Figliuolo, dal Covid al Sudan. Lui a capo della missione: "Non è stato facile"

Il generale era a capo della spedizione per rimpatriare gli italiani: "Ho sudato freddo per quelle donne e bambini. Continui cambi di programma"

Cronache

Figliuolo e la "missione Sudan". Il retroscena sulle difficoltà

La missione per salvare gli italiani in Sudan è stata completata con successo, ma non è stato per nulla semplice. A rivelarlo è il capo missione, un nome ben noto: il generale Francesco Paolo Figliuolo. L'ex commissario straordinario per l'emergenza Covid racconta alcuni dettagli inediti sul salvataggio di quelle 83 persone. "C’è stata tensione - spiega Figliuolo al Corriere - quando il convoglio con i nostri connazionali, guidato dall’ambasciatore Michele Tommasi, era in movimento verso l’aeroporto. Noi li seguivamo dalla sala operativa del Covi, ma sudavo freddo, senza darlo a vedere, ad ogni deviazione dal percorso previsto per evitare incroci divenuti nel frattempo pericolosi. Il filo conduttore di tutta l’operazione, però, è stata la serenità. Ero sicuro dei miei uomini e donne sul terreno, ero sicuro di un piano studiato sin nei minimi dettagli. È stato più volte provato".

La grande tensione poi fa largo al sollievo. "Adesso - prosegue Figliuolo al Corriere - che tutti (quelli che l'hanno richiesto, ndr) sono rientrati, penso a mia moglie, alla mia famiglia e a queste famiglie che si sono ricongiunte. Ogni tanto mi vengono in mente le parole gravi del Papa sulla "terza guerra mondiale a pezzetti": in Ucraina, in Africa, in Siria, in Yemen. Per questo — dice — bisogna darsi da fare. Accogliere i nostri connazionali a Ciampino, alla vigilia dell’anniversario della Liberazione, assume una valenza ancora più importante. La libertà oggi diventa continuamente una conquista da tutelare e la solidarietà deve essere imprescindibilmente alla base del nostro agire".

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