Alpini, Cathy La Torre: "Poche denunce, che rischiano di finire nel nulla"
L’avvocata/attivista, supporta "Non una di meno" e va all'attacco: "Le istituzioni non sono vicine alle vittime. Sono delusa da chi minimizza"
Alpini, 500 segnalazioni di molestie dopo l’adunata. L’Italia? Mancano leggi per tutelare le vittime
Un paio di settimane dopo l’adunata di Rimini e la pioggia di segnalazioni di molestie raccolte dall’associazione Non una di meno, la vicenda sembra esser giunta ad un impasse. La comunicazione contemporanea si ciba avidamente di un tema, cannibalizzandolo e nutrendosene finché non ne resta più nulla. Solo un lontano ricordo. Questa sorte sembra esser toccata anche all’adunata degli Alpini, una questione trattata a gran voce nelle scorse settimane e ridotta ad un timido vociare.
Della vicenda delle Penne Nere restano solo le oltre 500 segnalazioni, le proposte vane di una possibile Daspo e nulla più. Sorge spontanea una domanda: sotto il profilo legale, a che punto siamo? I media non stanno trattando il tema ma la giustizia italiana lo sta affrontando? Affaritaliani.it intervista l’attivista e avvocata Cathy La Torre.
L’Associazione Non una di meno ha raccolto oltre 500 segnalazioni di molestie subite durante l’adunata di Rimini. Sono passate delle settimane: a che punto siamo sotto il profilo legale?
Mi pare che rispetto alle centinaia di testimonianze, le denunce formali siano relativamente poche e tutte ovviamente contro ignoti. Temo che in mancanza di riprese video o di testimoni, molte di queste denunce finiranno purtroppo nel nulla. Oltre al fatto che non esistono leggi che difendono le vittime di certi tipi di molestie come il cat calling. Ma il punto non è questo. Il punto è che quanto è accaduto a Rimini porta per l’ennesima volta alla ribalta un problema di maschilismo e sessismo sistemico e culturale all’interno del corpo degli Alpini. Questa non è la prima volta: nel 2015, nell’adunata degli Alpini a L’Aquila una 15enne fu adescata da un Alpino e da un suo amico, indotta a bere alcolici e poi costretta in un luogo appartato ad avere rapporti sessuali con entrambi. I due uomini sono stati condannati a quattro anni di carcere in primo grado ma la sentenza definitiva ancora non è arrivata, quanto si deve aspettare in questo Paese per avere giustizia? Stanno inoltre arrivando testimonianze che riguardano anche molti altri raduni degli Alpini tenutisi negli ultimi anni e perfino decenni, perché gli autori di queste violenze sono rimasti impuniti?
Da che cosa dipende questa titubanza nel voler accogliere tali segnalazioni?
A differenza di ciò che si sente dire per giustificare queste manifestazioni di violenza maschilista, nessuna donna ha piacere di ricevere insulti, palpate, commenti volgari da un uomo sconosciuto mentre occupa liberamente lo spazio pubblico, come è successo a Rimini. Il “che sarà mai”, lo sminuire questo tipo di sopraffazioni dimostra ulteriormente che il vero problema, la radice di questa indifferenza risiede nell’insopportabile cultura dello stupro che ancora persiste nel nostro Paese. La titubanza quindi dipende da un problema di omertà e giustificazionismo che ha una natura culturale profondamente radicata purtroppo nella società italiana. Mi auguro che la risonanza che l’adunata di Rimini ha avuto, accompagnata dalla giusta riprovazione della maggioranza delle persone, spinga gli Alpini a fare i conti con loro stessi.
Molti si sono schierati dalla parte delle Penne Nere, prima fra tutte Oriana Papais, capogruppo degli Alpini presente a Rimini. Cosa si sente di rispondere ad affermazioni di questo tipo?
La favoletta delle poche mele marce e dei pochi maleducati che hanno infangato il buon nome delle Penne Nere non regge ai fatti di cronaca che, come abbiamo visto, risalgono anche a decenni fa e dimostrano che si tratta di un modus operandi consueto, che viene se possibile esaltato ancora di più da una primitiva logica del branco. Sono molto delusa da esponenti politici, specie donne, che hanno cercato di minimizzare questi fatti. Le donne hanno bisogno della vicinanza delle istituzioni e di azioni concrete per cancellare finalmente questa cultura retriva e sessista che permea purtroppo anche tante donne.
Si è parlato di Daspo per gli Alpini: bandire le adunate ridurrà direttamente le molestie?
Non credo che proibire le adunate degli Alpini serva a ridurre le molestie. Censurare e bandire sembra una strada facile ma secondo me non è efficace, non è nascondendo agli occhi del pubblico certe pulsioni retrive che le facciamo scomparire. E necessario invece un lavoro culturale capillare, intelligente e costante nel tempo che inizi dalle scuole e continui per tutto il corso della vita. È più faticoso e impegnativo ma dato che si tratta di un problema culturale, va combattuto con la cultura.
C’è una grande tendenza a saturare il web con un tema per poi lasciar cadere nel vuoto la questione. Mi pare che stia accadendo la stessa cosa per gli Alpini: non se ne parla più…
Purtroppo sono le logiche della comunicazione attuale, non credo ci saranno differenze per questo caso in particolare. O forse, dato che tanti sindaci ed esponenti politici ci tengono a far conoscere la loro vicinanza agli Alpini, se ne parlerà ancora, per i motivi sbagliati.