Blitz contro la mafia pugliese, fermata l'ascesa del boss Lamendola. Esclusivo

22 arresti per mafia, narcotraffico, tentato omicidio, estorsioni, detenzione di armi da guerra. L'operazione nel brindisino disegna la nuova mappa del crimine

di Fabiana Agnello
Auto dei Carabinieri
Cronache

Maxi blitz contro la mafia pugliese, dall'agguato del 2020 al controllo del territorio: i dettagli 

Non più Pino Rogoli, il piastrellista mesagnese fondatore della Sacra corona unita, Francesco Campana, Massimo Pasimeni o Antonio Vitale, ma Gianluca Lamendola, nipote di Carlo Cantanna, paragonato dagli affiliati al capomafia napoletano Emanuele Sibillo di Forcella soprannominato ES17. Insomma, un esaltato di Gomorra che del baby boss Sibillo emula anche il look: testa rasata e lunga barba, come i jihadisti.

È lui il nuovo boss di cui è stata fermata l’ascesa nella maxioperazione antimafia messa a segno all’alba del 18 luglio in Puglia, e che ha toccato tutte e sei le province (Foggia Bari, BAT, Taranto, Lecce e Brindisi) con l’arresto di 22 persone, 21 in carcere e uno ai domiciliari.

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Uno scacco al clan Cantanna- Lamendola che disegna la nuova mappa del crimine pugliese messo a segno dal nucleo Operativo e radiomobile della compagnia dei carabinieri di San Vito dei Normanni, in provincia di Brindisi, con l’individuazione di un nuovo sodalizio che va ad aggiungersi e, forse, a sostituirsi a quelli storici.

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Ventidue persone che, a vario titolo, dovranno rispondere di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al narcotraffico, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e da guerra, violenza privata, lesioni personali, estorsione, ricettazione, danneggiamento seguito da incendio e autoriciclaggio, tutti aggravati dal metodo mafioso, produzione, coltivazione, spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e violazione degli obblighi inerenti la sorveglianza speciale.

Base operativa
 

 

Estorsioni
 

D’altronde, dal nipote di Carlo Cantanna, che ha ammazzato Tommaso Marseglia nel 2001 con due colpi di fucile solo perché lo ha schiaffeggiato davanti ai suoi affiliati cosa ci si poteva aspettare? Stessa spietatezza e violenza, venuta anche a galla in alcuni episodi di tortura cui Gianluca Lamendola ha sottoposto le sue vittime.



 

Armi
 

 

Un allarme, quello della crescita della forza intimidatrice della criminalità pugliese e l’influenza dannosa del fattore omertoso, già lanciato dalla relazione della commissione parlamentare antimafia del settembre 2022, che ha dedicato oltre duecento pagine alla sola regione Puglia e di cui Affari Italiani si è già occupata.

Fondamentale, è stato sottolineato nella relazione della commissione, l'elemento della presenza di famiglie che si tramandano conoscenze e competenze criminali, attraverso la sostituzione delle vecchie leve, costrette in stato di detenzione o i cui componenti risultano essere stati colpiti a morte in agguati, con quelle nuove.

Esattamente com’è accaduto nella frangia mesagnese della Sacra corona unita, nel passaggio di consegne tra il sanguinario Carlo Cantanna e lo spietato e violento nipote Gianluca Lamendola.

Il maxiblitz antimafia dei carabinieri di San Vito dei Normanni

Alle prime luci dell’alba del 18 luglio nei comuni brindisini di Mesagne, Carovigno, San Pancrazio Salentino, Torre Santa Susanna e Fasano, nei capoluoghi di Brindisi, Lecce, Taranto, Foggia, Trani e nel comune barese di Corato, i carabinieri del Nor al comando del tenente Alberto Bruno della compagnia di San Vito dei Normanni guidata dal capitano Vito Sacchi, con il supporto in fase esecutiva della compagnia di Fasano, dello squadrone eliportato Carabinieri “Puglia” e del Nucleo Cinofili di Bari e Potenza, hanno condotto una articolata operazione Antimafia.

I carabinieri hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere n. 9698/2020 R.G.N.R. n.108/20 D.D.A., n. 6835/21 R. Gip, n. 138/2023 O.C.C., emessa dal gip del tribunale di Lecce Maria Francesca Mariano, su richiesta del pm Carmen Ruggiero della locale Procura distrettuale Antimafia, di concerto con la Procura di Brindisi, nei confronti di 22 soggetti, 21 in carcere, uno ai domiciliari, che devono ritenersi presunti innocenti in considerazione dell’attuale fase del procedimento e fino al definitivo accertamento della colpevolezza con sentenza irrevocabile.

Carmen Ruggiero, Pm DDA Lecce
 

L’avvio dell’attività d’indagine: l’agguato nel 2020 a un pregiudicato mesagnese

L’indagine, condotta dai carabinieri del nucleo Operativo e radiomobile della compagnia di San Vito dei Normanni, trae origine dall’agguato armato nei confronti di un sorvegliato speciale 45enne originario di Mesagne, avvenuto la sera del 5 luglio 2020 nel comune di Latiano, in cui è stata ferita anche la moglie di 38 anni.

