Acea, le accuse di misoginia all’ad Palermo sono una ritorsione? Le novità
Dopo la denuncia in forma anonima dello scorso gennaio, Repubblica ha intervistato una delle donne coinvolte. Ma molti passaggi non tornano
Acea, accuse choc di misoginia all’ad Palermo. Ma qualcosa non torna
L’amministratore delegato di Acea Fabrizio Palermo sarebbe una sorta di signorotto ottocentesco, con il campanello in mano che richiama le sue assistenti perché gli portino il pranzo. Almeno, questo è quanto viene ricostruito da Repubblica che ha sentito una voce anonima. Ma a quanto risulta ad Affaritaliani.it le cose sarebbero molto diverse. Intanto, gli avvocati della multitutility romana hanno inviato una durissima lettera alla testata del gruppo Gedi, smentendo l’intera ricostruzione.
Ma andiamo con ordine. Nella lettera anonima pubblicata si legge che l’ad "pretende di essere servito e riverito dalla mattina alla sera con modalità di asservimento da terzo mondo riguardo il rispetto delle donne, le quali vengono sminuite a semplici serve. Usa un campanello per chiamarci". E ancora, nel foglio dattiloscritto e non firmato "per paura di vendette che mi farebbero sicuramente perdere il posto di lavoro" – la donna si sarebbe rivolta proprio alla presidente Michaela Castelli per segnalare, in un italiano piuttosto incerto, "il comportamento del nuovo ad nei confronti delle hostess e dei dipendenti", a suo dire "viziato da razzismo maschilista".
Fonti accreditate riferiscono che nel 2022 è stata indetta una gara per l’assegnazione di un appalto da 21 milioni di euro, di durata biennale, per il servizio di security e hostess. Poco dopo il suo insediamento, l’amministratore delegato avrebbe “attenzionato” – come si suol dire in questi casi – l’intera procedura e, a fine dicembre, avrebbe fatto saltare la gara. Ora attenzione alle date: il 4 gennaio arriva la famosa lettera anonima in cui si riferiscono vessazioni da parte dello stesso Palermo nei confronti delle hostess.
Ma c’è qualcosa che non torna. Ad esempio, l’anonima intervistata da Repubblica lamenta il dolore causatole dai tacchi, ma la divisa ufficiale delle hostess prevede delle sneakers, non i tacchi. Per quanto riguarda il famigerato “campanello”, si tratta in realtà di un cicalino che viene usato anche in altre grandi aziende per far portare dalla mensa (o dal ristorante) nelle stanze degli executive il pranzo. Dunque il dirigente preme il cicalino, la hostess arriva con il piatto, lo lascia al manager, torna nelle sue postazioni. Quando l’executive ha concluso di pranzare, chiama con il medesimo cicalino e la hostess arriva a ritirare il piatto.
Potrà non essere una procedura elegantissima, ma è quella sicuramente più pratica per un’azienda che ha una notevole distanza tra i locali mensa e gli uffici. L’alternativa? Far sostare la hostess dietro la porta di Palermo in attesa che l’amministratore delegato finisca di pranzare. Il che sarebbe ancora meno etico e rispettoso nei riguardi di chi lavora. Infine, c’è un ulteriore passaggio che fonti accreditate fanno notare ad Affaritaliani.it non essere particolarmente rispondente al vero: nell’intervista anonima si dice che due hostess si sono licenziate. In realtà, a quanto risulta, il numero di rapporti interrotti sarebbe anche superiore, ma per scelta dell’azienda che ha voluto tagliare le collaboratrici adibite a queste specifiche mansioni.