Droghe, stretta di Meloni e Salvini: "Bene punire, ma serve anche educare"

Il figlio del fondatore di San Patrignano ad Affari: "I giovani sono circondati da falsi modelli di successo. Serve punire ma anche educare"

di Eleonora Perego
Giorgia Meloni Matteo Salvini Andrea Muccioli
Cronache

Droghe, Andrea Muccioli ad Affari: "Legalizzazione? Aumenta i consumi e stimola la criminalità"

Droghe. Leggere, pesanti, legalizzabili, illegali. Comunque se ne parli, l’importante è che se ne parli. Perché la piaga delle sostanze stupefacenti in Italia è tutt’altro che guarita. Lo dimostra l’inasprimento delle pene previste nel disegno di legge per la riforma del Codice della Strada, che sanziona ancora più duramente coloro che si mettono alla guida sotto l’effetto di alcol o droghe. Lo dimostra il discorso perentorio della premier Giorgia Meloni a Montecitorio pronunciato in occasione di quella che, per l’appunto, è stata chiamata "Giornata mondiale contro le droghe".

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E se la presidente del Consiglio ha annunciato una stretta nelle politiche contro gli stupefacenti, c’è chi propende per una necessaria legalizzazione delle cosiddette droghe leggere. Tra questi non figura certamente Andrea Muccioli, figlio di Vincenzo, cresciuto a San Patrignano, la prima e più importante comunità di recupero per tossicodipendenti in Italia, di cui è stato a capo dal 1995 al 2011 portando avanti la linea educativa e lo spirito del padre.

È Muccioli a parlare con Affaritaliani.it di droghe, di educazione e degli scenari drammatici che l’uso di sostanze stupefacenti può causare.

Gli italiani si dividono tra chi è pro e chi è contro alla legalizzazione di alcune droghe. Lei da che parte sta?

È innegabile che nei Paesi dove si è sperimentata una regolamentazione o una legalizzazione delle sostanze, prodotte e distribuite dallo Stato o dal Sistema sanitario, c’è stato non solo un netto aumento dei consumi, anche tra persone non ne avevano mai fatto uso. Ma anche uno stimolo del mercato illegale. A un incremento di sostanze e una difficoltà di regolamentarne i consumi, infatti, corrisponde un maggiore spazio di azione del mercato illegale, che non solo cambia ma vede l’ingresso di organizzazioni criminali ancora più potenti, per far fronte alla richiesta sempre crescente.

Meloni e Salvini sono orientati a una stretta ulteriore sugli stupefacenti. È sufficiente?

Sicuramente c’è da considerare il problema della sicurezza dei cittadini: quando una persona utilizza droghe diventa, soprattutto se alla guida di mezzi o mentre svolge una professione, pericolosa per sé e per gli altri. Sotto questo aspetto è doveroso da parte dello Stato prevedere dei limiti e delle sanzioni. Aggiungo però che la repressione, da sola, non serve. Le sanzioni servono sicuramente a far capire, ma poi bisogna indicare una via con strumenti educativamente flessibili ed efficaci.

In che senso “una via educativa”?

Nel momento in cui una persona, soprattutto giovane, utilizza la droga per “sballare” si pone un tema psicologico, spesso familiare ed educativo. Il fatto che quella persona non basti a se stesso, è un problema sociale. E la società dovrebbe porsi in termini più responsabili e attenti di quanto non abbiano fatto fino ad ora.

Sempre a “scaricare” la responsabilità sulle famiglie e insomma …

Assolutamente no, anzi: quello che dico è che ci sono migliaia di famiglie italiane completamente abbandonate a loro stesse dallo Stato, dalle istituzioni e dal sistema pubblico e sanitario avendo in casa un familiare tossicodipendente. Nuclei che vanno incontro a dolore, sofferenza e sacrificio senza avere minimamente un supporto dalla società.

Lo Stato deve assolutamente entrare in queste situazioni, tutte le agenzie e le scuole devono supportare le famiglie nel comprendere e svelare situazioni di dipendenza e disagio nascosto dai più giovani, che spesso deriva da modelli creati dagli strumenti tecnologici che inneggiano a disvalori sociali.

È quello che è successo nel caso di Casal Palocco e degli youtuber alla guida?

È probabile. Rispetto a vent’anni fa c’è una percezione del pericolo inesistente. C’è l’idea che la droga sia normalizzabile, che possa essere utilizzata senza che diventi un problema. Invece ogni fuga dalla realtà dovrebbe stimolare una riflessione più o meno profonda in chi lo fa. I social e non solo diffondono modelli di successo e di soldi "facili", con delle scorciatoie per arrivarci.

Sono modelli per cui la società non è preparata, non ha creato gli strumenti necessari per affrontare disvalori e gli eccessi delle conseguenze negative. Esiste uno strumento normativo, che prevede che un ragazzo colto in possesso di droga debba svolgere lavori socialmente utili. Ma questo strumento deve essere strutturato perché i giovani non lo vedano come una punizione.

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Se dovesse evidenziare un dato, quale sarebbe?

Sicuramente l’indotta, diffusa mancanza di consapevolezza della pericolosità e della negatività dell’uso delle droghe. Di tutte le droghe, non solo di quelle cosiddette pesanti, posto che negli ultimi anni i cannabinoidi sono stati prodotti per elevare la capacità di sballo.

Consapevolezza che è nulla non solo da parte dei ragazzi che le usano, ma anche degli adulti. Il muro dell’allarme sociale non c’è più. Sembra che se non ci si buca con la siringa allora sia “meno droga”. Ma non è così.

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