Defunti all'estero, tempi biblici per i rimpatri: "Tajani snellisca le regole"

Il ministro dell'Interno si mobiliti contro la burocrazia nelle ambasciate: "Serve una corsia preferenziale per il rimpatrio delle salme in tempi brevi"

Di Tiziana Rocca
Rocca sbrocca

Defunti italiani all'estero, oltre al calvario emotivo anche quello economico: il caso delle Maldive 

Quando muoiono i nostri connazionali all'estero, spesso, inizia un calvario emotivo ed un carico economico da sopportare molto più pesante di quello che si può immaginare, soprattutto, se si tratta della scomparsa di una persona cara in Paesi molto lontani dall'Italia. E' successo a persone che conosco ma ho fatto un po' di indagini e mi sono imbattuta in una realtà poco nota se non per quelli che sfortunatamente si sono ritrovati in questa drammatica situazione.

Oltre al grande dolore per la dipartita della persona cara, infatti, in questi casi ci si ritrova ad affrontare grandi disagi per tutto quello che riguarda la questione del rimpatrio della salma in Italia. In particolare, ho a cuore raccontare la vicenda di una persona deceduta alle Maldive, ma queste situazioni sembrano succedere un po' ovunque soprattutto nei Paesi oltreoceano. Dove una persona italiana muore, lontano da casa, esiste questo problema.

Per quanto riguarda il rilascio delle autorizzazioni ma anche per i costi dei servizi funebri solo pochi Paesi (15 quasi tutti in Europa eccetto Messico, Cile, Egitto e Congo) hanno sottoscritto la Convenzione di Berlino del 1937 che ci facilita nelle procedure. Per tutte le altri parti del mondo, per ottenere il rimpatrio della salma in Italia da un Paese non firmatario nel momento in cui si apprende la triste notizia del decesso, la procedura prevede che deve essere contattato il Consolato Generale o l'Ambasciata Italiana per ottenere la traslazione della salma.

Ed è qui, che spesso, le tempistiche si allungano in modo insopportabile e dannoso. Tornando alla vicenda delle Maldive che mi è stata segnalata, una volta consegnato il certificato di morte della persona deceduta da parte delle autorità maldiviane e nel momento in cui lo si trasmette all'Italia è emerso un gap enorme causato dalla burocrazia amministrativa che entra, purtroppo, in questa già triste situazione dove non solo si deve affrontare la perdita di una persona cara ma a cui si aggiunge il dolore enorme dato dall'impossibilità di riportare a casa il corpo in tempi brevi.

Il problema è che una volta ricevuti, i documenti si incagliano all'ambasciata e non esiste l'organizzazione per avere una corsia preferenziale alla Farnesina che permetta ai nostri italiani deceduti all'estero di tornare in tempi utili per avere una degna sepoltura. Dopodiché, facendo un passo indietro e tornando sul luogo del decesso, da quello che è emerso sembra che alle Isole Maldive esista una sorta di racket dell'obitorio. Un business locale. Trattenere una salma all'obitorio di Malè costa, infatti, 500 dollari al giorno. Che non puoi non anticipare.

Anzi, ti chiedono di firmare una presa in carico di tutti i costi (costi in alcun modo esplicitati in anticipo) una spesa che non tutti possono permettersi, tanto che molte famiglie sono costrette ad abbandonare il corpo del caro defunto che è una cosa assolutamente barbara nel 2023 e di profonda tristezza. Altrimenti, paghi, ma devi comunque aspettare giorni e giorni per riportare la salma in Italia come se fosse un pacco postale. Oltre al dolore, anche la vergogna di realizzare che non è un ordine da consegnare ma è la persona che amavi, una persona cara, un congiunto ed è straziante a livello emotivo. Tornando al caso in questione, dopo 15 giorni di stallo all'obitorio costato, facendo un facile calcolo, circa 7.500 dollari alla fine sono riusciti a portare via il corpo. Per i più è una spesa enorme che diventa quasi insostenibile se si sommano le spese funebri internazionali per portare la salma con l'aereo. E in questi casi, il rimpatrio della salma dall'estero può costare fino 15.000 euro ed, è chiaramente, anche questo carico dei familiari. Inoltre, oltre al (triste) danno la beffa, la persona deceduta aveva delle volontà post mortem, quella di voler essere cremata.

Ma se ti trovi in posti come le Maldive, non è possibile, perché non è previsto dal loro statuto, tanto che, per portare via la salma devi firmare un documento dove ti impegni a non cremarlo. Pertanto, paradossalmente non puoi fare le ultime volontà del tuo familiare o congiunto e quando arrivi in Italia ti ritrovi pure con un certificato di morte dove tu hai dichiarato che non lo cremerai. Ma dopo tutto quello che uno deve affrontare la grande arrabbiatura è per i ritardi nelle ambasciate. Per colpa di una burocrazia, nelle nostre ambasciate sembra che trattengano i documenti sempre più del dovuto. Se non ti arrabbi e chiami continuamente per smuovere la pratica ci puoi mettere mesi e mesi.

Anche per questo le persone poi non ce la fanno né economicamente a sostenere questi costi né emotivamente e sono costrette ad abbandonare il corpo. Non c'è impulso, non c'è reattività. L'ambasciata ancora vuole il documento cartaceo da presentare di persona. Ci richiedono mail con posta certificata che ci arrivano come se fossero raccomandate per ogni cosa e per una cosa importante come questa serve e dovrebbe bastare una mail con la PEC ufficiale per portare il corpo in Italia ed avere una degna sepoltura.

In nome della solidarietà per le famiglie dei nostri cari defunti all'estero, faccio un appello rivolto al ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani affinché si impegni per garantire che: “il certificato di morte trasferito dal Paese in cui succede l'incidente una volta ricevuto dall'ambasciata, possa avere immediatamente una via preferenziale veloce che in 24-48 ore al massimo possa fornire i documenti ai familiari o ai congiunti della vittima per permettergli di riportare la salma in Italia in tempi utili”.

E' una vergogna che non esista un passaggio preferenziale in queste situazioni e che ci si incagli nella burocrazia pure quando si muore. Negli Stati Uniti, che sono composti da cinquanta stati con leggi diverse, la maggior parte delle persone, con una spesa preventiva alla portata di tutti, si affidano ad assicurazioni internazionali specifiche e che garantiscono, sempre che non ci siano problemi relativi alla verifica del decesso, il trasporto della salma entro 5-9 giorni lavorativi.

E allora qualcosa forse si può fare per migliorare anche nel pubblico. Anche se, spesso, poi, sul posto, sembra che ci siano sempre interessi nella gestione e pochissima trasparenza da parte dei vari partner e delle varie assicurazioni coinvolte che sembrano solo attente al rientro economico. Bisogna assolutamente attivarsi per una procedura più umana, emotivamente sostenibile che non crei disagio di fronte alle ingiustizie della burocrazia anche davanti a una cosa così delicata e importante come la perdita di una persona cara. Questa è un'ingiustizia che succede a tanti italiani di cui non ne siamo a conoscenza perché non se ne parla, in quanto sono situazioni che creano sofferenza, a cui si aggiunge la rabbia dell'impotenza di dover lottare per riuscire ad ottenere quello che sarebbe un proprio diritto. 

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