La vittima, per puro caso e grazie alla prontezza di riflessi, non è stata raggiunta mortalmente dalla raffica di colpi calibro 9 esplosi, ma solo di striscio, trovando rifugio dietro le mura della propria abitazione.

Del fascicolo se ne è occupato inizialmente il pm Pierpaolo Montinaro della procura di Brindisi. Ma quando, a seguito delle indagini, è stata definita la cornice mafiosa, il procuratore capo Antonio De Donno ha interessato la procura distrettuale Antimafia di Lecce.

Le indagini, avviate fin da subito e concluse a settembre 2022, condotte con l’ausilio di intercettazioni audio - video, telematiche, pedinamenti, osservazioni e ricognizioni aeree, hanno consentito di acquisire considerevoli elementi a carico dei presunti esecutori materiali e del mandante del grave fatto delittuoso.

Clan Cantanna- Lamendola: il controllo del territorio brindisino

Il prosieguo dell’attività investigativa ha consentito di accertare che l’agguato sarebbe da ascriversi alle dinamiche relative al controllo del territorio da parte di una organizzazione di tipo mafioso capeggiata dal nipote del mesagnese Carlo Cantanna - condannato all’ergastolo, con sentenza della Corte d’Assise di Appello di Lecce del 26.06.2017 per l’omicidio di Tommaso Marseglia avvenuto il 22 luglio 2001 a San Vito dei Normanni -, al vertice di una cellula dell’organizzazione mafiosa denominata Sacra Corona Unita.

Geografia mafia
 

Organigramma sodalizio
 

Traffico di droga in Puglia, il core business del clan Cantanna- Lamendola

Le investigazioni, coordinate dalla procura distrettuale Antimafia di Lecce e sviluppate in piena sinergia con la D.C.S.A. (Direzione centrale per i servizi Antidroga del ministero dell’Interno), hanno permesso, altresì, di acquisire importanti elementi sulla presunta attività di traffico di sostanze stupefacenti, quale core business dell’organizzazione, attraverso cui sarebbero stati accumulati ingenti capitali che poi, oltre ad essere redistribuiti alle famiglie dei detenuti, sarebbero stati interrati nei fondi adiacenti la masseria di contrada Mascava, principale base operativa dell’associazione, situata in territorio di Brindisi ai confini con quello di Mesagne, San Vito dei Normanni e Carovigno.

Come in passato ha fatto Carlo Cantanna a masseria Canali di Mesagne, oggi bene confiscato alla mafia e protagonista di un riscatto sociale.

Sono state, quindi, individuate alcune rotte del traffico di droga, proveniente dalle province di Bari e Foggia, e tracciati i flussi per un quantitativo superiore a 50 chili di sostanza stupefacente, fra cocaina, eroina, hascisc e marijuana, successivamente, immessa, tramite i referenti di zona, sulle piazze di spaccio di San Vito dei Normanni, Brindisi, Carovigno, Fasano, San Pancrazio Salentino e Corato.

Anche la sostanza stupefacente, come le somme di denaro, è stata interrata nell’area rurale di Contrada Mascava, potendo contare sull’assoggettamento dei proprietari dei terreni.

Ce ripigliamm' tutt' chell che è 'o nuost”, l’ascesa del boss Gianluca Lamendola

L’indagine ha, dunque, fatto luce sull’ascesa criminale dello spietato boss che, in qualità di promotore e organizzatore dell’associazione, ha attuato un’azione di rivendicazione dei territori già sottoposti al controllo mafioso di Carlo Cantanna, nel frattempo, occupati da altri affiliati che sfruttando il lungo periodo di detenzione dell’anziano reggente, lo hanno isolato, mancando di condividere i guadagni delle attività illecite con i familiari.

Il capo, emulando le condotte dei protagonisti della fiction televisiva Gomorra, a cui si ispira, ancorché, paragonato da altri affiliati al capomafia napoletano Emanuele Sibillo di Forcella soprannominato ES17, di cui ricalca anche il look, si è riappropriato violentemente degli spazi di potere erosi a scapito dei Cantanna, organizzando e partecipando a una serie di agguati armati, pestaggi e sequestri di persona nei confronti degli infedeli o di coloro che osavano ostacolarne l’espansione o fossero entrati in contrasto con gli interessi dell’associazione.

Una volta consolidata la posizione su San Vito dei Normanni, affidata a uno dei suoi referenti, ha ampliato gli interessi dell’organizzazione affiliando altri referenti nel comune di Brindisi e in quello di Fasano, i cui capizona di quel momento hanno dapprima tentato di opporsi per poi desistere sotto le violente azioni armate.

Frizioni sono nate anche con altre famiglie criminali, operanti nei territori di Mesagne, Torchiarolo (Brindisi) e Squinzano (Lecce).

