Parlamento Ue, Pittella e Tajani a caccia di voti. La mappa
Gianni Pittella e Antonio Tajani tentano di ottenere consenso tra i deputati per essere eletti alla presidenza del Parlamento europeo. Ma tra i due...
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani
Ad una settimana dalla nomina di Antonio Tajani come candidato del gruppo popolare alla presidenza del parlamento europeo lo sport piú in voga tra i corridoi delle Istituzioni Ue é la conta. Si contano quanti eurodeputati voterebbero per Tajani e quanti invece sosterrebbero Gianni Pittella, il candidato del gruppo dei Socialisti e Democratici. Si contano i franchi tiratori e i fedelissimi, quelli che potrebbero cambiare casacca in cambio di qualche promessa e gli irriducibili. Insomma, quello che spesso accade nei corridoi di Montecitorio e Palazzo Madama avviene in forma multilingue anche a Strasburgo.
Valutare gli schieramenti non é affatto semplice. Gianni Pitella, eurodeputato del Partito democratico, puó contare sul sostegno del suo gruppo (189 voti) e in maniera quasi compatta dei Verdi (50 voti) e della Gue (52 voti). La sinistra europea a dirla tutta avrebbe la sua candidata, Eleonora Forenza, ma non avendo alcuna possibilità di vittoria é prevedibile che dopo il primo voto gli eurodeputati confluiscano sul candidato piú vicino al loro programma, dunque Pittella. Totale: 291 voti. Troppo pochi per superare la soglia delle 376 mani alzate necessarie per essere eletti.
Nel capo popolare Tajani, eurodeputato di Forza Italia e primo vicepresidente del Parlamento europeo, puó contare sull'appoggio di un gruppo di appartenenza piú numeroso. I popolari infatti sono ben 216. Della partita sono anche i conservatori che esprimono 74 preferenze. Ma i sostenitori certi di Tajani sif ermano qui, a quota 290.
Una incognita é rappresentata dall'Alde. Il gruppo dei liberali infatti ha candidato ufficialmente Guy Verhofstadt alla carica che fu di Martin Schulz. E se il suo gruppo, che conta 68 eurodeputati, non ha i numeri per imporsi nell'Aula di Strasburgo, Verhofstadt ha il carisma e la storia necessari per diventare il nuovo presidente. Giá, perché nello scontro frontale popolari-socialisti a godere potrebbe essere il terzo pretendente. C'é chi mormora perfino che lo stesso Schulz stia tessendo la trama per farlo eleggere.
Per capire perché questa ipotesi non é cosí peregrina bisogna fare un passo indietro. Dopo le elezioni europee i popolari (e la Merkel) rivendicarono la carica di presidente della Commissione europea che andó a Jean Claude Juncker e lasciarono quella del Consiglio ai socialisti. Il posto doveva andare a Enrico Letta (stimato a Bruxelles) perché il Pd era ed é il partito di sinistra piú forte in Ue. Ma Renzi, che aveva appena sfilato la sedia a Letta, preferì nominare Mogherini ministro degli Esteri Ue. I popolari cosí nominarono Tusk al Consiglio.
In Parlamento Schulz e Weber (i capogruppo socialista e popolare) raggiunsero un accordo. Per la prima metá della legislatur la presidenza sarebbe andata al socialista, per la seconda metá al popolare. Accordo che peró oggi é stato rimangiato. Schulz ha fatto le valigie per tornare a Berlino e salvare la Spd, mentre i socialisti non vogliono mollare la poltrona. Lo scontro si é cosí radicalizzato che un accordo tra le due forze sembra impossibile. E per superare lo stallo alla fine si potrebbe convergere proprio sull'outsider Verhofstadt.
Non prima peró di avere portato avanti una campagna di convincimento dei deputati. In ballo ci sono i voti del Gruppo della Libertà e della Democrazia diretta. In tutto 44 deputati. Tra i banchi siedono i deputati dell'Ukip e del Movimento 5 Stelle. Anche loro ufficialmente hanno il loro candidato, Piernicola Pedicini, ma nel segreto dell'urna potrebbero dividersi. La tendenza é il voto per Pittella dai 5Stelle e a Tajani per l'Ukip, ma sono voti tutt'altro che certi.
C'é popi il gruppo delle Nazioni e della Libertà, dove siedono i principali gruppi euroscettici, come il Front National e la Lega Nord. Sono in tutto 39 e anche se vorrebbero votare per abbatterla, l'Europa, potrebbero schierarsi con Tajani. In molti casi sono infatti partiti di destra che piuttosto di vedere un socialista alla guida del parlamento si turerebbero il naso.
Ci sono poi i non iscritti, in tutto 18 eurodeputati. Tra di loro i soggetti che nessuno vuole. Rappresentanti di partiti razzisti e reazionari, come l'ungherese Jobbik o l'Alba dorata greca. Ma anche fuoriusciti come Renato Soru (ex Pd) e Jean Marie Le Pen, padre di Marine, espulso dal partito per le sue posizioni antisemite. Con loro valgono solo accordi faccia a faccia, ma é probabile che nessun candidato si voglia fare eleggere con il loro sostegno.