18 marzo: la giornata delle vittime del Covid e i familiari dei medici eroi

La struggente testimonianza della moglie e dei figli di Marcello Natali e di un'infermiera rimasta vedova a causa della pandemia

Coronavirus
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Rendiamo onore a chi ha dato la propria vita per proteggere quella di tutti noi

Il 18 marzo è la giornata dedicata alle vittime del Covid, in ricordo di Marcello Natali, medico di Codogno scomparso proprio questo giorno di due anni fa, nel pieno della lotta contro la pandemia nella sua fase più acuta. Affaritaliani.it celebra gli eroi di questa battaglia per la salute attraverso il ricordo dei loro familiari, realizzato con la collaborazione del movimento culturale “OrgogliosaMente Infermieri OMINF” e in particolare dei Dott. Gabriella Scrimieri e Giovanni Muttillo, che arricchiscono questo articolo con alcune loro riflessioni.

La testimonianza della moglie e dei figli di Marcello Natali:

“Intanto vorremmo ringraziare di cuore il Dott. Muttillo per l’opportunità e tutti i gli infermieri e i sanitari per il lavoro che hanno svolto in questi difficili anni e che continuano instancabilmente a svolgere. A voi tutti rivolgiamo un caro pensiero. Il 18 marzo per la nostra famiglia é una data dolorosamente importante, difatti, oltre ad essere la giornata nazionale per il ricordo delle vittime dell'epidemia di Sars Cov-2, é anche l'anniversario della morte del nostro papà: Marcello Natali.

Oltre al ricordo di tutte le vittime della pandemia in questa giornata, più che in tutte le altre soffriamo la sua mancanza e non possiamo fare altro che viverla con tristezza, amarezza e rimpianto.
C'è tanta tristezza e tanta solitudine in questa storia.

Ero lontana in quei giorni, papà dopo che era stato trovato il primo positivo a Codogno mi aveva impedito di tornare a casa chiedendomi di restare a Bologna, città in cui studio. Tutto quello che mi veniva raccontato mi sembrava surreale e faticavo a credere alle parole dei miei genitori. Comunicavamo tramite videochiamate ma quando chiamavo spesso lui o stava lavorando o riposava per il troppo lavoro. L'11 marzo, verso mezzogiorno é arrivato un messaggio che per me é stato come un fulmine a ciel sereno: "Mi ricoverano".  

Come? Perché? Cosa sta succedendo? Scherzi?
Invece no, era tutto tragicamente vero ma lo avrei realizzato solo mesi dopo.
Quando alle 7 e mezza di mercoledì 18 marzo 2020 é suonato il telefono non abbiamo potuto abbracciarci.

Piangevamo soli e in silenzio. Lontani.
Lontani lo siamo stati fino a giugno finché finalmente abbiamo potuto piangere tutti assieme.
La mia famiglia da tanto unita che era si era ritrovata ad essere sgretolata.

Io ero sola a Bologna. Mio fratello si occupava di mia nonna.
Mia mamma, infermiera ammalatasi in concomitanza con papà, era positiva e chiusa in una stanza in cui sarebbe rimasta due mesi e mezzo. Chiusa in una stanza da sola, dimenticata da tutti per due mesi e mezzo. Morta anche lei con papà ma in fondo ancora viva.

Non posso colpevolizzare qualcuno per quello che é successo a papà però posso dire che mi sarei aspettata molto di più da uno Stato e da un Servizio Sanitario di Regione Lombardia per cui papà é morto e che non ha fatto altro se non dimenticare qualcuno che aveva chiamato eroe. Mi sarei aspettata gli dessero più dispositivi di protezione individuale invece che tre misere mascherine. Mi sarei aspettata un ringraziamento. Mi sarei aspettata più attenzione nei confronti di mamma quando stava male. Mi sarei aspettata che alla cerimonia, avvenuta a Codogno nel febbraio di quest'anno per ricordare l'inizio della pandemia, non invitassero degli attori ma dei MMG e magari anche noi, famigliari di vittime del dovere, perché papà questo é e andrebbe riconosciuto in quanto tale. 

In questa triste storia sento però di dover ringraziare tutti i suoi pazienti che ci hanno dimostrato vicinanza e tutto il personale sanitario per il lavoro che svolge. Grazie. Papà é morto, noi no.

Michela e Marco Natali (figli) e Tiziana (moglie), familiari del Dott. Marcello Natali medico nei quattro ambulatori di Caselle Landi, Castelnuovo Bocca D’adda, Corno Vecchio e Codogno (LO) rimasto vittima dell’epidemia da Covid-19 il 18 marzo 2020

 

Testimonianza di Paola, infermiera e familiare di una vittima da Covid

Testimonianza di Paola, infermiera e familiare di una vittima da Covid

Un anno fa Mauro, mio marito, era ricoverato da due giorni in un reparto ospedaliero della provincia nord di Milano con una polmonite bilaterale da Covid. Ne sarebbe uscito il 29 marzo, morto.
Man mano che si avvicina il primo anniversario riaffiorano i ricordi di quei convulsi quindici giorni.
Lo tsumani della terza ondata pandemica. che ha fatto più male della prima proprio perché sapevamo tutto di questa bestia, dalle modalità di contagio al possibile esito infausto per chi nella popolazione è più anziano, più disinformato, più solo, più indifeso…

Eppure, ancora nel marzo 2021, tanti contagi, tanti ammalati, tante vittime. Intere popolazioni di paesi confinate a casa, senza diagnosi, terapie, assistenza, supporto. Senza vaccini per i più fragili.
Mauro è morto di Covid, da solo ma non solo per il Covid: non tutto è stato fatto per prevenirne il contagio e la malattia.