Il riciclaggio del denaro: acquisto di auto per le concessionarie di famiglia

Le indagini hanno disvelato, inoltre, un collaudato meccanismo di copertura dei beni, o dei proventi, derivanti da delitto, attraverso l’investimento nell’acquisto di vetture da parte di concessionarie, riconducibili ai membri del sodalizio o ad esponenti in affari con l’organizzazione, in particolare nel traffico di sostanze stupefacenti. Tale finalità, ovviamente, non era solo connessa ad aspetti meramente elusivi, per beneficiare dei vantaggi fiscali che ne derivavano ma, soprattutto, per riciclare il denaro immesso nei circuiti legali dell’economia.

Le estorsioni e l’omertà delle vittime: 500 euro in cambio di protezione del clan

L’attività investigativa avrebbe consentito, peraltro, di riscontrare una serie di estorsioni in danno di imprenditori locali o privati cittadini, alcune commesse con modalità particolarmente violente, e tutte caratterizzate da un atteggiamento, scarsamente, collaborativo delle vittime. Nessuna di loro, infatti, ha denunciato i fatti, rifugiandosi in condotte reticenti non favorendo, così, le progressioni investigative.

L’attività investigativa avrebbe consentito, peraltro, di riscontrare almeno cinque tentativi di estorsione in danno di imprenditori locali, che operano nel settore alimentare, della ristorazione e terziario, a cui era stata imposta la consegna di circa 500 euro mensili in cambio di protezione, cinque estorsioni consumate in danno di imprenditori, operanti nel settore della compravendita auto o commercio pellet, e di privati cittadini entrati in conflitto con gli interessi dell’organizzazione, per un totale di circa 19 mila euro.

L’associazione mafiosa, come ampiamente documentato, avrebbe integrato quelle tipiche condotte sia di affiliazione che di permanenza nel gruppo, nel rispetto di regole che il capo dell’organizzazione avrebbe imposto secondo il rigore che caratterizza le organizzazioni criminali mafiose e consistenti nella inviolabilità del vincolo familiare, il divieto all’uso di droghe, cautela nell’utilizzo della violenza nei riguardi di estranei ai circuiti malavitosi e rispetto delle donne dei partecipi detenuti.

Le punizioni corporali agli infami

I comportamenti deplorevoli e infamanti sono stati sistematicamente sanzionati con l’irrogazione di punizioni corporali simboliche, come il taglio della schiena, alla presenza di altri affiliati, in grado di amplificare l’intimidazione interna.

In un caso, a uno degli affiliati, responsabile di aver fatto violentare la compagna, è stato imposto l’isolamento all’interno di una delle basi nella disponibilità dell’organizzazione, con sede a Fasano.

Le armi sequestrate durante l’attività d’indagine e il traffico di droga: 39 indagati

I risultati investigativi, riscontrati da numerosi arresti in flagranza di reato, sequestri di armi clandestine, fra cui pistole, fucili e sostanze stupefacenti, per un traffico accertato superiore a 50 chili fra cocaina, eroina, hascisc e marijuana, oltre al sequestro di una coltivazione di canapa indiana, costituita da circa mille esemplari, individuata nell’area rurale tra San Vito dei Normanni, Mesagne e Latiano, riassunti nell’informativa dei carabinieri e riportati nella richiesta di misura presentata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, hanno raccolto elementi indiziari nei confronti di 39 indagati.

La consorteria, infine, è accusata di aver detenuto, oltre a quelle sequestrate, altre armi comuni da sparo, e da guerra, come una pistola mitragliatrice Skorpion, nascoste e prontamente disponibili.

Nel corso delle indagini sono state riscontrate plurime violazioni della normativa antimafia, ex art. 75 comma 2 del D. Lgs 159/2011, commessi dal reggente dell’organizzazione sottoposto a Sorveglianza Speciale di Pubblica Sicurezza che avrebbe violato, ritualmente, gli obblighi derivanti dalla misura di prevenzione.

Il gip di Lecce Maria Francesca Mariano ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti ritenuti tipici della associazione di tipo mafioso e della sua attuale operatività, come tratteggiato nello schema di cui sotto, in riferimento:

  1. all’esistenza di una gerarchia interna con una netta ripartizione dei compiti tra i sodali, su base piramidale, in relazione al ruolo rivestito, al curriculum criminale di ciascuno di essi ed al comune programma criminoso;

  2. al controllo del territorio attraverso la consumazione di “reati fine”;

  3. all’interesse del clan alle attività economiche svolte sul territorio;

  4. alla ripartizione dei profitti tra gli associati;

  5. alla disponibilità di armi;

  6. alla prorompente forza di intimidazione dell’associazione e l’evidente condizione di assoggettamento ed omertà, fosse all’interno del gruppo tra i sodali che all’esterno dello stesso, sul territorio di influenza;

  7. il collegamento con altri esponenti di frange mafiose, o criminali, operative in altri comuni delle province di Brindisi, Bari, Foggia e Napoli.

  8. al controllo del mercato delle sostanze stupefacenti con l'imposizione del “punto”.


 

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