Monica Giandotti ad Affari: "Il successo di una donna fa paura". Ecco perchè

La conduttrice di "Agorà" senza filtri su Rai, uguaglianza di genere e potere. E sulla possibilità di un Presidente della Repubblica al femminile. Intervista

di Eleonora Perego
Cronache

8 marzo tra inclusione e gender pay gap. Monica Giandotti ad Affari: "La parità è lontana"

La Giornata internazionale della donna non è solo l’occasione per regalare una mimosa, bensì per portare alla luce questioni nodali in una Repubblica democratica, come la parità di diritti e l’indipendenza. Anche e soprattutto sul fronte economico, messo in evidenza nel rapporto Mastercard “Donne e finanza: ritratto delle donne italiane tra inclusione e gender gap”. Dallo studio emerge che per 7 donne su 10, soprattutto tra i 25 e i 39 anni, uno degli obiettivi cruciali sia diventare “economicamente indipendente”. Il denaro continua ad essere percepito come “abilitatore alla libertà”? Sembrerebbe di sì, per il 64% delle intervistate.

Affaritaliani.it ha parlato di questo e di molto altro con Monica Giandotti, classe 1978, giornalista e conduttrice della trasmissione Agorà su RaiTre. Anni di cronaca, inchieste e non solo per Tg e programmi in prima serata l’hanno portata al timone di un talk di punta della Rai, apprezzato anche da una buona fetta del pubblico mattiniero.

L’8 marzo è erroneamente chiamata "festa" della donna: a che punto siamo in Italia?

La parità è lontana. Questa è una certezza. Ma i segnali che qualcosa può cambiare ci sono, a partire dal fatto che in questo momento storico ci sono donne con ruoli apicali in politica e nelle istituzioni, in alcuni casi per la prima volta nella storia della nostra Repubblica.

Rispetto ai colleghi, le donne guadagnano fino oltre 13 mila euro in meno. Lei lavora in un'azienda pubblica, come vive il gender pay gap?

Il gender pay gap è una questione centrale per la quale bisogna fare ancora molto; ne ha parlato anche Papa Francesco. Sono convinta che molto possiamo fare anche noi, nel nostro quotidiano. Chiedere l’aumento al proprio datore di lavoro quando si è nelle condizioni di poterlo fare è un nostro diritto, anche se non sempre ne siamo consapevoli. Avanzamento di carriera, parificazione degli stipendi: sono questioni che riguardano tutte, me compresa.

Più di 1 lavoratrice su 4 è sovra-istruita, come mai allora le donne sono meno presenti in ruoli apicali o direttivi?

Un sistema tende all’autoconservazione. Se assumiamo il fatto che il sistema è sostanzialmente patriarcale, questo tenderà a riconfermarsi nelle scelte di chi andrà a ricoprire incarichi di rilievo; è questa la dinamica quasi “psicoanalitica”. Rompere questi meccanismi è una sfida che spetta a tutte noi, e alcuni “tetti di cristallo” in effetti si sono rotti. 

Giorgia Meloni “presidente” del Consiglio, Elly Schlein segretaria del Partito democratico … siamo di fronte a una “rivoluzione” di donne al potere?

Vediamo. La parola “rivoluzione” contempla prima di tutto un giudizio nel merito di ciò che viene fatto, in questo caso da donne e “per” le donne. Ci sarà tempo per valutarlo. Certamente il fatto stesso che ci siano due donne a capo del Governo e della Sinistra è un ottimo punto di partenza.

Proprio Meloni ha auspicato presto una donna come Presidente della Repubblica, Lei lo vede uno scenario possibile in Italia?

Auspicabile, senza dubbio. E penso che ci arriveremo.

A proposito di "donne al potere", c’è stata molta polemica sul ruolo di “co-conduttrice” al Festival di Sanremo. Le donne soffrono ancora il ruolo di "co-conduttrice"?

Ci sono molte conduttrici oggi sia nella tv pubbliche che nelle reti private. Così come molte direttrici di testate, se penso alla Rai con Monica Maggioni che oggi dirige il Tg1 e con diverse direzioni al femminile che hanno segnato la storia di Tg2 e Tg3. Credo anzi che l’azienda pubblica si sia distinta per aver dato spazio alle donne, non solo in video. Ma oggi anche il ruolo delle co-conduttrici è molto diverso da qualche anno fa; c’è un tema o una storia che attraverso la loro voce entra nelle case di milioni di italiani. Basti pensare alla questione del carcere minorile raccontato quest’anno da Francesca Fagnani. Non ci vedo nessuna deminutio.

Lei è tornata alla conduzione in solitaria, dopo un po’ di tempo. Non ha paura, come per altre prima di Lei, di essere fatta fuori per un “passo falso”?

Ci sono alcuni programmi, e mi riferisco soprattutto ai talk – come Agorà, ndr – in cui la conduzione è elemento distintivo. E qui la personalità di chi conduce gioca un ruolo chiave, impossibile dunque sdoppiarla. Altri programmi per loro natura hanno un impianto più corale. Penso che ci sia un’unica cosa che non venga perdonata più alle donne che agli uomini, e non mi riferisco agli errori. Mi riferisco al successo.

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