Bielorussia, rischio implosione: sottomettersi a Putin per sopravvivere
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenka tenta di portare la dimensione bellica su un altro binario: quello della legittimazione a ri-contrarre
Bielorussia, perché Putin mira a Minsk tramite la guerra ucraina
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenka tenta di portare la dimensione bellica su un altro binario: quello della legittimazione a ri-contrarre.
I segnali sono sostanzialmente due:
-
il fatto di essere l’anello debole di quei famosi accordi di Minsk dato che se da una parte Kiev non avrebbe rispettato gli accordi (modificando la Costituzione), dall’altra parte, significa che Mosca non solo li ha violati ma lo ha fatto pure con il supporto indiretto o diretto del Paese (apparentemente) garante;
-
la Bielorussia è un Paese tecnicamente al bivio e cioè o produce ricchezza e si apre ai mercati oppure deve sperare in grandi quantità di materie prime che da sola non ha (e ciò anche al fine di evitare l’aumento del debito estero eterogeneo).
Secondo gli ultimi dati OEC (Observatory of econimic complexity) al 2021 la Bielorussia ha una situazione economica quasi totalmente dipendente dalla Russia e dalla Cina nel senso che le importazioni principali riguardano il c.d. crude petroleum, auto e medicamenti. Un mercato che (sommando le importazioni da Russia e Cina) è pari a venti volte circa le importazioni residue da Germania, Polonia e Ucraina. Paesi quest’ultimi verso cui, prima della guerra, la Bielorussia esportava la quasi totalità delle produzioni interne (escluso il rapporto speciale con la Russia che, sempre in base ai dati OEC, è primo Paese verso cui Minsk esporta ed importa).
Sapete qual è uno dei cinque Paesi verso cui maggiormente esporta petrolio raffinato la Bielorussia (tramite importazione russa)? Proprio l’Ucraina. A questo punto è intuibile che l’apparato bielorusso (legato agli oligarchi interni) si tiene in vita come farebbe un grossista intermediario nelle dinamiche di scambio beni, però, con un distinguo: il grossista vive di fiducia verso chi compra e a sua volta ne riceve da chi acquista ciò che vende. Nel caso della Bielorussia il tema della fiducia non si pone. Si pone, invece, il tema del disaccoppiamento politico nel senso che Lukashenka deve smarcarsi dalla linea Putin (ma non troppo) rispetto alla gestione dei problemi con l’Ucraina al fine di rilegittimarsi al mondo per la soluzione del conflitto.
Lo deve fare per una ragione primitiva: l’esistenza stessa sua e della Bielorussia.
Allora la strategia, ammesso che ve ne sia una decifrabile, sarebbe far comprendere come la Bielorussia sia il vero cuscinetto di garanzia tra Russia e Nato facendo intendere anche che l’Ucraina, non avendo rispettato gli accordi di Minsk (secondo Mosca), ha perso il ruolo fondamentale che si era perimetrato dal 2015: il punto dieci dell’accordo Minsk II, d’altronde, prevedeva e prevede “Il ritiro di tutte le forze armate straniere, delle attrezzature militari, così come dei mercenari dal territorio dell’Ucraina sotto la supervisione dell’OSCE. Disarmo di tutti i gruppi illegali”. Si potrebbe dire “comprese truppe russe e Wagner e simili”.
Chi dovrebbe garantire questa liberazione sarebbe proprio Minsk, ma è ovvio che non potrà farlo affatto data la forte dipendenza dalla Russia di cui sopra.
Ma se così stanno le cose la Bielorussia non avrebbe più ragione di esistere se non mantenendo vivo un ascendente politico verso l’esterno.
Tuttavia è proprio per questa ragione che, allo stato attuale, Lukashenka sa di non avere alternative se non quella di evitare il collasso interno (carestia alimentare compresa tenuto conto dell’embargo UE per i prodotti alimentari che costa a Minsk molto in termini di ricerca di prodotti alternativi per gli ammassi di Stato).
Se poi si considera che, stando a quanto riporta oggi l’Ansa, Lukashenka non vede assolutamente “alcun rischio dall'impiego del Gruppo Wagner" in Bielorussia sottolineando che “Zelensky ha finalmente capito che non vincerà questa guerra" e che "questo contrattacco non porterà a nulla se non alla morte di migliaia e migliaia di persone”, allora, il dato potrebbe dirsi tratto.
È una dichiarazione ambigua perché maschera un filo di sottomissione a Mosca ma, contestualmente, apre ad un ultimo tentativo di sopravvivenza: dire al mondo che la politica di Minsk non è come quella russa così cercando di portare dalla sua parte la Wagner prima che Putin decida di cambiare obiettivo: scaricare su Minsk la colpa della guerra Ucraina (per non aver garantito gli accordi) e annetterla per implosione interna. Così Putin avrebbe un alibi per chiedere scusa al mondo. Sempre se qualcuno ci crederà.
Un ulteriore dato utile per comprendere la corsa contro il tempo di Minsk? La Bielorussia non è neanche tra i 30 eserciti con più elevato indice di forza militare secondo Global Firepower. Questo la dice lunga sulla forza vera anche della Russia (seconda al mondo dopo gli Stati Uniti). Nel frattempo Lukashenka si danna l’anima prima che la Wagner passi con l’Occidente.