa da anni di comunità di alloggio per minori, con un approccio educativo e pedagogico. Questo bagaglio di competenze era già in essere nella nostra organizzazione. Quello che abbiamo dovuto apprendere riguarda l’aspetto più strettamente sanitario, cioè la messa in sicurezza della struttura. Emergency ci ha seguito e insieme abbiamo strutturato la disposizione delle stanze, i protocolli di ingresso e uscita dal centro e la formazione online e onsite per gli operatori.

Il vostro centro è nato all’interno del Villaggio Barona, una delle prime esperienze milanesi di housing sociale ma anche un quartiere di frontiera. Qual è stata la risposta del quartiere?

Il claim che abbiamo scelto per l’iniziativa è stato ‘Il Villaggio in una stanza’. Finora abbiamo avvertito una grande vicinanza dal Villaggio stesso, dalle famiglie che ci abitano, dalla Fondazione Cassoni, ma anche dal quartiere. C’è stato un post sui social che vantava l’orgoglioso di essere in Barona perché in Barona nascono e fioriscono anche esperienze come queste. Noi ci siamo sentiti protetti dall’affetto del quartiere in cui siamo, e questa è una cosa fondamentale. Perché è chiaro che una situazione di emergenza sanitaria può scatenare reazioni di paura.

Quali le prospettive a lungo termine?

Il centro rimarrà aperto. Ci stiamo interrogando sulla prospettiva: questo è un centro di primissima accoglienza in emergenza, poi occorrerà capire quale procedura adottare per i bambini una volta terminata la quarantena ma soprattutto quando avranno recuperato un equilibrio psicofisico. La sfida è importante. E la nostra mission è da sempre quella di occuparci dei giovani, ma anche delle famiglie in condizioni di fragilità.

Per donare www.lacordata.it/zumbimbi