Covid, ecco perchè convivere con il virus non è ancora la "nuova normalità"
Milioni di famiglie e fragili chiedono di riavere una "vita normale", ma i fondi per la ricerca di vaccini e farmaci antivirali scarseggiano
Covid, per rendere "innocuo" il virus servono politiche sanitarie ad hoc ma l'Italia è ancora al palo. Il commento
Da settimane il "problema" Covid è stato derubricato da mass-media e Istituzioni a semplice infezione virale delle vie respiratorie, come un banale "raffreddore" stagionale. Una banalità che non corrisponde, almeno ad oggi, alla realtà. I "comuni" patogeni respiratori hanno una diffusione stagionale (semestre freddo), mentre il Sars CoV2 non è caratterizzato da questa caratteristica basti vedere quanto accaduto la scorsa estate con diffusione dei contagi ai massimi livelli e con temperature record di caldo.
Una componente peculiare che rende difficile seguire il mantra che da mesi ci ripetono: si deve convivere con il virus. I dati epidemiologici migliorano da circa un mese e tutto sembra dirigersi verso la fine della pandemia ed entrare nell'era della endemia del covid. Tutto finito, possiamo tirare un sospiro di sollievo? Non è così per milioni di cittadini fragili affetti da patologie gravi, croniche, e per i loro famigliari conviventi.
Per moltissime patologie respiratorie, ematologiche, oncologiche, ecc. che colpiscono milioni di uomini e donne di ogni età, l'arrivo del Sars CoV2 ha rappresentato una "pistola carica" puntata contro di loro, o per meglio definire, un' ulteriore pistola puntata verso i loro corpi.
Oltre a dover difendersi dalle loro patologie, combattere giornalmente per difendere la salute minata e lottare per vivere, un minuscolo virus, di cui, da oltre 3 anni non se ne conosce l'origine (assurdo e inconcepibile nel terzo millennio tale lacuna). Una mancanza generata da fattori geo-politici ed economici che impediscono un' indagine seria, libera, completa in una nazione dittatoriale come la Cina, un colosso dell'economia mondiale, da dove tutto ebbe inizio.
Certamente con l'arrivo dei vaccini la situazione epidemiologica e la gravità del patogeno è diminuita, ma per i fragili, gli anziani e i loro conviventi la pericolosità del Sars CoV2 rimana sempre alta. Del resto i vaccini non proteggono pienamente dal contagio, ma solo contro il decorso grave della malattia e dal decesso ( e non per tutti, perchè la risposta immunologica è differente in ciascuno di noi e ci sono persone che non rispondo al vaccino, i cosiddetti no-responder)
Aggiungiamo che la protezione dalla malattia grave, diminuisce dopo 3/4 mesi dall'inoculazione. Evidenze scientifiche suffragate dai dati settimanali del il report dell'Istituto Superiore di Sanità. Anche nell'ultima settimana sono stati conteggiati 299 decessi legati al Covid. Esulando dall'annoso e stucchevole dibattito di morti "per covid e con covid", le statistiche ci raccontano che anche nel 2022 è stata riscontrata una mortalità maggiore rispetto al periodo pre-pandemico ammontante ad oltre 40 mila decessi. Le cause, in buona parte il covid.
Questi dati, questi freddi numeri ci raccontano che i Paesi occidentali e non, si sono arresi al covid, stabilendo una convivenza che comporta "la normalità" di un numero di morti giornalieri. In Italia, ad esempio, si aggira attorno a 70/80 decessi. Normalità? Certo il mondo non può vivere per anni in lockdown e restrizioni, tuttavia in un' era come la nostra dove l'interconnessione di persone e merci è elevatissima, il pericolo pandemico di virus respiratori rimarrà elevato. E' chiaro, quindi, che politiche sanitarie nuove ed efficaci devono essere approntate. E la domanda sorge spontanea: lo si sta facendo? No. Molte voci del campo scientifico lanciano l'allarme della mancanza di fondi per la ricerca di nuovi vaccini e farmaci per rendere davvero innocuo il Sars CoV 2 e essere pronti per nuovi patogeni.
Dallo scoppio della guerra in Ucraina il "problema sanitario" Covid è stato accantonato. Con un minore indice di mortalità per la diffusa copertura vaccinale e una, forse, minore patogenicità del virus, si è ritornati ad una vita "normale" per la gran parte della popolazione mondiale. Una normalità che i cittadini fragili, malati e i loro conviventi non possono vivere. Le raccomandazioni che vengono impartite sono sempre le stesse.
Mascherine, vaccinazioni periodiche (ma ogni quanti mesi?) senza conoscere il reale beneficio (ci sono studi di importanti università ripresi dalle agenzia regolatorie del farmaco che mettono in guardia nei confronti di continue inoculazioni ravvicinate che potrebbero indebolire il sistema immunitario- Ema gennaio 2022), distanziamento, ed evitare i luoghi affollati. In altre parole, libertà condizionata; una condanna alla propria libertà, già limitata dalla condizione fisica precaria per altre patologie, senza aver compiuto alcun "reato".
Una libertà condizionata che viene "applicata" anche ai conviventi che vivono con la preoccupazione di essere gli untori, i diffusori nelle mura domestiche del pericoloso patogeno. Una sorta di discriminazione, un' onta di una società che si definisce civile. Nei secoli scorsi allorché le malattie infettive virali o batteriche erano una preponderante causa di morte, si svilupparono vaccini e cure per rendere inoffensivi i patogeni. Oggi nell'era digitale, nell'era del progresso scientifico e tecnologico tali medicamenti per rendere inoffensivo e non diffusivo il Sars CoV2 non esistono.
Mancano risorse (meglio dire non vengono allocate), la burocrazia impera, gli interessi economici delle case farmaceutiche la fanno da padrone (emblematico il caso giudiziario scatenato dal giornale americano NYT che ha denunciato la Commissione Europea per la mancanza di trasparenza riguardo i prezzi dei vaccini acquistati). Vaccini che impediscono il contagio e quindi la diffusione; farmaci antivirali ad ampio spettro; areazione dei locali chiusi; ecc. Queste, le principali misure per "convivere" in sicurezza con il Sars CoV2 e per nuovi, futuri patogeni.
Milioni di persone malate e i loro congiunti chiedono a gran voce alle Istituzioni di riavere la loro "vita" pre-covid; una esistenza precaria, costellata di visite mediche, terapie, esami, senza la paura di avere un ulteriore cecchino con un fucile pronto a sparare e colpire un corpo già debilitato, ma che vuole continuare a vivere che ha il diritto di vivere una vita "normale" e non un vita con la libertà condizionata anche negli affetti più cari (perchè il cecchino potrebbe essere anche il proprio amato congiunto).