L'isolamento degli adolescenti italiani. Sono 54mila: è allarme Hikikomori
Il dato proviene da una ricerca, la prima a fornire una stima quantitativa dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni "isolati" in Italia
Il 2,1% dei ragazzi attribuisce a sé stesso la definizione di Hikikomori, sorprende che le famiglie lo accettino senza porsi domande
L’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Pisa ha condotto il primo studio nazionale per fornire una stima quantitativa dell’isolamento volontario nella popolazione adolescente: il 2,1% dei ragazzi contattati attribuisce a sé stesso la definizione di Hikikomori. Proiettando il dato sulla popolazione studentesca 15-19enne, si parla di circa 54.000 studenti.
Che cos'è il fenomeno dell'Hikikomori
L'Hikikomori è un termine giapponese che in italiano si può tradurre con "stare in disparte", "isolarsi" e che indica la tendenza, nei giovani e giovanissimi, a smettere di uscire di casa, di frequentare scuola e amici, per chiudersi nella propria stanza e limitare al minimo i rapporti con l'esterno, mantenendo i contatti soprattutto attraverso Internet.
Il fenomeno, di cui non esistevno fino a oggi dati analitici relativi agli adolescenti italiani, è ora oggetto di uno studio promosso dal Gruppo Abele in collaborazione con l’Università della Strada.
Lo studio italiano che fornisce una stima quantitativa degli adolescenti isolati nel nostro Paese
La ricerca ha preso le mosse dallo studio ESPAD®Italia (European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs, condotto annualmente dal Cnr rispetto al consumo di sostanze psicoattive), coinvolgendo un campione di oltre 12.000 studenti rappresentativo della popolazione studentesca italiana fra i 15 e i 19 anni. I ragazzi sono stati intervistati attraverso un apposito set di domande per intercettare sia i comportamenti sia le loro cause percepite: i risultati si basano sull’autovalutazione dei partecipanti stessi.
I dati dello studio
"Il 2,1% del campione attribuisce a sé stesso la definizione di Hikikomori: proiettando il dato sulla popolazione studentesca 15-19enne a livello nazionale, si può quindi stimare che circa 54.000 studenti italiani di scuola superiore si identifichino in una situazione di ritiro sociale.
Questo dato appare confermato dalle risposte sui periodi di ritiro effettivo: il 18,7% degli intervistati afferma, infatti, di non essere uscito per un tempo significativo, escludendo i periodi di lockdown, e di questi l’8,2% non è uscito per un tempo da 1 a 6 mesi e oltre: in quest’area si collocano sia le situazioni più gravi (oltre 6 mesi di chiusura), sia quelle a maggiore rischio (da 3 a 6 mesi).
Le proiezioni ci parlano di circa l’1,7% degli studenti totali (44.000 ragazzi a livello nazionale) che si possono definire Hikikomori, mentre il 2,6% (67.000 giovani) sarebbero a rischio grave di diventarlo", ha spiegato la ricercatrice del Cnr Sabrina Molinaro.
L’età più a rischio Hikikomori è quella che va dai 15 ai 17 anni
L’età più a rischio per la scelta di ritiro è quella che va dai 15 ai 17 anni, con un’incubazione delle cause del comportamento di auto-reclusione già nel periodo della scuola media. Le differenze di genere si rivelano nella percezione del ritiro – i maschi sono la maggioranza fra i ritirati effettivi, ma le femmine si attribuiscono più facilmente la definizione di Hikikomori – così come nell’utilizzo del tempo, con le ragazze più propense al sonno, alla lettura e alla tv, mentre i ragazzi al gaming online. Fra le cause dell’isolamento, assume un peso determinante il senso di inadeguatezza rispetto ai compagni.
Le cause per l'isolamento volontario degli adolescenti italiani
"L’aver subito episodi di bullismo, contrariamente a quanto si possa ritenere, non è fra le ragioni più frequenti della scelta. Mentre si evince una fatica diffusa nei rapporti coi coetanei, caratterizzati da frustrazione e autosvalutazione. Un altro dato parzialmente sorprendente riguarda la reazione delle famiglie: più di un intervistato su 4, fra coloro che si definiscono ritirati, dichiara infatti che i genitori avrebbero accettato la cosa apparentemente senza porsi domande. Il dato è simile quando si parla degli insegnanti", aggiunge Sonia Cerrai (Cnr-Ifc9).