L’abnegazione di noi professionisti sanitari, e di tanti operatori e volontari, è stata in parte vanificata dalla inefficienza della risposta delle istituzioni e dai disservizi dell’organizzazione sanitaria regionale.
Cosa resta quindi, un anno dopo?

Il dolore come familiare per la perdita, il senso di colpa come infermiera per non aver fatto tutto il possibile per salvarlo, e tanta rabbia come cittadina per le inefficienze di un servizio sanitario in cui opero da quarant’anni e che mi ha abbandonato in una situazione di bisogno.”

Paola, infermiera e vedova di una vittima di Covid

 

Il commento di Orgogliosamente Infermieri

Il commento di OrogliosaMente Infermieri


18 marzo 2022, Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di coronavirus Sars Cov-2: Questa giornata è una ricorrenza importante per preservare la memoria, la vita e i racconti di uomini e donne con ripercussioni importanti tra cui le evidenti criticità riscontrate nella medicina territoriale.  Le riflessioni e le analisi che possiamo trarre da quello che abbiamo vissuto in questi DUE anni ci mostrano che solo una società più fraterna e solidale può donare all’umanità serenità e pace. 

I nostri professionisti con il movimento culturale “OrgogliosaMente Infermieri OMINF”, hanno questa importantissima responsabilità, oggi e domani, un ruolo fondamentale nella costruzione di un avvenire migliore. Speciale e unico è stato, ed è, l’impegno messo a disposizione dagli infermieri nell’emergenza sanitaria da Covid-19, così come le competenze professionali, sempre di altissimo livello. Un’esperienza vissuta all’insegna della reciprocità e della solidarietà nel concentrare l’attenzione e lo sguardo alla fragilità umana dei nostri assistiti e dei loro familiari. 

Il ricordo corre a Bergamo, a quel momento straziante di Marzo 2020 in cui i mezzi militari sfilavano per le strade con a bordo le bare di quelle persone cadute vittime della pandemia. 

Questo scenario di morte e smarrimento accadeva proprio quando gli ospedali si riempivano rapidamente di pazienti con sintomi respiratori gravi, che necessitavano di ossigenoterapia e un posto letto in terapia intensiva. Si correva alla ricerca di devices fino ad allora utilizzati prevalentemente in contesti specialistici (ventilatori meccanici, respiratori, C-Pap, caschi, etc). 

Infermieri impegnati nella vestizione e svestizione per la prevenzione dei contagi, con turni spesso di 24 ore dai Pronto soccorso alle aree di degenze mediche e chirurgiche a bassa intensità di cura e delle terapie intensive, all’attivazione del servizio dell’Infermiere di Famiglia.

Nelle continue rimodulazioni organizzative, gli infermieri dovevano rapidamente aderire nuove linee guida e raccomandazioni, acquisire sul campo conoscenze e competenze nuove da cui dipendeva la vita del paziente e la preoccupazione del contagio per sé stessi e i loro familiari. Quando si è parlato di eroi, il riferimento evidentemente non era solo legato al coraggio, alle ore di lavoro incessanti, alla stanchezza, ma anche a questo aspetto su cui non ci si è soffermati molto. OrgogliosaMente Infermieri è un movimento che nasce con la finalità di sostenere, affiancare e valorizzare la professione infermieristica, e fornire, inoltre, consulenza, formazione e strumenti per un’efficace e consapevole gestione del rischio. OMINF si avvale, e si pone, come punto d’incontro e confronto tra i principali esperti e cultori della materia ma anche singoli professionisti, associazioni, società scientifiche, Ordini Professionali e Università.

Il 18 marzo, per noi, è una giornata particolarmente importante perché esalta quelli che sono stati i sacrifici degli infermieri e del personale sanitario tutto, nell’affrontare la pandemia.

Colleghi che, nonostante l’immensa paura di contrarre la malattia con il rischio di poterla trasmettere ai propri cari, non si sono mai sottratti al proprio dovere.

Oggi vogliamo ricordare anche i numerosi colleghi che si sono ammalati di Covid prestando assistenza, riportando sintomi e segni di Long Covid, come stress, depressione e sindrome del burnout.
Colleghi che a causa del Covid hanno perso la vita.

Siamo arrivati fin qui tutti insieme con sacrificio, con le difficoltà e le criticità superate con tenacia e cooperazione.
Giunga a tutti voi un grazie sincero dal Dipartimento Salute Milano Metropolitana e dallo Staff OrgogliosaMente Infermieri che non dimenticano tutto ciò che è stato fatto!
Oggi insieme guardiamo al futuro.

Un futuro di speranza e rinnovata fiducia, riscoprendo con gioia quei valori professionali ed umani, punti di forza del nostro Percorso, che sanno rendere unica la nostra comunità professionale.

Lo Staff di OrgogliosaMente Infermieri
Dott.sa Gabriella Scrimieri e Dott. Giovanni Muttillo

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