Caso Alex/ Uccise il padre violento: ok dalla Consulta allo sconto di pena
La Corte costituzionale si è espressa per permettere ai giudici della corte d’appello di Torino di concedere le attenuanti
Caso Alex, la Consulta: "Sì agli sconti di pena anche nel caso di delitti in famiglia"
La corte d’Assise d’Appello potrà applicare uno sconto di pena ad Alex Cotoia, il giovane che il 30 aprile 2020 a Collegno uccise il padre violento per difendere la madre. E più in generale nei casi di omicidio in famiglia, i giudici potranno ora scegliere di diminuire le pene nel caso in cui vogliano applicare all’imputato le circostanze attenuanti come le generiche o quella della provocazione. Il via libera arriva dalla Corte Costituzionale che ha impiegato una ventina di giorni per decidere di “abolire” il divieto assoluto di applicare sconti nei casi di omicidi in cui la vittima e l’aggressore fossero uniti da un vincolo familiare o di relazione. Una norma introdotta con il “codice rosso”. Secondo la Consulta anche nei processi per omicidio commesso nei confronti di una persona familiare o convivente il giudice deve invece avere la possibilità di valutare caso per caso se diminuire la pena: è stato dichiarato incostituzionale l’ultimo comma dell’art. 577 del codice penale, introdotto nel 2019.
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La norma vietava eccezionalmente al giudice di dichiarare prevalenti le due attenuanti rispetto all’aggravante dei rapporti familiari tra autore e vittima dell’omicidio. La questione era stata sollevata da due ordinanze della Corte d’assise d’appello di Torino. Nel caso di Alex il giovane era appena diciottenne quando aveva ucciso il padre in occasione di un ennesimo episodio aggressivo nei confronti propri, della madre e del fratello: grazie alla decisione della Consulta ora rischia una pena tra i 6 e i 9 anni, anziché 14.
La Consulta ritiene che questa decisione non contraddica in alcun modo la legittima finalità del “codice rosso” di intervenire con misure incisive, di natura preventiva e repressiva, contro il drammatico fenomeno della violenza e degli abusi commessi nell’ambito delle relazioni familiari e affettive. Tuttavia, la Corte ha evidenziato che l’assolutezza del divieto posto dal legislatore può comportare nei singoli casi risultati contraddittori rispetto a questo scopo, finendo per determinare l’applicazione di pene manifestamente eccessive in “situazioni in cui è il soggetto che ha subito per anni comportamenti aggressivi a compiere l’atto omicida, per effetto di una improvvisa perdita di autocontrollo causata dalla serie innumerevole di prevaricazioni cui era stato sottoposto”.